Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede la realizzazione di un Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, evoluzione di quello attualmente in uso. Il Ministero della Salute, insieme alle Regioni, sta discutendo sull’architettura e le modalità di realizzazione della nuova generazione di questa importante infrastruttura di sanità digitale. Questa riprogettazione è certamente utile dal momento che l’impostazione del FSE attuale risale a circa venti anni fa.
La situazione attuale
Prima però di pensare a nuovi standard e ad architetture più moderne è necessario comprendere quali sono i problemi che determinano la situazione attuale che, in estrema sintesi, può essere così riassunta:
- Poche regioni alimentano il FSE adeguatamente.
- Ancora meno, solo due, sono gli FSE che contengono dati strutturati.
- I FSE non sono, di fatto, interoperabili.
La figura che segue illustra la situazione sulla base di un questionario compilato dalle Regioni nel maggio 2021.
Legenda:
- indica FSE funzionante con contenuti strutturati,
- FSE funzionante con contenuti non strutturati
- FSE parzialmente funzionante perché poco utilizzato o non abilitato a ricevere documenti
- FSE con limitate funzionalità
STR indica documenti strutturati, le regioni in giallo sono in regime di sussidiarietà
Come si può vedere nella figura, la situazione è molto eterogena ma, nel complesso, davvero poco felice. Malgrado gli sforzi e gli investimenti effettuati, l’FSE è nella maggior parte dei casi deficitario.
Il problema delle fonti, ossia i sistemi informativi
I problemi che affliggono l’FSE attuale sono di varia natura. Soprattutto nel Centro e nel Sud Italia un grosso limite è costituito dai sistemi che dovrebbero produrre i documenti; in alcuni questi non sono in grado di generare documenti HL7 CDA firmati. C’è poi una casistica di documenti, ad esempio i referti ambulatoriali o la lettera di dimissione che vengono redatti utilizzando sistemi di video scrittura o software artigianali che non si prestano alla produzione di documenti HL7 CDA.
In altri casi ancora non è presente un sistema di firma elettronica in quanto il referto, una volta redatto in digitale, viene stampato e quindi firmato a mano dal medico.
Il Fascicolo Sanitario elettronico non decolla: perché e come uscire dall’impasse
Il problema della codifica dei dati
Ci sono poi problemi che determinano errori semantici, come ad esempio il mancato riconoscimento di FSE-INI dell’anagrafica paziente, la non corretta associazione medico – struttura sanitaria – ruolo, codifiche di esami o di altri valori. In tutti questi casi FSE-INI respinge il documento che non viene quindi indicizzato.
L’ associazione medico–struttura sanitaria–ruolo è piuttosto complessa da gestire e aggiornare nel tempo. I medici operano talvolta in diverse strutture, anche ad esempio per coprire turni vacanti o situazioni di necessità, assumono più ruoli (ad esempio svolgono guardie, lavorano in reparto o al pronto soccorso), talvolta per brevi periodi di tempo.
I sistemi di gestione del personale sono prevalentemente orientati alla gestione economico–amministrativa del dipendente e raramente sono allineati o informati sui ruoli e le mansioni effettive ricoperte dai medici.
La difficoltà nel raccogliere il consenso
La norma che ha tolto l’obbligo della raccolta del consenso per la costituzione del FSE non ha eliminato la necessità di avere un consenso esplicito per l’uso dei dati che vi sono contenuti. Avere tanti FSE per poi non poterli utilizzare è inutile.
I FSE sono poco utilizzati e poco utili
Sia perché sono poco conosciuti dai cittadini e da parte dei medici, sia perché contengono poche informazioni, i FSE sono poco utilizzati. I documenti presenti sono indicizzati attraverso dei metadati che sono presenti nell’ header del file HL7 CDA e che comprendono:
- Alcuni dati sul documento, come versione, codice, descrizione, data-ora, linguaggio
- Alcuni dati sul paziente, l’autore e l’organizzazione dove il documento è stato redatto e dove è custodito
La struttura e la natura dei metadati determinano le capacità di ricerca che un’interfaccia di un FSE può implementare. Come si può notare sono piuttosto limitate. Non c’è alcun metadato che colleghi, ad esempio, un documento a un evento clinico, a una patologia o a una condizione clinica. Le funzioni di ricerca sono quindi circoscritte alla tipologia di documenti, alla loro data o all’organizzazione o l’autore del documento.
La logica e la struttura del FSE sono poi pensate per indicizzare file che documentano le prestazioni svolte sui pazienti, ossia diagnosi, terapia e prognosi. Manca una rappresentazione puntuale delle condizioni di salute, del contesto e dei bisogni socio-sanitari, dei piani socio-assistenziali, nonché alcuna relazione tra tutti questi e le prestazioni e gli interventi erogati.
Anche quando dovessero essere presenti documenti come schede – valutazioni multidimensionali o PDTA, la frammentazione delle informazioni su più documenti e la mancanza di una ontologia di riferimento rendono l’uso del FSE molto dispersivo.
Se non si risolvono i problemi attuali, anche l’FSE 2.0 sarà un insuccesso
Come abbiamo visto i problemi che affliggono l’FSE sono, più che tecnologici, di natura strutturale e organizzativa.
Progettare una nuova architettura o puntare a raccogliere dati strutturati, magari ricavandoli dai documenti, senza fare una profonda riflessione sui risultati raggiunti, su quelli che possono essere ipotizzati a breve termine con l’attuale struttura, è un grave errore.
Ancora peggio è poi progettare un nuovo FSE senza coinvolgere, ancora una volta, medici e infermieri.
Occorre dunque un cambio di paradigma che, prima che tecnologico, deve essere concettuale.
Il Fascicolo si costruisce dal basso, partendo dalle aziende sanitarie
Le infrastrutture, il FSE non fa eccezione, si progettano dalle fondamenta, ossia dal “basso”.
Non è utile dare per scontato che le aziende sanitarie poi si adegueranno a ciò che è stato pensato e disegnato a livello centrale. Bisogna operare con una visione olistica che metta insieme tutti gli aspetti sul tappeto e incominciare, a livello di investimenti, dai sistemi informativi sanitari.
Una volta che questi saranno conformi e idonei ad alimentare l’FSE 2.0, sarà allora opportuno sviluppare l’infrastruttura centrale. Capovolgere questo approccio significa avere un’infrastruttura centrale pronta e disponibile, senza però i dati. Ossia sprecare tempo e soldi.