L’innovazione nel Paese passa per forza di cose da una convinta e rilevante digitalizzazione della società e anche quindi della Pubblica Amministrazione. Il nuovo Governo ha scelto di puntare su di un nuovo Ministero dedicato a questo ed è quindi indubbio che si tratta di un punto di forza di questo nuovo esecutivo.
Aver riconosciuto la necessità di una figura istituzionale che possa porre sul tavolo della Consiglio dei Ministri i nodi che bloccano la digitalizzazione del Paese è quindi un passo avanti importante e da tempo richiesto dagli addetti del settore.
Il Ministro in alcune primissime dichiarazioni ha indicato come “buone le politiche ed i progetti sviluppati negli ultimi tre anni”, mi trovo concorde e quindi mi limito a segnalare di seguito alcune criticità che hanno rallentato o in alcuni casi bloccato gli interventi in essere.
Strategia: le priorità
Abbiamo diversi Piani (Crescita Digitale, Banda Ultra Larga, Piano Triennale per l’Informatica nella PA, Scuola Digitale, Industria 4.0, Sanità Digitale) sono tutti molto completi, sono declinate tutte o quasi gli obiettivi e le azioni che trasformerebbero il Paese. Mancano però le priorità, poche, condivise e trasversali ai settori e ai Ministeri di competenza. In un mondo a risorse finite (umane ed economiche) come quello in cui viviamo non è pensabile che si faccia tutto parallelamente. Servono pochissimi grandi obiettivi che chiariscano a tutti gli attori dell’innovazione cosa è prioritario e cosa lo è meno. Dove vanno messe le risorse, cosa non può proprio essere lasciato indietro, cosa il Paese si impegna a realizzare in un arco temporale di un anno. Serve una priorità politica, concertata con i territori e con gli stakeholders no profit e profit, a cui far tendere tutti gli sforzi. Il resto? Sarà importante sì ma meno importante;
Una governance chiara del livello nazionale
In questi anni c’è stata una costante confusione su ruoli, compiti e punti decisionali. Serve fare chiarezza in primo luogo a livello nazionale, AgID, Team Digitale, Dipartimento Innovazione presso la PCM, Ministero Innovazione, Ministero Pubblica Amministrazione, MISE, MIUR, COBUL, ecc..
Se si vuole fare sul serio serve che a livello nazionale ci sia un solo punto di caduta delle politiche di innovazione e digitalizzazione che sia in grado di rappresentare tutto il Governo. I territori sono organizzati oramai da tempo, le Regioni in seno alla Conferenza delle Regioni, le Città Metropolitane sono nelle condizioni di poter gestire una interlocuzione (sia per il ridotto numero che per il livello di competenze che possono esprimere), i Comuni hanno ANCI. Serve una governance del livello nazionale e poi serve uno spazio (uno e uno solo) di confronto e concertazione con le istituzioni territoriali (potrebbe essere all’interno della Conferenza Unificata oppure qualcosa a parte). La governance, i rapporti di cooperazione tra centro e periferia sono la chiave per cambiare il Paese, non rendersene conto e con lavorare per favorire queste dinamiche ha come sola conseguenza il fallimento e la disomogeneità territoriale;
Costituente: partire dall’esistente per disegnare il futuro
Questo processo di definizione di una priorità condivisa e la costruzione di una nuova forma stabile e chiara di governance potrebbe essere realizzato attraverso un percorso “costituente” (breve ed intenso) in cui le migliori energie, capacità, pratiche e competenze siano valorizzate. In cui siano mappati e compresi gli scenari territoriali presenti e futuri. Un percorso ci co-design che costruendo sull’esistente disegni il Paese di domani e le strade che ogni attore dovrà seguire per contribuire a tale risultato. Questo permetterebbe di non cercare soluzioni “standardizzate” da applicare a tutto il Paese, ma invece differenziare i percorsi di digitalizzazione utilizzando i punti di forza locali e aggredendo i punti di debolezza. In alcune Regioni del sud sappiamo esserci Agenda Digitali regionali particolarmente ricche in termini di fondi strutturali programmati. Alcune regioni a nord hanno sviluppato sistemi territoriali molto articolati, coinvolgendo Comuni, Unioni di Comuni, e altri EELL con modelli anche molto diversi ma che comunque vanno nella direzione di avere un punto di aggregazione e coordinamento. Altri territori hanno puntato sul ruolo trainante della città più grande (a volte metropolitana). Serve costruire una mappa multidimensionale dell’innovazione e a geometrie variabili, sulla base di un obiettivo comune e una governance chiara, stipulare dei patti per l’innovazione che assegnino compiti e obiettivi, con tempi certi e risultati veri.
Le priorità per il 2020
Alcune idee per la definizione di una priorità per il Paese per il 2020:
- Competenze digitali: serve un balzo a livello di popolo, non solo competenze professionalizzanti ma anche e soprattutto un incremento della comprensione delle potenzialità e dei rischi delle tecnologie. Serve una azione culturale imponente, pervasiva e diffusa. Vanno poi consolidate azioni stabili nelle scuole e nelle università, formazione continua per la popolazione adulta e interventi di inclusione digitale per anziani e fasce deboli;
- Data Economy: i dati sono al centro di ogni innovazione digitale in corso o programmata, le opportunità di business sono sempre più legate alla capacità di raccogliere, conservare, manipolare e utilizzare dati in modo adeguato, corretto e massivo. Serve che il Paese comprenda questa potenzialità, sia capace di trarne beneficio, applicando concetti e tecnologie complesse come machine learning, artificial intelligene, blockchain, ecc..
- Servizi online (non solo pubblici) alle imprese ed ai cittadini, serve aumentare qualità, numero e semplicità con cui i servizi sono offerti e fruiti, serve applicare più design dei servizi, diffondere piattaforme comuni, e concentrare l’esperienza degli utenti su pochi meccanismi di interazione. Ora anche l’Europa impone dei termini entro i quali adeguarsi e garantire una sorta di diritto di accesso ai servizi (con il Single Digital Gateway). In Italia abbiamo numerosi progetti, diversi approcci e innumerevoli regole non sempre coerenti le une con le altre.
Le Regioni su questo schema di gioco ci sono, ci sono sempre state e ci saranno sempre, convinte e consapevoli che la partita dell’innovazione si vince solo cooperando, non ripartendo sempre da capo, non fermando chi sta correndo.
Ultimo ma non per importanza va ricordato che ogni ipotesi di sviluppo sostenibile passa necessariamente dall’innovazione digitale, questo dovrebbe spingerci ad accelerare ancora di più, avendo come chiaro e preciso vincolo l’omogeneità territoriale che significa ridurre al massimo le “differenze” ma senza rallentare nessuno.