Il Ministero dello Sviluppo Economico ha avviato la consultazione sulla Strategia nazionale per Blockchain e registri distribuiti.
Nel documento si affronta anche il tema dell’identità digitale e dell’utilizzo dell’identità auto sovrana (Self Sovereign Identity – SSI).
Approfondiamo di seguito il tema della SSI e del suo possibile legame con il ben noto regolamento europeo 910/2014 (eIDAS). Questo aspetto non è referenziato nel documento in consultazione.
Le novità su blockchain nazionale e identità digitale
Le novità sono relative a come la SSI sia compatibile con il regolamento eIDAS e possa farne parte nell’ambito degli aggiornamenti che il regolamento avrà nei prossimi anni.
Il tema è nato in ambito comunitario con i lavori dell’Osservatorio e forum europeo sulla blockchain. In un’analisi generale sul tema, anche al fine di stimolare l’utilizzo di tali tecnologie nei servizi pubblici con lo scopo di rendere la burocrazia più semplice ed efficiente, l’Osservatorio sottolinea che per un efficace e benefico utilizzo della blockchain per la fornitura di servizi al cittadino, i governi devono sviluppare sistemi di identità digitale che utilizzano piattaforme realizzate in modo tale da creare un modello decentralizzato di proprietà, gestione, rappresentazione ed attestazione dell’identità di una persona.
L’identità digitale viene indicata come “prerequisito essenziale” e i governi la devono gestire in modo da garantirne la sicurezza in termini di protezione e soprattutto di univocità. L’identità “governativa” ha i suoi alfa e omega nei certificati di nascita e di morte. Peraltro i Governi ma anche il mondo privato offrono sempre di più servizi online e l’identificazione deve avvenire in modo univoco per poi procedere all’autenticazione al servizio.
Una considerazione molto efficace dell’Osservatorio è sul fatto che la più grande piattaforma virtuale costituita da Internet non dispone di un sistema di identità integrato e quindi proliferano meccanismi di attribuzione dell’identità che non sempre sono generate con metodi affidabili.
In ogni caso l’identità è a disposizione del fornitore di servizi, nel commercio elettronico, sui social network o sempre di più, per l’informazione a pagamento.
Il titolare non ha l’effettivo controllo dei propri dati; subisce la perdita accidentale o malevola che costituisce il ben noto problema del furto di identità.
Il ruolo della tecnologia dei registri distribuiti
Considerato il suo ruolo, l’Osservatorio ha individuato nella blockchain e nella tecnologia dei registri distribuiti le basi per gestire il problema mediante la SSI. Le informazioni sulla persona non sono gestite e conservate da terze parti. Le persone stesse fanno in modo che tali informazioni siano verificate.
L’Osservatorio propone l’emissione da parte dei Governi, in favore dei cittadini o di chi ne abbia diritto (tipo il permesso di soggiorno), di credenziali digitali firmate dall’emettitore istituzionale.
In questo modo si generano attestazioni sui dati anagrafici (nome, cognome, luogo e data di nascita, indirizzo e luogo di residenza, ecc.), la patente di guida, i titoli di proprietà immobiliare e fondiaria, il certificato elettorale, la capacità di sottoscrivere da remoto, ecc.
L’utilizzo è mutatis mutandis come quello del mondo reale, traslato nel mondo virtuale con rischio bassissimo di furto o falsificazioni vista la tecnologia di base utilizzata (la DLT).
Con tutta la convinzione e la tenacia dei caso l’Osservatorio ha ulteriormente sviluppato il tema con uno specifico report.
E’ in questo documento che gli esperti riprendono i lavori della DIF (Decentralized Identity Foundation) e del W3C (World Wide Web Consortium).
Questo rapporto ribadisce e specializza quanto già evidenziato nel precedente e introduce i primi concetti organizzativi, architetturali e tecnologici.
L’elemento cruciale da considerare è il DID (Decentralized Identifier) che per il W3C è:
“Gli Identificatori Decentralizzati (DIDs) sono un nuovo tipo di identificatore per identità digitali verificabili “auto sovrane”. I DID sono completamente sotto il controllo del soggetto DID, indipendentemente da qualsiasi registro distribuito, gestore dell’identità o autorità di certificazione. I DID sono URL che mettono in relazione un soggetto DID a mezzi per interazioni affidabili con quel soggetto. I DID si sostanziano in documenti DID – documenti semplici che descrivono come usare quel DID specifico. Ogni documento DID può contenere almeno tre elementi: scopi probatori, metodi di verifica ed endpoint di servizio. Gli scopi probatori sono combinati con metodi di verifica per fornire meccanismi per provare le cose. Ad esempio, un documento DID può specificare che un particolare metodo di verifica, come una chiave pubblica crittografica o un protocollo biometrico pseudonimizzato, può essere utilizzato per verificare una prova creata ai fini dell’autenticazione.
Gli endpoint di servizio consentono interazioni affidabili con il controller DID.
La Commissione Europea non ha ignorato i documenti dell’Osservatorio e sono scaturite interessanti discussioni scientifiche sulla relazione tra eIDAS e SSI.
Nel documento si creano le connessioni organizzative e tecnologiche tra i due mondi. Nel capitolo 4 di questo documento si descrive come connettere il DID con le identità conformi alle regole di eiDAS.
Si prendono in considerazione i meccanismi basati sulla notifica degli schemi di identificazione (in Italia sono notificati il Sistema Pubblico di Identità Digitale – SPID e la Carta d’Identità Elettronica – CIE).
La descrizione è di alcune pagine e quindi anche la sintesi è incompatibile con un articolo. Il lettore può leggere direttamente la descrizione che comporta la conoscenza del regolamento eIDAS che comunque è ripreso nei suoi punti di riferimento e ben utilizzato allo scopo.
I rapporti legali tra SSI e il regolamento eIDAS
Il lavoro della Commissione Europea è proseguito con un recente (aprile 2020) documento sui rapporti legali tra SSI e il regolamento eIDAS.
Il documento è intitolato “SSI eIDAS Legal Report – How eIDAS can legally support digital identity and trustworthy DLT-based transactions in the Digital Single Market”.
Questo documento è un notevolissimo lavoro di 150 pagine che analizza in modo efficace le evoluzioni sociali e legali che partono dalla “trasformazione dell’identità digitale”.
Esistono delle implementazioni che possono essere utilizzate come esempio o anche come base per progetti più complessi.
Il lettore che volesse approfondire questi particolari scenari può leggere della Sovrin Foundation (www.sovrin.org) e dell’ecosistema che è stato creato per supportare la SSI. Nell’ambito del Sovrin Founding Steward program (sovrin.org/stewards/ è stata realizzata la piattaforma DIZME (This Is Me) che ha lo scopo di aggiungere alla conformità al regolamento eiDAS le tematiche del mondo della SSI.
Un altro caso interessante è l’utilizzo della piattaforma Ethereum a scopi di supporto della SSI. Si tratta dell’APP uPort attiva da circa tre anni nel Comune svizzero di ZUG.
In questa sede sono state numerose le iniziative pratiche con la più originale di natura turistica. Tramite il sistema di SSI è possibile accedere a un sistema di bike sharing.
Maggiori informazioni e stato dell’arte si possono trovare sul sito (in tedesco).
Conclusioni
Nei vari documenti citati non si è mai inconsapevoli delle problematiche che devono essere affrontate e che rimangono parzialmente irrisolte.
Il cittadino deve essere supportato per le tematiche di awareness connesse all’identità auto sovrana. Un tema cruciale è quello del controllo dei propri dati proprio perché lo stesso è diretto. Serve piena consapevolezza sulle cautele da utilizzare e sulle modalità “sicure” di recupero di dispositivi (es. Smartphone) o di password.
Da regolamentare nei nuovi scenari è anche il tema dell’azione anonima nell’utilizzo dei servizi di rete.
Non può mancare il tema della protezione dei dati personali ai sensi dell’altro regolamento europeo 679/2016 (GdPR) e altrettanto importanti i temi dell’accessibilità e del divario digitale.
La certezza che abbiamo è che il tema è in rapido e costante sviluppo e anche il nostro Paese se ne dovrebbe occupare in modo puntuale e strutturato. Altrimenti saremo costretti ad applicare (subendole) regole fatte da altri e non necessariamente adatte al nostro contesto sociale e culturale in ambito digitale).