Credo che lo scenario che si apre adesso per Agid non possa prescindere da quanto emerge dalle discussioni seguite alla notizia delle dimissioni di Alessandra Poggiani: la fragilità attuale di Agid.
Anche l’enfasi posta sulla definizione dei piani strategici, secondo alcuni commentatori, rischia di mettere in maggior rilievo uno dei problemi principali che abbiamo davanti, quello dell’attuazione, dove si sconta maggiormente la fragilità dell’Agenzia.
La fragilità dell’Agenzia
Sempre dalla discussione seguita alla notizia delle dimissioni, si nota come i punti di analisi più condivisi siano sostanzialmente tre:
1. Le grosse difficoltà dell’Agenzia nel dimensionarsi adeguatamente e con le competenze necessarie;
2. Il fatto che il tema del digitale non sia ancora valutato strategico fino in fondo. La frase “il digitale è ancora ritenuto una questione tecnica e non una priorità, trasversale a tutto il resto”, tra le più condivise in rete, non esprime un punto di vista “nuovo”, ma testimonia che questo problema non è ancora stato superato, nonostante alcune iniziative governative che vanno nella corretta direzione (dal piano per la Banda ultralarga alle iniziative di Crescita Digitale come Italia Login alle nomine di persone competenti in alcuni ruoli chiave per la strategia digitale);
3. La carenza di una efficace governance complessiva sul digitale (frammentata e insieme troppo complessa), che rende difficile il coordinamento delle iniziative sul digitale e che non favorisce il “fare squadra”. Anche qui, si tratta di un problema ereditato dai precedenti governi e che però, vedi anche l’ultimo caso dell’emendamento sulle intercettazioni sui computer, non sembra superato.
A questi credo si sommi la necessità di rafforzare il ruolo di Agid, oggi unica interfaccia per migliaia di amministrazioni su tutte le iniziative dell’Agenda Digitale, senza però ancora tutte le leve necessarie per un coordinamento efficace a livello centrale (vedi il caso di VeryBello.it) e territoriale (anche per evitare ridondanze e inadempienze).
I possibili scenari
Cosa succederà adesso?
A prescindere dall’effettiva totale corrispondenza dei contenuti delle interviste seguite alla notizia delle dimissioni, credo che i problemi qui riassunti brevemente siano reali. E penso sia difficile che il governo, nel passaggio che coinvolge adesso l’Agenzia, possa evitare di confrontarsi fino in fondo con questi problemi ancora presenti.
Certamente ci si attende che si ripercorra, magari con maggiore trasparenza, il processo di selezione che è stato attuato nel 2014 per la nomina di Alessandra Poggiani. Ma lo scenario di una semplice sostituzione mi sembra poco probabile e rischierebbe di essere percepito come un segnale di poca attenzione al tema del digitale.
Penso, per questo, che possano configurarsi due scenari alternativi:
1. si procede rapidamente con la nomina del nuovo DG, ma il governo esplicitamente rafforza il commitment sul digitale e verso l’Agenzia, intervenendo almeno sui quattro punti prima riassunti. Quindi un nuovo DG per un’Agenzia più forte e autorevole come soggetto attuatore, con una governance complessiva e più snella sull’Agenda Digitale;
2. si pone rapidamente mano all’istituzione del Dipartimento di cui si è discusso in questi ultimi mesi, che riunisca tutte le competenze di coordinamento sull’Agenda Digitale, da cui potrà dipendere una Agenzia più delineata sul fronte esclusivamente di attuazione. In questo caso è possibile che la scelta sia di sospendere la nomina del nuovo DG fino a riorganizzazione avvenuta. Anche qui sarà comunque necessario intervenire sul dimensionamento dell’Agenzia.
Il primo scenario ha il vantaggio di ridurre i danni di un rallentamento o una sospensione sull’operatività. Ogni passaggio di vertice ha degli impatti negativi sui tempi e sull’efficacia delle iniziative. L’Italia non può permettersi altri mesi di rallentamenti o sospensioni.
Il secondo scenario ha l’unico vantaggio di eliminare dall’orizzonte ipotesi di riorganizzazioni a breve (con i conseguenti risvolti negativi sulle iniziative in corso) e di “costringere” ad un passaggio unico (e più rapido) di cambiamento. Sperando che si tratti di un Dipartimento “leggero” che non comporti modifiche traumatiche sull’assetto di Agid e non obblighi a nuove opere di riaggregazione organizzativa.
L’auspicio è che, in ogni caso, i problemi si affrontino con la rapidità, la determinazione e il coraggio che questo tema, strategico per il futuro dell’Italia, richiede.