GDPR

GDPR, tutto ciò che c’è da sapere per essere in regola



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Ancora nel 2024 molte imprese e PA sono impreparate ad accogliere le novità del GDPR, il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali del maggio 2018. Questo articolo contiene tutte le informazioni e i link alle risorse utili per potersi destreggiare nella rivoluzione

Aggiornato il 3 dic 2024

Anna Cataleta

Senior Partner di P4I e Senior Advisor presso l’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection (MIP)

Alessandro Longo

Direttore agendadigitale.eu



gdpr

Dal 25 maggio 2018 è divenuto pienamente applicabile in tutti gli Stati membri il Regolamento Ue 2016/679, noto come GDPR (General Data Protection Regulation) relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento e alla libera circolazione dei dati personali.

Il GDPR nasce da precise esigenze, come indicato dalla stessa Commissione Ue, di certezza giuridica, armonizzazione e maggiore semplicità delle norme riguardanti il trasferimento di dati personali dall’Ue verso altre parti del mondo.Si tratta poi di una risposta, necessarie e urgente, alle sfide poste dagli sviluppi tecnologici (a inizio ottobre 2017 il WP29 ha adottato tre fondamentali provvedimenti che hanno avuto importanti ricadute su punti essenziali del GDPR proprio sul tema dell’innovazione tecnologica) e dai nuovi modelli di crescita economica, tenendo conto delle esigenze di tutela dei dati personali sempre più avvertite dai cittadini Ue. A preoccupare sono, però, gli spazi di autonomia che permangono in capo ai singoli Stati Membri nel disciplinare in maniera più specifica rispetto al GDPR alcuni aspetti non ricompresi nella competenza dell’UE in base al principio di attribuzione. Tale circostanza potrebbe far sorgere contrasti tra le diverse Autorità di controllo nazionali che si trovino ad disciplinare nello specifico e applicare in concreto a livello nazionale le disposizioni del GDPR.

Cosa cambia nel regolamento generale sulla protezione dei dati e come adeguarsi alla normativa

In estrema sintesi col GDPR:

  • Si introduce il concetto di responsabilizzazione o accountability del titolare;
  • Si introducono importi più elevati per le sanzioni amministrative pecuniarie che variano nel massimo a seconda delle disposizioni violate;
  • Si introducono concetti di “privacy by design”, nonché di approccio basato sul rischio e adeguatezza delle misure di sicurezza, di valutazione d’impatto e data breach;
  • Regole più rigorose per la selezione e la nomina di un responsabile del trattamento e di eventuali sub-responsabili;
  • Si introduce la previsione in alcuni casi tassativi di nomina obbligatoria di un Responsabile della protezione dei dati;
  • Si introducono regole più chiare su informativa e consenso;
  • Viene ampliata la categoria dei diritti che spettano all’interessato;
  • Stabiliti criteri rigorosi per il trasferimento degli stessi al di fuori dell’Ue
  • .

Le norme si applicano anche alle imprese situate fuori dall’Unione europea che offrono servizi o prodotti all’interno del mercato Ue. Tutte le aziende, ovunque stabilite, dovranno quindi rispettare le nuove regole. Imprese ed enti avranno più responsabilità e caso di inosservanza delle regole rischiano pesanti sanzioni.

Per effetto della sentenza della CGUE di luglio 2020, Schrems II, è stata dichiarata l’invalidità del Privacy Shield ed è stata sollevata anche forte perplessità sul ricorso ai meccanismi previsti dalle SCCs e dalle BCRs per il trasferimento dei dati non solo verso gli Stati Uniti ma verso tutti i Paesi situati fuori dallo Spazio Unico Europeo. Alla fine del 2020 l’EDPB ha elaborato delle raccomandazioni per fornire un supporto ai Titolari nella valutazione dei trasferimenti.

Nel corso del 2022, i negoziati per raggiungere un nuovo accordo tra UE e USA hanno ripreso con nuovo slancio. Sul fronte statunitense si è registrata da parte del presidente Biden l’emanazione di un nuovo executive order che ha previsto degli strumenti rimediali per gli interessati a fronte di accessi illeciti ai dati personali da parte delle autorità di sorveglianza, ma alcune criticità rimangono ancora sul tavolo, come evidenziato dall’EDPB nel parere reso alla Commissione sul nuovo progetto di decisione di adeguatezza. I Titolari del trattamento soggetti al GDPR, pertanto, devono implementare procedure, valutazioni e misure supplementari per garantire la conformità al Regolamento di eventuali trasferimenti di dati al di fuori del SEE.

È bene ricordare che, negli ultimi mesi, sono emerse importantissime novità, impattanti sul GDPR e sulla normativa data protection in generale. Tali novità, difatti, riguardano non solo il fronte dello sviluppo delle nuove tecnologie e dell’Intelligenza Artificiale, ma anche in relazione a tematiche ormai ben sedimentate nel panorama della data protection (come il ruolo del Data Protection Officer). Parimenti importanti i nuovi codici di condotta, elaborati, rispettivamente, negli ambiti del telemarketing e del diritto del lavoro. Tutte queste novità arricchiscono il già articolato panorama digitale, ma sono fondamentali per comprendere meglio alcuni aspetti e identificare importanti tendenze, le quali non devono essere trascurate.

Gdpr e normativa italiana, il decreto legislativo

In data 19 settembre 2018 è entrato in vigore il D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101 che ha introdotto disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale italiana (D.Lgs. 196/2003) alle disposizioni del GDPR. Oltre a recepire le disposizioni del GDPR, il D.Lgs. 101/2018 ha regolamentato alcuni aspetti rimessi alla potestà legislativa nazionale tra cui la previsione di alcune fattispecie di illeciti penali, accanto alle sanzioni pecuniarie già previste dal GDPR.

One stop shop (sportello unico)

Per risolvere eventuali difficoltà è stato introdotto lo “sportello unico” (one stop shop), che semplifica la gestione dei trattamenti e garantisce un approccio uniforme. Le imprese che operano in più Stati Ue possono quindi rivolgersi al Garante Privacy del Paese dove hanno la loro sede principale. In realtà, almeno in Italia, oltre la metà delle aziende – ma anche tante Pubbliche amministrazioni – non è ancora pronta ad allinearsi ai provvedimenti Ue in materia di data protection nonostante le severe sanzioni previste. Un aiuto potrebbe arrivare dal Piano nazionale Industria 4.0 (ora Transizione 4.0) che permette di investire in merito all’adeguamento al GDPR. Il Garante ha dato precise indicazioni alle PA. Le priorità operative sono tre:

  1. La designazione in tempi stretti del Responsabile della protezione dei dati;
  2. L’istituzione del Registro delle attività di trattamento;
  3. La notifica dei data breach.

Portabilità dei dati

Nel Regolamento viene introdotto il diritto alla “portabilità”, ovvero il diritto dell’interessato di ricevere in un formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico i propri dati personali per trasferirli da un titolare del trattamento a un altro e, se tecnicamente fattibile, la trasmissione diretta dei propri dati. Il diritto alla portabilità può essere esercitato quando il trattamento si basa sul consenso, su un contratto o sia effettuato con mezzi automatizzati. Tale diritto non si applica al trattamento necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. La norma fa eccezione nei casi i cui si tratta di dati contenuti in archivi di interesse pubblico, come ad esempio le anagrafiche.

Con riguardo a ciò, si ricorda quanto stabilito dal Regolamento (UE) 2023/2854 riguardante norme armonizzate sull’accesso equo ai dati e sul loro utilizzo o Data Act, il quale è entrato in vigore l’11 gennaio 2024, ma sarà applicabile a partire dal 12 settembre 2025.

Nello specifico, il tema della portabilità dei dati ricorre anche nel Data Act. In primo luogo, si ricorda che il diritto alla portabilità è stato introdotto con l’art. 20 del GDPR (quindi relativamente ai soli dati personali). Tale norma stabilisce che l’interessato ha il diritto di ricevere in un formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico i dati personali che lo riguardano forniti a un titolare del trattamento e ha il diritto di trasmettere tali dati a un altro titolare del trattamento senza impedimenti da parte del titolare del trattamento cui li ha forniti, qualora il trattamento sia effettuato in base al consenso o a un contratto e tramite mezzi automatizzati​.

Per cui, come rientra il tema della portabilità dei dati con riguardo al Data Act? Bisogna considerare che quando si acquista un prodotto connesso (elettrodomestico o macchinario industriale smart) che genera dati, spesso non è chiaro chi può fare cosa con tali dati (ad esempio, nei contratti, è spesso stipulato che tutti i dati generati sono esclusivamente raccolti e utilizzati dal produttore del prodotto o dispositivo il cui uso genera dati). ​Con il Data Act si ha un’estensione del diritto alla portabilità a qualsiasi dato generato dall’uso di macchine e dispositivi.

Pertanto, grazie al Data Act è sufficiente chiedere all’azienda X di trasferire i dati all’azienda Y che offre un analogo servizio. Si tratta di un diritto alla portabilità rafforzato.​

Infografica - Sicurezza dei dati in azienda la vulnerabilita da proteggere

Il principio di “responsabilizzazione”

Vi sono altri importanti elementi di novità. E’, infatti, stata introdotta la responsabilizzazione dei titolari del trattamento (accountability), ovvero l’adozione di comportamenti proattivi e tali da dimostrare la concreta adozione di misure finalizzate ad assicurare l’applicazione del regolamento del GDPR, e un approccio che tenga in maggior considerazione i rischi che un determinato trattamento di dati personali può comportare per i diritti e le libertà degli interessati, tenendo conto dei rischi noti o evidenziabili, nonché delle misure tecniche e organizzative (anche di sicurezza) ritenute adeguate dai titolari per mitigare tali rischi.

Data breach Gdpr

Il titolare del trattamento deve comunicare eventuali violazioni dei dati personali al Garante che comportano impatti sui diritti e le libertà degli interessati. Rispondere in modo efficace a un data breach per il Gdpr (qui la guida completa) richiede un approccio multidisciplinare ed integrato e una maggiore cooperazione a livello Ue.

Per supportare le organizzazioni nella gestione di eventuali violazioni di dati personali, l’EDPB (European Data Protection Board) ha adottato il 14 gennaio 2021 la prima versione delle Linee Guida 01/2021 on Examples regarding Data Breach Notification, successivamente adottate in versione finale il 14 dicembre 2021. Queste Linee Guida forniscono esempi pratici di data breach ed integrano le Linee Guida sulla notifica della violazione dei dati personali adottate a febbraio 2018 dall’ex WP29 (ora EDPB), queste ultime sono state aggiornate il 28 marzo 2023 con l’adozione formale delle linee guida 09/2022 dell’EDPB.

A livello nazionale il Garante Privacy ha predisposto un “Servizio telematico” dedicato al data breach, fornendo anche un tool di autovalutazione per la notifica all’Autorità di una violazione dei dati personali.

Registro delle attività di trattamento

Il primo adempimento da porre in essere per le imprese italiane è senz’altro l’adozione del Registro dei trattamenti di dati personali, obbligatorio per le imprese che contano almeno o più di 250 dipendenti. Tale previsione non si applica, quindi, alle imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti, a meno che il trattamento che esse effettuano possa presentare un rischio per i diritti e le libertà dell’interessato, il trattamento non sia occasionale o includa il trattamento di categorie particolari di dati o i dati personali relativi a condanne penali e a reati.

Si tratta di uno strumento fondamentale allo scopo di disporre di un quadro aggiornato dei trattamenti in essere all’interno di un’azienda o di un soggetto pubblico – indispensabile per ogni valutazione e analisi del rischio, da esibire su richiesta del Garante. Il registro deve avere forma scritta, anche elettronica.

Il Registro dei trattamenti è quindi un documento contenente le principali informazioni di cui all’art. 30 del GDPR relative alle operazioni di trattamento svolte sia dal Titolare del trattamento e, se nominato, dal Responsabile del trattamento. Il Garante Privacy, al fine di fornire risposte alle domande più comuni in relazione al Registro, ha elaborato ad ottobre 2018 delle FAQ contenenti le informazioni che devono essere contenute sia nel Registro del Titolare che del Responsabile e le modalità per la sua conservazione e il suo aggiornamento.

Le responsabilità e le sanzioni per le aziende

Ci sono diverse fattispecie e si va da un mera diffida amministrativa a sanzioni fino a 20 milioni di euro. Ecco tutto ciò che c’è da sapere sulle sanzioni GDPR. Come già anticipato sopra, accanto alle sanzioni amministrative previste dal GDPR, a livello nazionale sono state introdotte anche alcune fattispecie di illeciti penali.

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La figura del DPO (Data Protection Officer)

Non a caso è stata prevista la figura del Responsabile della protezione dei dati” (Data ProtectionOfficer o DPO), incaricato di sorvegliare l’osservanza delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali nelle imprese e negli enti e individuato in funzione delle qualità professionali e della conoscenza specialistica della normativa e della prassi in materia di protezione dati.

Il Responsabile della protezione dei dati:

  1. Riferisce direttamente al vertice,
  2. E’ indipendente, non riceve istruzioni per quanto riguarda l’esecuzione dei compiti;
  3. Come già anticipato sopra, accanto alle sanzioni amministrative previste dal GDPR, a livello nazionale sono state introdotte sanzioni di carattere penale.
  4. Gli vengono attribuzione risorse umane e finanziarie adeguate alla mission.

In realtà persistono ancora troppi dubbi su cosa sia il DPO. E’ una figura rilevante, ma certamente non è il “centro” del sistema posto in essere dal GDPR, che nel nuovo ordinamento è sempre il Titolare del trattamento. Il DPO deve avere una specifica competenza “della normativa e delle prassi in materia di dati personali nonché delle norme e delle procedure amministrative che caratterizzano il settore”. È non meno importante però che abbia anche “qualità professionali adeguate alla complessità del compito da svolgere” e, specialmente con riferimento a settori delicati come quello della sanità, possa dimostrare di avere anche competenze specifiche rispetto ai tipi di trattamento posti in essere al titolare. E’ altrettanta importante l’autonomia decisionale e l’estraneità del DPO rispetto alla determinazione delle finalità e delle modalità del trattamento dei dati se si vuole restituire agli interessati quella sovranità sulla circolazione dei propri dati.

Di recente, il Garante privacy, insieme con l’Associazione Bancaria Italiana (ABI), ha elaborato una disamina sul ruolo del Data Protection Officer (DPO) all’interno del settore bancario alla luce di una ricerca coordinata sul punto.

Tale ricerca offre una prima “fotografia” sul ruolo svolto da parte del DPO in tale settore. Tale attività rappresenta il primo risultato del progetto di costituzione di una “Rete dei Responsabili della protezione dati nel settore bancario”, un gruppo di lavoro permanente, per favore il confronto informativo tra l’Autorità e i DPO coinvolti nella gestione di trattamenti così complessi.

Nell’ambito di questa iniziativa, il Garante ha suggerito al gruppo di lavoro di avviare l’attività facendo una verifica dello stato di radicamento della funzione di DPO all’interno delle banche a distanza di cinque anni dalla sua istituzione mediante un questionario ad hoc (al quale hanno risposto 87 tra banche individuali e capogruppo di gruppi bancari). Per l’occasione, sono state proposte domande sulle modalità di designazione, sui requisiti necessari per svolgere i compiti previsti, sulle risorse assegnate, sul suo ruolo e sulla sua posizione nell’ambito dell’organizzazione societaria.

Dal questionario è emerso come i DPO siano nominati con un atto di designazione, abbiano un’esperienza principalmente di area giuridica, economica e tecnica e un’esperienza tra i 3 e gli 8 anni o più. Il questionario ha previsto anche una parte di “osservazioni e suggerimenti”, dal quale sono emersi i seguenti temi: attenzione per i rischi collegati all’intelligenza artificiale ed esigenza di un costante coordinamento tra le Autorità e le normative nazionali ed europee del settore finanziario.

Il Garante si è soffermato sul ruolo strategico dei DPO e ha, infatti, dedicato agli stessi numerose iniziative, a partire dal progetto T4Data, promuovendo anche la creazione di “reti di DPO” per settori omogenei, di cui l’iniziativa in ambito bancario rappresenta un significativo esempio.

LEGGI QUI UN APPROFONDIMENTO SU DPO

Clicca qui per scaricare l'infografica: DPO insourcing vs outsourcing

Quanto costa il Gdpr per le aziende italiane, quanto sono pronte e consigli per ottimizzare la spesa

Le stime dicono che i costi di adeguamento al GDPR si aggirano intornono ai 200 milioni di euro per le aziende italiane, secondo Idc, anche se Confesercenti è arrivata a stimare 2 miliardi di euro. Leggi qui l’approfondimento su costi del Gdpr per le aziende italiane e i consigli per ottimizzare la spesa.

I dodici nuovi diritti per il cittadino con il Gdpr

I cittadini devono conoscere meglio i diritti e gli strumenti che il Gdpr conferisce loro per tutelare i dati personali. Questo articolo è una guida sui nuovi diritti Gpdr per i cittadini ue e in generale l’impatto delle nuove regole su di loro.

I poteri dell’autorità di controllo (Garante privacy)

All’autorità di controllo, il nostro Garante Privacy, sono conferiti poteri di indagine, correttivi, autorizzativi e consultivi, oltre al potere di infliggere sanzioni amministrative pecuniarie. Ecco che c’è da sapere sui poteri del garante privacy nel GDPR.

Adeguare la PA al GDPR

Diventa prioritario per ciascuna amministrazione definire internamente quale sia l’ufficio che si occupi stabilmente dell’adeguamento al GDPR, poi definire il DPO (responsabile trattamento dati) la trasparenza del responsabile trattamento dati e altre misure. Ecco la guida completa per GDPR e PA.

In particolare, le modifiche contenute nel Decreto Capienze all’art. 2ter del Codice Privacy hanno esteso i poteri delle PA di determinare la base giuridica del trattamento individuata non solo dalla legge e dal regolamento, ma anche dagli atti amministrativi generali. Ai fini della compliance, questo comporterà per le PA la necessità di svolgere delle valutazioni interne in relazione alla corretta individuazione della base giuridica e delle finalità del trattamento. Inoltre, l’abrogazione dell’art. 2-quinquiesdecies Codice Privacy, che permetteva il parere preventivo del Garante Privacy in relazione ai trattamenti suscettibili di avere un rischio alto sui diritti e le libertà degli interessati, ha finito per rendere le Pubbliche Amministrazioni più accountable. Le Pubbliche Amministrazioni, infatti, dovranno assumersi il rischio della non conformità delle scelte effettuate sia in termini di liceità del trattamento sia sulla corretta individuazione e implementazione delle misure di sicurezza poste a presidio dei trattamenti e delle istruzioni operative date ai fornitori responsabili del trattamento, come già rilevato dal Garante nel provvedimento sanzionatorio contro Roma Capitale.

Privacy e Trasparenza con il GDPR

Tra le molte novità, il GDPR apre una nuova pagina sul tema del rapporto tra privacy e trasparenza, anche in riferimento all’attività dei soggetti privati che svolgono funzioni di pubblico interesse. In questo contesto, è importante sottolineare come il regolamento non modifichi direttamente le norme nazionali in materia di accesso ai documenti amministrativi, né quelle attualmente applicate alle innumerevoli istituzioni europee. Si preoccupa invece di chiarire l’assenza di un rapporto di contraddizione, in quanto i valori di “trasparenza” e di “tutela efficace della riservatezza” sono considerati entrambi meritevoli di efficace protezione.

Sul tema della trasparenza grande attenzione è posta alle attività online poste in essere dai titolari del trattamento, anche a seguito della spinta alla digitalizzazione portata dalla pandemia. Sul punto, l’EDPB ha emanato le linee guida sui dark pattern nelle interfacce delle piattaforme di social media, dando istruzioni su come riconoscerle ed evitarle (Linee guida EDPB n. 03/2022). Nell’ambito delle attività delle Autorità di controllo, invece, grande attenzione è stata posta in relazione al design trasparente dei siti web e, in particolare, nella costruzione dei banner per l’installazione dei cookie e ciò in coerenza con la task force creata dall’EDPB che ha pubblicato un report il 17 gennaio 2023.

Un’importante novità in tema di dark pattern è prevista dall’articolo 25 del Regolamento Ue 2022/2065 relativo a un mercato unico dei servizi digitali e che modifica la direttiva 2000/31/CE (regolamento sui servizi digitali o meglio noto come Digital Services Act), il quale stabilendo che: “I fornitori di piattaforme online non progettano, organizzano o gestiscono le loro interfacce online in modo tale da ingannare o manipolare i destinatari dei loro servizi o da materialmente falsare o compromettere altrimenti la capacità dei destinatari dei loro servizi di prendere decisioni libere e informate” pone un divieto all’utilizzo dei dark pattern.

GDPR e diritto all’oblio

La vera novità che arriva con il Gdpr sul diritto all’oblio è nell’articolo 17: la richiesta di cancellazione rivolta a un titolare che abbia reso pubblici dati comporta anche l’obbligo di trasmetterla a tutti coloro che li utilizzano.

Sul tema l’EDPB ha elaborato le Linee Guida 5/2019 sui criteri per l’esercizio del diritto all’oblio nel caso dei motori di ricerca, ai sensi del GDPR. In particolare, le Linee Guida 5/2019 indicano sia i motivi che un interessato può invocare per chiedere la deindicizzazione a un fornitore di motore di ricerca ai sensi dell’articolo 17, par. 1, del GDPR che le eccezioni al diritto di richiedere la deindicizzazione. Anche in ambito nazionale, il Garante per la protezione dei dati personali si è pronunciato diverse volte in merito alla deindicizzazione di informazioni riferite agli interessati presenti sui motori di ricerca online.

L’impatto sui diritti dei cittadini è importante, ecco perché: LEGGI LE NOVITÀ GDPR SUL DIRITTO ALL’OBLIO

Perché il GDPR è un investimento necessario per il futuro di aziende e PA

Le imprese e le PA devono considerare l’attuazione del GDPR non come un costo ma come un investimento. Necessario a sostenere il proprio futuro nel mercato e istituzionale. Proteggere i dati significa anche assicurarne la qualità, presupposto per ogni sviluppo nell’internet delle cose e intelligenza artificiale. Approfondisci qui.

Le ultime novità sui codici di condotta

Con provvedimento del giorno 11 gennaio 2024, il nuovo Codice di condotta per le agenzie per il lavoro ha ricevuto il via libera da parte del Garante privacy. Tale nuovo codice di condotta definisce norme chiare per la sicurezza dei dati sensibili dei candidati e rappresenta uno strumento di “buona prassi” per il corretto trattamento dei dati effettuato nell’ambito delle attività di intermediazione, ricerca e selezione del personale. Tra le altre cose, il codice introduce alcune significative previsioni a tutela dei candidati a posizioni lavorative, anche al fine di non consentire possibili discriminazioni nell’accesso al mercato del lavoro. In particolare, le Agenzie che aderiscono al Codice si impegnano a trattare solo dati strettamente necessari all’istaurazione del rapporto di lavoro, non devono pertanto svolgere indagini sulle opinioni politiche, religiose o sindacali dei lavoratori o effettuare preselezioni sulla base di informazioni che riguardano stato matrimoniale, gravidanza, handicap, neanche con il consenso dei candidati. Con lo stesso provvedimento, l’Autorità ha accreditato l’Organismo di monitoraggio, un ente indipendente formato da tre componenti esterni rispetto al soggetto promotore e con il compito di verificare l’osservanza del codice da parte degli aderenti nonché gestire la risoluzione dei reclami.

Un’altra importante novità, riguardante il Codice di condotta per le attività di telemarketing e teleselling, è che con provvedimento del 7 marzo 2024 è stato accreditato l’Organismo di monitoraggio contro le pratiche illecite, così da garantire la piena efficacia delle nuove regole. Nello specifico, il Garante ha accreditato l’Odm – preposto da Asseprim, AssoCall, ASSOCONTACT, Assotelecomunicazioni, Confcommercio, Confindustria, DMA – Data & Marketing Association Italia, OIC – Osservatorio Imprese Consumatori – alla verifica del rispetto del codice di condotta per la durata tre anni non rinnovabili con riguardo al primo mandato e fermo restando che il regolamento dell’Odm prevede che i mandati successivi abbiano una durata di cinque anni.

AI e sanità

Con riguardo allo spinoso tema dell’Intelligenza Artificiale applicato al settore sanitario, l’Autorità Garante ha reso pubblico un Decalogo per la realizzazione di servizi sanitari nazionali attraverso sistemi di Intelligenza Artificiale.

Tale Decalogo rappresenta un’importante guida sull’uso delle tecnologie di IA nel settore sanitario e chiarisce importanti aspetti relativi a basi giuridiche del trattamento; principi di accountability e privacy by design e by default; ruoli privacy; principi di conoscibilità, non esclusività e non discriminazione algoritmica; valutazione d’impatto sulla protezione dei dati; qualità dei dati; integrità e riservatezza; correttezza e trasparenza; supervisione umana; ulteriori profili rispetto alla disciplina sulla protezione dei dati personali connessi alla dignità e all’identità personale.

Le più recenti sanzioni

Con riguardo al tema dei dark pattern, anticipato nei paragrafi precedenti, il Garante ha affermato che Sono ancora troppi gli ostacoli che si presentano agli utenti di siti web ed app quando devono gestire i cookie o cancellare i propri account. L’Autorità ha affermato ciò dall’analisi effettuata nell’ambito del Privacy Sweep, l’indagine conoscitiva della rete internazionale del GPEN (Global privacy enforcement network), dedicata quest’anno ai dark pattern (scelte di design che cercano di influenzare gli utenti verso scelte inconsapevoli, non volute e potenzialmente dannose, spesso contrarie ai loro interessi, ma favorevoli a quelli delle piattaforme).

Per contrastare tale fenomeno, 26 Autorità di protezione dati del GPEN, tra il 29 gennaio e il 2 febbraio scorsi, hanno passato al setaccio 899 siti web e 111 app, e nel 97% dei casi hanno individuato la presenza di almeno una tipologia di design ingannevole. Tra gli indicatori presi in considerazione: l’utilizzo di un linguaggio complesso e confuso nelle informative, l’inserimento di passaggi aggiuntivi e non necessari, l’introduzione di elementi di design per influenzare la percezione delle opzioni privacy, la richiesta di informazioni personali eccedenti per accedere a un servizio.

L’attenzione del Garante privacy italiano si è concentrata su 50 siti web di cosiddetti “comparatori” di servizi e prodotti ed ha riguardato i cookie banner e le modalità di cancellazione degli account utente. È stato rilevato che in più del 60% dei casi i banner mostravano con maggiore enfasi l’opzione meno favorevole per la privacy degli utenti. Nel quasi 40% dei casi per rifiutare tale opzione l’utente era costretto a un maggior numero di passaggi; in un numero più ristretto di casi (circa il 30%) non era presentata altra opzione che quella dell’accettazione di tutti i cookie.

Il Garante si è espresso anche in relazione al delicatissimo tema dei minori. Nel pubblicare articoli che riportano fatti di cronaca e sentenze che riguardano i minori, occorre sempre verificare che siano oscurati nomi e dettagli che possano ledere la loro riservatezza e dignità.

Lo ha ribadito il Garante Privacy nel sanzionare una rivista online che, all’interno di un articolo, aveva pubblicato il link ad una sentenza di Tribunale, su una controversia tra due Comuni per la gestione economica di diverse strutture di accoglienza per minori. Nella sentenza erano riportati in chiaro nomi, residenza e periodo di permanenza dei minori presso le strutture gestite dai due enti. Alla richiesta di informazioni dell’Autorità – che si è attivata a seguito della segnalazione da parte del Garante dei diritti della persona della Regione Veneto – la rivista si è giustificata ritenendo, erroneamente, che fosse compito del Tribunale anonimizzare i dettagli riferiti ai minori presenti nella sentenza.

L’Autorità, considerato l’immediato oscuramento dell’articolo contenente il link alla sentenza e la deindicizzazione dai motori di ricerca, ha comminato all’editore della rivista una sanzione di 10mila euro per trattamento illecito di dati personali.

 
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