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I nodi della PA digitale, ecco tutti i motivi perché prosegue la Commissione d’inchiesta

La Commissione parlamentare di inchiesta sul digitale ha avuto una proroga necessaria a spingere le PA allo switch-off perché ancora tante non hanno avviato il passaggio all’ANPR e solo 7 regioni su 21 hanno nominato il responsabile alla transizione introdotto dal CAD

Pubblicato il 10 Nov 2017

Mara Mucci

già vicepresidente della commissione d’inchiesta sullo stato della digitalizzazione della PA nella XVII leg, informatica, resp. PA di Azione

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Da anni l’Italia si trova in coda alla classifica del Digital Economy and Society Index (DESI), l’indice che analizza la connettività, il capitale umano, l’uso di Internet, l’integrazione degli strumenti digitali in ambito aziendale e la digitalizzazione della pubblica amministrazione.

Lo scorso anno, per far fronte alle inadempienze da parte delle PA rispetto i “doveri digitali” è stata istituita la Commissione d’inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni e sugli investimenti complessivi riguardanti il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Le indagine hanno riguardato vari filoni, dall’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, alla gestione del Sistema Informativo Agricolo Nazionale, all’attuazione del CAD. E molto altro ancora.

Per quanto riguarda ANPR si è cercato di comprendere i problemi che hanno causato i continui ritardi nella realizzazione e implementazione del progetto. La scadenza prevista per la completa migrazione ad ANPR di tutti i comuni era la fine del 2016, ma, nonostante l’ingente stanziamento di risorse a carico del bilancio dello Stato nel corso degli anni, all’inizio dell’indagine, un solo comune era stato integrato nel sistema anagrafico.

Grazie anche all’impulso dato dalla Commissione, il progetto è uscito dalla fase di stallo e, negli ultimi mesi, 11 nuovi comuni sono migrati nell’ANPR e 720 sono in fase di pre-subentro, previsto entro la fine del 2017.

Per questo motivo si è ritenuto necessario prorogare i termini di conclusione dell’inchiesta, così da dare la possibilità alla Commissione di procedere al monitoraggio della realizzazione del progetto, ritenuta fondamentale per la digitalizzazione della PA.

Questa proroga sarà fondamentale anche per continuare le indagini sul SIAN in modo da identificare in maniera chiara il responsabile dei suoi malfunzionamenti, in vista soprattutto dell’imminente gara di appalto avente come oggetto il sistema stesso.

Bisogna tener presente che questo sistema è costato circa 85 milioni di euro l’anno. Una follia anche alla luce del risultato ottenuto.

A causa della complessità dell’indagine, le decine di audizioni svolte in pochi mesi, accompagnate dall’approfondimento della documentazione acquisita, non sono bastate per fare completa chiarezza. E’ necessario lavorarci ulteriormente.

Sempre indagando sui sistemi informativi, oggetto d’indagine è stato il sistema informativo di gestione migranti. Durante le audizioni ad esso dedicate sono emersi gravi ritardi nella messa in opera del software (che a quanto pare non esiste affatto!).

In un primo momento, la realizzazione era prevista per giugno 2017, scadenza in seguito prorogata a dicembre di quest’anno. La Commissione ha quindi preso atto dell’ulteriore rinvio, sospendendo l’indagine in attesa di nuovi sviluppi.

Grazie all’approvazione della proroga si potrà continuare a lavorare anche su questo fronte.

Quale è stato il file rouge delle indagini?

Nella maggior parte dei casi la cattiva, o assente, digitalizzazione delle Pubbliche Amministrazioni è dovuta alla carenza di competenze in capo al personale, sia nelle amministrazioni centrali sia a livello comunale o regionale.

Il Codice dell’amministrazione digitale, all’articolo 17, prevede una figura chiave per la digitalizzazione delle PA: il responsabile alla transizione al digitale.

Questa figura è stata istituita in pochissimi casi.

Qualche numero? Su 13 ministeri, solo 8, Mibact, Giustizia, MIT, Difesa, Interno, Salute, Mise, Ambiente, hanno provveduto alla nomina.

Su 14 città metropolitane soltanto 5.

Nelle regioni ci sono state soltanto 7 nomine su 21.

Ad aggravare ulteriormente il quadro, il fatto che tutte queste nomine siano avvenute successivamente all’invio delle richieste da parte della Commissione e su impulso di questa, che ha agito da pungolo nei confronti delle amministrazioni, col fine di adempiere a quanto previsto dalla normativa.

L’opportunità  per la Commissione di proseguire nel lavoro serve proprio a questo: consentire alle amministrazioni inadempienti di rispondere alle richieste di nomina dei responsabili per la transizione digitale (e verificare anche le skills delle figure scelte), in modo da monitorare, fungendo da stimolo, al corretto adempimento delle disposizioni contenute nel CAD.

Finora: 52 audizioni, per un totale di 77 ore di lavoro. Un grande quantità di documenti e atti acquisiti. Ancora qualche mese per analizzare in maniera approfondita le questioni trattate in questo ultimo anno ed affrontare le nuove prospettive di indagine che emergeranno nel corso dell’inchiesta.

Perché la latenza digitale riscontrata ad oggi delle nostre PA, diventi efficienza digitale!

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