l'intervento

Gori (Bergamo): “Meno vincoli sui Comuni per sbloccare la trasformazione digitale”

Comuni e città medie devono essere il fulcro dell’innovazione, ma spesso sono vincolate da disposizioni paradossali che bloccano la trasformazione digitale. Ecco quello che di buono si è avviato a livello nazionale, quello che resta da fare e i traguardi raggiunti dalla città di Bergamo

Pubblicato il 04 Ott 2018

Giorgio Gori

Sindaco di Bergamo

smart-city-illustration

“Innovazione o morte!”: è una battuta che rivolgiamo spesso in Giunta all’assessore Giacomo Angeloni del Comune di Bergamo.

Una battuta che si riferisce certamente alle sue deleghe, quella all’innovazione e quella ai servizi cimiteriali, ma di fatto rappresenta anche una dichiarazione programmatica, che sintetizza la convinzione che senza innovazione le nostre amministrazioni – ma vale anche per il nostro Paese – sono destinate ad un inesorabile declino.

L’innovazione dei comuni e delle città medie

Innovazione, dunque, rispetto alla quale è cruciale il ruolo dei Comuni e in particolare delle Città medie.

  • Dei comuni perché sono gli enti in prima linea nel rapporto con i cittadini e sono i primi a necessitare un rinnovamento delle strutture per venire incontro alle esigenze dell’utenza e adeguarsi alle nuove tecnologie, che in questi ambiti stanno cambiando a grande velocità.
  • Delle città medie perché è nei capoluoghi di medie dimensioni che si reagisce più velocemente al cambiamento e alle politiche di innovazione. E’ nella dimensione delle città medie che è più facile incardinare progetti ed esperienze pilota di innovazione. Ed è infine nelle città di medie dimensioni, nei capoluoghi di provincia, che si danno quelle condizioni di competenza e di compattezza della governance (anche nella relazione tra pubblico e privato) che consentono di guidare più efficacemente i processi di innovazione.

Ecco perché con Anci si è deciso di dedicare alle città dell’innovazione tecnologica la tappa del roadshow delle città medie che abbiamo voluto ospitare a Bergamo, e che questa sia inserita nel programma del Download Festival. Ed è da qui che vogliamo lanciare un messaggio nella speranza che arrivi forte e chiaro al Governo e a tutte le imprese che operano sul fronte dell’innovazione tecnologica: rimettete gli enti locali (e le città medie) al centro dell’agenda. E’ qui che si può sperimentare.

I vincoli che bloccano l’innovazione nei comuni

Tra i vincoli più assurdi in capo ai Comuni, c’è senz’altro quello che impone di poter investire ogni anno solo il 50% delle spese informatiche sostenute nell’anno precedente! I Comuni sono di fatto costretti a contrarre gli investimenti in innovazione e rinnovo dei propri software e hardware. Una scelta anti-storica che rasenta la follia, in uno scenario in cui invece, il web, internet, l’intelligenza artificiale, rappresentano le soluzioni semplici ai problemi complessi del rapporto tra enti locali e cittadini. Sarebbe pertanto auspicabile revocare una disposizione così paradossale, soprattutto considerando che nel frattempo la Ue sta spingendo sulla digital transformation: la Commissione ha presentato la proposta di bilancio 2021-2027 che prevede il raddoppio delle spese destinate all’innovazione digitale, su cui sono allocati ben 12 miliardi di euro, ai quali si aggiungono i 100 miliardi destinati a innovazione e ricerca attraverso i programmi Horizon e Euratom.

Incentivare investimenti in innovazione e denaro elettronico

Occorre insomma incentivare non scoraggiare gli investimenti in innovazione nei nostri Comuni. Il 50% di ciò che si risparmia grazie all’innovazione dei servizi e delle procedure deve essere investito in innovazione. I risparmi dati da software gestionali innovativi (ad esempio penso ai risparmi delle spese postali legati alla smaterializzazione) vengano obbligatoriamente investiti in nuovi software.

Da rivedere anche l’innalzamento del limite sull’uso del contante da 1.000 a 3.000: una scelta fatta dal Governo Renzi mentre Bergamo promuoveva il progetto cashless city. Sarebbe opportuno e necessario, piuttosto, lavorare seriamente per promuovere l’utilizzo del denaro elettronico, a partire dagli adempimenti verso la pubblica amministrazione.

I dati parlano chiaro e dicono che in Italia stanno aumentando i pagamenti digitali, soprattutto quelli legati all’e-commerce, ma in Europa siamo ancora il fanalino di coda. Molto si sta facendo per l’implementazione gestionale dei pagamenti elettronici e l’adesione dei Comuni, ma un tetto così alto all’uso del contante (al netto di tutte le considerazioni che si possono fare sull’incentivazione del nero) certo non aiuta.

Quello che di buono si è avviato

Molto si sta comunque facendo: le novità legate a a Spid, PagoPa e l’anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) sono passi nella direzione giusta, ovvero quella della creazione di un profilo unico per ogni cittadino-utente, in grado di poter gestire tutti i rapporti con la Pubblica Amministrazione con pochi e soprattutto semplici click.

Uno dei motori di questo sviluppo e del fatto che il nostro Paese stia recuperando il gap è certamente stato, in questi ultimi anni, Diego Piacentini.

Piacentini è uno dei massimi esperti al mondo di architetture digitali, un manager che si è fatto tredici anni in Apple e sedici ai vertici di Amazon e che, chiamato dal Governo Renzi, ha deciso di dedicare due anni della sua vita, in aspettativa e senza stipendio, per giocarsi la scommessa di cambiare, col digitale, la pubblica amministrazione italiana. Lui e il suo team stanno creando i presupposti per il grande cambiamento nel rapporto tra pubblico e cittadini. E’ un lavoro enorme che potrebbe consentire il risparmio di miliardi di euro di spesa pubblica e di migliaia di ore spese in coda per pagare o per comunicare qualcosa a una pubblica amministrazione che, da qualche parte altrove sa già tutto. Auspico fortemente che il Governo chieda a Piacentini di proseguire nel suo lavoro o che, quanto meno, garantisca continuità e coerenza rispetto al lavoro dello staff di Piacentini.

Innovazione, cosa fa Bergamo

Mi preoccupa che nel contratto di Governo non vi sia neppure una riga dedicata al tema dell’innovazione, argomento che invece dovrebbe essere uno dei cardini per lo sviluppo e la sburocratizzazione del nostro Paese.

A Bergamo stiamo lavorando proprio in questa direzione: siamo una delle città che ha aderito da subito all’ANPR, abbiamo un numero sempre crescente di servizi che si appoggiano a PagoPA (ultimo il pagamento della TARI 2018), siamo quasi pronti a lanciare l’identità digitale per i nostri concittadini.

Lavoriamo a un nuovo sito web, a forme di comunicazione sempre più aggiornate e all’implementazione delle reti informatiche della nostra città. La banda ultralarga in città è una realtà, il servizio wifi del Comune di Bergamo è uno dei fiori all’occhiello del nostro Paese, con oltre 140 hotspot, 200 mila iscritti (con una città di 120 mila abitanti) e milioni di metri quadri coperti da segnale wifi.

Lo sportello unico attività edilizie e produttive è tra i più efficienti in Italia e sperimentiamo continuamente forme di snellimento delle procedure e dei rapporti tra Amministrazione pubblica e cittadino.

È di fondamentale importanza dotarsi di un assessore all’innovazione, in grado di mettere al centro dell’agenda le politiche di questo tipo, e onestamente mi stupisco quando dei Comuni non fanno scelte di questo genere.

Lo scorso anno la nostra città figurava al 6° posto nella graduatoria i-city-rate per le smart citiy, prima città di medie dimensioni e non capoluogo di Regione in classifica: per noi questo è un grandissimo riconoscimento, non solo verso l’Amministrazione comunale, ma al territorio intero, che ha lavorato tantissimo in questi anni per cogliere al meglio i frutti della rivoluzione digitale.

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