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Giornalista e comunicatore pubblico, così il digitale cambia il lavoro

Grazie alle nuove piattaforme digitali, social e chat, è in corso la rivoluzione del mestiere del giornalista e del comunicatore pubblico è in corso, parallela a quella in atto nei rapporti tra settore pubblico e cittadino. Ma non sono tutte rose e fiori: permangono retaggi del passato, duri a morire

Pubblicato il 13 Mar 2018

Francesco Di Costanzo

presidente Fondazione Italia Digitale e Associazione PA Social

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Negli ultimi due anni è in corso una rivoluzione nel modo di lavorare, pensare e sviluppare il lavoro del giornalista e del comunicatore pubblico, un nuovo scenario spinto da un deciso ingresso della nuova comunicazione (web, social network, chat) nella vita quotidiana degli uffici e dei professionisti che si occupano di comunicazione. L’utilità, la forza e la specificità per il servizio pubblico delle nuove piattaforme di comunicazione (da Facebook a Twitter, da Instagram a LinkedIn, da YouTube a Snapchat fino alle chat come WhatsApp, Telegram, Messenger, solo per citare i più utilizzati) è ormai una realtà accettata, è stato superato il muro della diffidenza e della paura del rapporto diretto con il cittadino (a volte un po’ controvoglia, ma è stato fatto) e oggi si lavora non solo sulla quantità di account e profili di enti e aziende pubbliche, ma soprattutto sulla qualità.

C’è meno spazio per le classifiche (chi ha più follower, più mi piace, più visualizzazioni…i numeri sono importanti ma non sono tutto) e molta più importanza al servizio offerto, alla capacità di dialogo, di interazione, di corretto utilizzo delle varie piattaforme e delle loro funzioni, specificità, potenzialità, linguaggi. Questo per dire, in breve, che la rivoluzione del mestiere del giornalista e del comunicatore pubblico è in corso, così come è in atto un importante cambiamento dei rapporti tra settore pubblico e cittadino.

Le nuove figure per la comunicazione pubblica

È in questo percorso che nasce una forte esigenza di riconoscimento delle nuove figure professionali (dal social media manager/strategist al community organizer, dal visual design all’analisi dei dati, dagli open data alla programmazione e tanti altri profili legati al mondo della comunicazione e del digitale) e di un nuovo ruolo e una nuova organizzazione di professionalità come il giornalista, il comunicatore pubblico, l’organizzazione di eventi e campagne, le relazioni con il pubblico, la trasparenza, la partecipazione, l’accesso civico (come associazione PA Social ci stiamo impegnando in questo senso con proposte e un lavoro costante che miri a creare nuove opportunità e a riorganizzare al meglio ciò che c’è già).

Le norme per la PA

Negli ultimi mesi, dalla vigilia di Natale 2017 ad oggi, grazie al buon lavoro del Ministro Madia e del Ministero per la Pubblica Amministrazione, e all’impegno dell’Associazione PA Social e della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, sono state poste delle basi importanti per poter raggiungere l’obiettivo di una nuova e buona comunicazione pubblica. Sono arrivati (è la prima volta che succede) nell’ordine: l’articolo 95 nel nuovo contratto degli statali, il 59 per la Scuola, il 18 bis per gli Enti Locali e l’articolo 13 nel nuovo contratto della Sanità, tutti dedicati all’Istituzione di nuovi profili per le attività di comunicazione e informazione (qui un po’ di specifiche).

Oltre ad essere un fatto storico, è un chiaro segnale dell’importanza per la PA italiana di puntare su nuovi profili professionali e di conseguenza su una nuova organizzazione della comunicazione.

Le caratteristiche del nuovo giornalista pubblico

L’obiettivo è l’unicità del profilo professionale (lo abbiamo chiamato giornalista pubblico) e una logica da redazione unica (il nome che abbiamo scelto è Ufficio comunicazione, stampa e servizi al cittadino) per rispondere alla realtà e al cambiamento che il web, i social network e le chat hanno portato unendo di fatto tante funzioni della nostra pubblica amministrazione (ufficio stampa, comunicazione, urp, trasparenza, accesso civico, comunicazione interna, organizzazione di eventi, campagne di comunicazione, citizen satisfaction) con stella polare il servizio al cittadino.

L’obiettivo è creare nuove opportunità di accesso e di crescita professionale per chi vuole fare questo mestiere, dare un nuovo ruolo e un riconoscimento a chi già se ne occupa, aprire a nuove professionalità che ormai sono necessarie per una buona comunicazione pubblica.

Tutto rose e fiori? No, resta negli articoli firmati, a mio modo di vedere, la non più sensata divisione tra comunicazione e informazione (la troviamo nei contratti Statali, Enti Locali e Sanità mentre quello della Scuola è più avanzato e tiene insieme “informazione e comunicazione”), un retaggio del passato e un approccio alla comunicazione pubblica che è superato dagli eventi e dagli strumenti.

Non è un errore, ma un obbligato gancio alla legge 150 che finché non sarà revisionata o superata (speriamo prima possibile) resta quella vigente per la comunicazione pubblica. Ora si apre la partita ancora più importante della classificazione dei nuovi profili, delle modalità di accesso alla professione, della strutturazione di un nuovo modello organizzativo. A questo sono strettamente legati lavoro, servizi, innovazione, il quotidiano di molti professionisti e il rapporto tra PA e cittadini. La rotta è quella giusta, ora c’è da arrivare in porto.

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