Manca una manciata di giorni al 30 giugno, data entro la quale le Regioni e Province Autonome dovranno inviare – come prescritto dalla Legge 221 2012 (conversione del decreto 179) – i loro progetti per la realizzazione dei fascicoli sanitari elettronici.
Ferme restando le mie considerazioni precedenti, abbiamo ancora un piccolissimo problema da risolvere: manca il DPCM attuativo. In pratica, le Regioni dovranno inviare progetti congruenti con una norma statale formalmente inesistente e potenzialmente ancora emendabile. Le stesse linee guida pubblicate recentemente (31 marzo) dall’AgID, frutto di un lavoro congiunto con Ministero Salute, MEF, CNR e Regioni, fanno riferimento a una versione “bozza” del DPCM, augurandosi implicitamente che il testo non venga sensibilmente ritoccato.
Ancora una volta, siamo di fronte all’inspiegabile: se il testo è quello, perché il DPCM non viene licenziato? E se il testo è destinato a essere modificato, perchè non dirlo? La senzazione è che a Palazzo Chigi i DPCM entrino in una sorta di buco nero senza neppure sapere perchè. Soprattutto quando si tratta di DPCM voluti come tali sulla base di non meglio motivate considerazioni: non si capisce infatti come mai, nel caso del FSE, non si sia scelta la strada di un decreto del Ministro per la Salute. Misteri dell’alta burocrazia nazionale, diciamo.
Sarà pure vero che questo governo ha ereditato una montagna di decreti attuativi da emanare, e sarebbe il caso, un giorno o l’altro, di smetterla di scrivere leggi che rimandano a decreti attuativi senza specificare cosa succede di sgradevole a chi si “dimentica” poi di emanarli. Il fatto è che soprattutto intorno ai temi del digitale si concentra una quantità impressionante di “chissenefreghismo”, perlomeno a livello di percezione dall’esterno. E non è bello, soprattutto per un Governo che – a partire dal suo Presidente – non perde occasione per proclamare i benefici della digitalizzazione della PA e della diffusione delle tecnologie dell’informazione a livello di cittadini e imprese.
La sensazione è che questa “melina” intorno al fascicolo sanitario elettronico sia – come dire – incentivata da qualche portatore di interessi in senso contrario, tanto per cambiare. Un po’ come sta succedendo anche in tema di giustizia digitale. Ma se questa è una sensazione sbagliata (e lo dico rivolgendomi direttamente al Presidente del Consiglio e ai suoi ministri), allora dimostratecelo coi fatti: licenziare un DPCM è un processo che si esaurisce nel giro di qualche minuto, quando lo si vuole fare.