Lo scorso 24 marzo il Ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo ha emanato una direttiva il cui titolo è già un ambizioso programma di lavoro: “Pianificazione della formazione e sviluppo delle competenze funzionali alla transizione digitale, ecologica e amministrativa promosse dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.
Il documento, diretto a tutte le amministrazioni centrali e locali e agli enti pubblici, è stato firmato in occasione del lancio del nuovo portale della formazione Syllabus. Il Ministro in questa occasione ha dichiarato che “Qualsiasi organizzazione, per essere al passo con i tempi e rispondere ai mutamenti culturali e tecnologici della società, deve investire sulle competenze attraverso un’adeguata formazione del personale. Fare formazione non significa solo dotare i nostri dipendenti delle conoscenze e degli strumenti informatici adeguati. Vuol dire, innanzitutto, garantire un processo di aggiornamento continuo, capace di mettere il personale nelle condizioni di affrontare al meglio le complesse sfide dell’innovazione, in modo che la macchina amministrativa possa continuare a guidare il Paese verso la crescita e lo sviluppo”.
Innovare la PA con una formazione mirata: approccio “glocal” e altri fattori per il successo
Competenze e formazione: perché la direttiva Zangrillo è un buon inizio
Sono parole del tutto condivisibili, ma purtroppo non sono novità: tutti i Ministri che si sono succeduti a Palazzo Vidoni, almeno negli ultimi vent’anni, hanno dichiarato di voler aprire una “nuova stagione” di formazione per i dipendenti pubblici. Ricordiamo, ultimo in ordine di tempo, il piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano della pubblica amministrazione “Ri-formare la PA. Persone qualificate per qualificare il Paese” adottato dal Ministro Brunetta nel gennaio 2022. Piano che lo stesso Ministro Zangrillo cita. Un ottimo piano, che ha prodotto però nel 2022 risultati molto al di sotto delle aspettative. Ora si riparte con un nuovo Governo e, soprattutto, avendo finalmente a disposizione quel portale della formazione che potrebbe essere, almeno in potenza, un hub formativo, un vero e proprio market place in grado di selezionare i migliori corsi di formazione, elementari e avanzati, offerti da soggetti pubblici e privati; di validarli e, dopo un assesment delle competenze, di metterli a disposizione di tutti i tre milioni e duecentomila dipendenti pubblici.
Ma torniamo alla Direttiva Zangrillo e al perché è, a mio parere, un buon inizio, ma richiede ancora un cambio di prospettiva non banale.
Il documento parte esplicitando perché un rinnovato impegno sulla formazione è quantomai necessario proprio ora. Tre i motivi principali sotto gli occhi di tutti: la partenza di una nuova stagione di reclutamenti; l’accresciuta velocità dei processi di trasformazione tecnologica e di innovazione soprattutto digitale; gli obiettivi che ci siamo impegnati a raggiungere con il PNRR. E’ per questo che la formazione è ora centrale sia per i dipendenti che hanno il diritto-dovere di aggiornare le proprie conoscenze e di aggiungere nuove competenze, sia per le amministrazioni che devono vedere la formazione non come una spesa, ma come un investimento.
Il tema dell’accoglienza e della formazione iniziale dei neoassunti
La direttiva fa anche un esplicito riferimento ad un tema che a noi di FPA è così caro tanto da dedicargli l’apertura del prossimo FORUM PA 2023 il 16 maggio, quello dell’accoglienza e della formazione iniziale dei neoassunti, mettendo anche in evidenza la necessità di attivare un processo di mentoring a supporto dell’apprendimento. Un’altra notazione importante riguarda la necessità di dedicare una sempre maggiore attenzione al tema della formazione internazionale e a quella relativa alla gestione dei finanziamenti europei, date anche le note carenze strutturali, delle amministrazioni pubbliche, in fase di progettazione ed attuazione dei programmi e degli obiettivi promossi dall’UE.
Il “ciclo di gestione” della formazione
Un paragrafo della direttiva è poi dedicato al “ciclo di gestione” della formazione, in particolare si sottolinea che la formazione deve essere coordinata e integrata con gli obiettivi programmatici e strategici di performance dell’amministrazione, trovando una piena integrazione nel ciclo della performance e con le politiche di reclutamento, valorizzazione e sviluppo delle risorse umane. Musica per le nostre orecchie! Non manca nel documento, una volta tanto scritto in un italiano comprensibile e non in burocratese, neanche un’analisi, mutuata dal testo del PNRR, che mette in luce le carenze che sono state le principali cause della ridotta efficacia delle politiche di formazione sinora attuate.
In sostanza si denuncia l’inadeguatezza di molte amministrazioni nella loro funzione di buoni datori di lavoro. Infatti, è mancata una gestione delle persone e dei ruoli per competenze, riducendo così spesso la pianificazione a mera sostituzione del personale andato in pensione.
E’ mancata poi la capacità di progettare la propria organizzazione proiettandola nel futuro e quindi rendendola adeguata alle mutate esigenze dei cittadini e delle imprese. Infine, non si è puntato abbastanza sulla motivazione dei dipendenti, valorizzando sufficientemente il loro apporto e rendendoli partecipi degli obiettivi strategici delle organizzazioni. E’ chiaro che un datore di lavoro che non è attento alle competenze, che non è lungimirante e che non riesce a motivare le persone che con lui collaborano non ha molto futuro.
Il cambio di passo necessario
E’ su questa base che la direttiva propone un deciso cambio di passo, delineando tutto il ciclo della formazione, dall’analisi dei fabbisogni sino alla valutazione dell’impatto in uscita, con la convinzione che la formazione possa essere “una leva strategica per rafforzare e sviluppare il senso e il valore pubblico del lavoro nella pubblica amministrazione da parte dei propri dipendenti”.
Ce la faremo quindi? Sarà questa la volta buona per raggiungere quegli obiettivi che da anni sono nei programmi di tutti i ministri che si sono succeduti a palazzo Vidoni? Io credo che siamo sulla buona strada, ma che manchi ancora un aspetto. Leggendo sia il primo programma, per altro apprezzabile, del Ministro Brunetta, sia l’attuale direttiva e le conseguenti dichiarazioni politiche, potrebbe sembrare che tutta la formazione per le persone che lavorano nella PA debba essere fornita in proprio dal Dipartimento della Funzione Pubblica o dalle strutture che da esso dipendono, come la SNA o il FormezPA. Il programma sembra dimenticare che esistono in Italia molte aziende altamente specializzate nel costruire ed erogare formazione proprio al mondo pubblico.
Io credo che non sia compito di un Dipartimento di staff, come sono tutti quelli della Presidenza del Consiglio dei ministri, quello di elaborare ed erogare corsi, né sia compito delle strutture che ad esso afferiscono. Credo che il loro impegno e la loro guida sarebbe molto più utile ed efficace se fosse rivolta a identificare, lavorando assieme alla community dei direttori del personale delle tante amministrazioni italiane, i percorsi formativi, a costruire strumenti di assesment delle competenze, a certificare la qualità dei corsi che le amministrazioni potrebbero comprare all’interno di cataloghi validati, a essere stringenti nel verificare che sia rispettato l’obbligo di valutare l’outcome della formazione.
Un outcome che non è dato, e qui mi permetto di correggere la direttiva, dagli indicatori che essa propone, ossia dal gap tra il livello di conoscenze/competenze “in entrata” e quello “in uscita” o dallo sviluppo delle conoscenze a livello individuale e/o di gruppo e men che meno dalla percentuale di dipendenti che hanno realizzato un piano di sviluppo individuale: questi sono ancora output, ma piuttosto dalla maggiore qualità delle performance dell’intera organizzazione, raggiunta dopo le attività di formazione. Dalla sua maggiore capacità di rispondere efficacemente ai bisogni dei cittadini e delle imprese, migliorando la loro qualità della vita e le loro capabilities. E’ solo per questo fine che si spendono i soldi dei contribuenti. E’ qui che deve concentrarsi lo sforzo e la competenza del Dipartimento, nel progettare, nell’orientare, nel certificare e nel valutare.
Conclusioni
E’ questo anche il senso di avere un hub importante e ben fatto come quello che è stato realizzato con la piattaforma Syllabus. Un hub che potrà esplicare tutta la sua potenzialità solo se diventerà un vero marketplace di formazione di alta qualità, che sia coerente con la strategia di Governo e che sia fornita da soggetti pubblici e privati in una sana concorrenza.
La volontà politica c’è ed è stata chiaramente espressa, le risorse economiche anche, le esperienze di successo non mancano: è ora di cominciare a lavorare sul serio insieme, pubblico e privato, se vogliamo raggiungere l’obiettivo che già il Ministro Brunetta prometteva un anno e mezzo fa: formare tutti gli oltre tre milioni di dipendenti pubblici, perché diventino protagonisti attivi del loro lavoro e quindi dello sviluppo equo e sostenibile del Paese.
Noi di FPA ci crediamo e dedichiamo alla crescita delle persone e alla loro formazione tutto il nostro impegno, tanto da aver scelto come claim del prossimo FORUM PA 2023 (Roma 16-18 maggio) uno slogan che non ammette dubbi “Ripartiamo dalle persone – Per una PA al centro delle nuove sfide”.