FREEDOM OF INFORMATION ACT

Foia, poche PA rispondono sulle banche dati trasparenza

Questo è il risultato di un primo monitoraggio condotto da un semplice cittadino sulla libertà all’informazione che ha riguardato dieci Amministrazioni, tra Ministeri, Agenzie, Organi di rilevanza costituzionale e ANAC

Pubblicato il 01 Mar 2017

Francesco Addante

consulente in trasparenza PA

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Su dieci amministrazioni titolari delle Banche Dati sulla trasparenza, solo il CNEL e l’ARAN hanno risposto adeguatamente alla nostra richiesta, fatta tramite Foia, su che cosa stessero facendo in vista della scadenza del 23 giugno. Sappiamo che per allora molti dei dati pubblicati in materia di trasparenza non saranno più evidenti sui siti web istituzionali di tutte le P.A perché saranno centralizzati e i cittadini rischiano di non trovarli più se la PA non si è attrezzata per tempo.

Tutte le altre otto amministrazioni, tra cui il Dipartimento della Funzione Pubblica, l’organo che ha avuto l’iniziativa di promuovere e redigere il testo legislativo che ha introdotto il FOIA in Italia, facendo appello ad uno degli orientamenti espressi dalle linee guida, si sono barricate dietro al principio che un diniego all’accesso è giustificato rispetto ad una richiesta generica, meramente esplorativa e manifestamente irragionevole (per la mole di dati richiesti) trattandosi di dati di Banche che, al momento, devono ancora attivarsi e quindi riferite ad un lasso di tempo non ancora maturato.

La nostra indagine è stata compiuta in virtù del principio generale di trasparenza, sancito all’art.1 co.1, che gli ha attribuito un diritto di partecipazione e controllo, per conoscere come le Amministrazioni titolari delle Banche dati, così come individuate dal legislatore delegato, si stiano operativamente organizzando, in questo momento preparatorio durante il quale già devono ricevere i dati, per assicurare, alla scadenza stabilita, che quanto prima, rispetto a giugno, le P.A. rendevano pubblici nei propri siti web, sarà adeguatamente e facilmente disponibile in modo centralizzato secondo i canoni di qualità normativamente previsti.

Lo scopo è stato, inoltre, quella di rilevare, in questa prima fase del monitoraggio, il comportamento di una P.A. difronte ad una richiesta di informazioni (disciplinata dall’art. 5, co. 3, 2° periodo) che non ha riguardato i dati e i documenti presenti o futuri delle Banche Dati in questione ma semplicemente una domanda, o meglio, una richiesta di chiarimenti sulle attività prodromiche che le Amministrazioni titolari intendono, sin da oggi (o meglio già dal 23 Giugno 2016, data di entrata in vigore del FOIA), intraprendere, anche nei confronti delle P.A. detentrici, per ottemperare, in tempo utile, alla pubblicazione dei dati richiesti dalla normativa vigente, evitando, a cose fatte, un possibile scarica barile tra chi doveva trasmetterli e non l’ha fatto e chi li ha ricevuti ma non li ha resi disponibili correttamente.

Questione, questa, importantissima non disciplinata correttamente e quindi non recepita nella versione definitiva della legge sulla libertà all’informazione secondo i suggerimenti proposti, durante la fase di consultazione, agli organi preposti.  A tal proposito si è espressa l’ANAC proprio in riscontro ad una delle richieste oggetto dell’indagine confermando tale assenza normativa sebbene la stessa Autorità si sia resa disponibile a fornire  delle indicazioni operative in merito.

Infatti, il principio fondamentale su cui si basa il FOIA a livello a internazionale è quello per il quale la “divulgazione” delle informazioni dovrebbe essere la “regola” a meno che non ci sia una “buona ragione” per non farlo.  Ed è quello che ha fatto (almeno alle apparenze) in Italia il legislatore, il quale “ha posto la trasparenza e l’accessibilità come la regola rispetto alla quale i limiti e le esclusioni previste dall’art. 5 bis del d.lgs. 33/2013 rappresentano le eccezioni, e come tali sono da interpretarsi restrittivamente”.  A dichiararlo sono le linee guida ANAC (al paragrafo 2.1 del capitolo 2) nell’affermare che “il diritto all’informazione è generalizzato  e  la  regola  generale  è  la trasparenza mentre la riservatezza e il segreto eccezioni”. Motivo per cui, come sancito dagli inglesi, “ogni autentico tentativo di descrivere le informazioni è sufficiente a far scattare il diritto alla conoscenza, e quindi anche una semplice domanda.

Eppure il MIT, in merito alla BDOE, pur rendendo noti pochi dettagli su circa quella che sarà l’apertura di tale Banca Dati, ha dichiarato, nel suo responso, di aver ben compreso che l’istanza in argomento non identifica dati, documenti o informazioni attualmente detenuti dal suo Dicastero bensì mira ad ottenere soddisfazione di una pluralità di quesiti attinenti alla condotta futura dell’amministrazione. Anzi l’ARAN ha persino fornito i dati del suo Archivio contratti.

Dello stesso avviso è l’ANAC, che interpellata per il coinvolgimento della BDNCP, una Banca Dati che transiterà, per la maggior parte, in quella che sarà gestita dal MIT (BDOE), e in ordine ad una richiesta per il mancato recepimento delle proposte avanzate riguardo alla versione, in consultazione, delle (prime) linee guida definitive (LG) sui dati a pubblicazione obbligatoria, ha negato l’accesso, fornendo, in particolare sulla seconda richiesta, solo un parziale riscontro. L’Autorità, infatti, pur aprendo a futuri aggiornamenti e ampliamenti, ha risposto solo in merito all’attuazione dell’art. 9-bis e agli esigui responsi sull’accettazione di pochissimi contributi che ha pubblicato nella Relazione AIR, appellandosi al fatto che si tratta di osservazioni non pertinenti, esorbitanti o eccedenti rispetto ai contenuti delle LG, chiaramente limitate nella loro formulazione, di un’ ”istanza genericamente finalizzata a conoscere l’attività di regolazione che l’ANAC si propone di avviare in relazione al decreto trasparenza anche con riferimento a iniziative ulteriori rispetto a quelle espressamente previste dal D.lgs. 33/2013”. Eppure la richiesta  presentata si riferisce a  26 proposte precise, tutte esplicitamente e dettagliatamente definite tramite un modello di pubblicazione ricognitivo di tutti gli obblighi di trasparenza (compresi quelli ai quali il D.lgs 33/2013 rimanda pur non essendo previsti esplicitamente nel proprio testo) che sono proprio quelli che le LG, su tali adempimenti informativi, disciplinano.

Circa la reattività, tutte le P.A. (tranne AgID e FORMEZ) hanno comunque risposto (senza rimandare al mittente la richiesta perché indirizzata ad un ufficio non competente) e l’hanno fatto entro i termini previsti, ad eccezione dell’ANAC che a fronte di un’istanza di accesso trasmessa il 20 Gennaio, ha dato un responso il 23 Febbraio con un riscontro protocollato il giorno prima.

In merito alle adeguate soluzioni organizzative (ossia all’individuazione da parte delle P.A. degli uffici competenti a decidere sulle richieste di accesso generalizzato o in alternativa alla concentrazione della competenza a decidere in un unico ufficio che, ai fini istruttori, dialoga con gli uffici che detengono i dati richiesti), e ad una disciplina interna sugli aspetti procedimentali (per la valutazione caso per caso delle richieste di accesso) che le Amministrazioni devono aver previsto nel più breve tempo possibile a partire dal 23 dicembre 2016, data stabilita da legislatore, alla quale deve essere data immediata applicazione all’istituto dell’accesso generalizzato, (vedasi il par. 9 della Determinazione ANAC n. 1309 del 28/12/2016), si segnala che, al momento, solo il Dipartimento della Funzione Pubblica e l’ANAC hanno predisposto un apposito ufficio incaricato di raccogliere e organizzare le domande di accesso generalizzato ed assegnarle ai singoli uffici. Negli altri casi ha comunque risposto l’ufficio responsabile a fronte di una richiesta trasmessa ad un generico destinatario, altre volte direttamente il Responsabile della Trasparenza (RT), altre volte ancora il vertice dell’Organizzazione. Singolare è il riscontro successivo alla prima istanza da parte dell’URP del MIT che, messo a conoscenza del riesame, ha tenuto a precisare che la trattazione della pratica non era di sua competenza. Nella domanda di riesame al RT per la BDOE del MIT, si sono, invece, ricevute delle anomalie di mancata consegna PEC (si spera che qualcuno dei destinatari, anche se invitati per conoscenza, non abbia nel frattempo cambiato indirizzo di posta certificata).

Per ciò che concerne i riscontri già ricevuti in merito alle richieste di riesame il RT del MIT ha inoltrato un parere all’ANAC (che probabilmente risponderà con gli stessi termini con cui si è espresso direttamente sulla stessa questione) sospendendo, quindi, il provvedimento risultante e comunque per un periodo non superiore ai dieci giorni, mentre il RT dell’Agenzia del Demanio, anche se nulla ha riferito circa l’apertura e la qualità dei dati, ha chiarito che 1) le informazioni identificative degli immobili posseduti e di quelli detenuti, di cui all’art. 30, ma afferenti il patrimonio statale, sono gestiti direttamente, senza il tramite di altre P.A., attraverso la Banca Dati REMS (ora AdDress), che 2)  le modalità con cui verranno ricevuti i dati da altre amministrazioni, non sono ad esso riconducibili, in quanto saranno centralizzati presso la Banca dati “Patrimonio PA” detenuta, invece, dal MEF-DT.

Di seguito la situazione globale al 26 febbraio 2016

Pertanto, all’attualità, si rimane in attesa di conoscere quali saranno i riscontri successivi da parte dei RT delle altre P.A. e se quindi gli stessi si conformeranno a quanto hanno acclarato nel corso del loro riscontro, in prima istanza, gli uffici che detengono i dati. Se ciò accadesse, e probabilmente sarebbe inutile ricorrere anche al titolare del potere sostitutivo di cui alla L. 241/90, di certo non si potrebbe parlare di un buon risultato per il diritto alla conoscenza ma soprattutto per il rischio a cui andrebbe incontro l’intero sistema trasparenza che in tale eventualità rimarrebbe privo di dati che le Banche centralizzate non sarebbero più in grado di rendere consultabili.

Tuttavia, è sempre un inizio per il quale prima una P.A. non avrebbe, forse mai risposto ad un semplice  cittadino, ma soprattutto ci si augura che l’indagine servirà, perlomeno, a spronare quelle P.A. che hanno una grande responsabilità nel garantire la disponibilità dei dati che oggi, ancora per poco, sono individuabili nei diversi siti web delle P.A.

Francesco Addante
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