Oggi la nostra identità digitale è una realtà. Non è un obiettivo comunitario, non è un adempimento burocratico, non è tantomeno (ma è opportuno precisarlo) una forma di controllo. Nel momento in cui un italiano vive in media dalle 5 alle 7 ore all’interno di un dispositivo elettronico, nel momento in cui i nostri dati anagrafici sono dematerializzati, nel momento in cui il nostro stato di salute è contenuto nel fascicolo sanitario elettronico, nel momento in cui la situazione scolastica dei nostri figli è digitalizzata e, soprattutto, nel momento in cui la nostra identità è digitale sotto forma di SpID, CIE o CNS, tutto questo significa che la nostra vita è tanto offline quanto online. Tant’è che, qualcuno, senza azzardi apocalittici, parla di “on-life”, ovvero di una esistenza digitale e connessa.
Identità digitale e ambiente: le tutele della Carta costituzionale
Questa nostra presenza capillare nella Rete impone, oggi, una riflessione più seria e non più rimandabile anche a livello costituzionale, perché è nella nostra Carta, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, che trova fondamento la tutela dei diritti fondamentali della persona. Persona che oggi vive anche nell’ambiente digitale.
Tocco il tema dell’ambiente non a caso. Nel febbraio del 2022 la Costituzione venne aggiornata con l’introduzione di un principio sacrosanto, anche se di per sé già riconosciuto: la tutela dell’ambiente, concetto inserito negli articoli 9 e 41. Oggi non è avventato invitare alla riflessione sulla possibilità di inserire la tutela dell’identità digitale all’interno della nostra Carta.
Come l’identità digitale ridefinisce i rapporti tra cittadini e PA
L’articolo 1 del Codice dell’amministrazione digitale definisce l’identità digitale “la rappresentazione informatica della corrispondenza tra un utente e i suoi attributi identificativi, verificata attraverso l’insieme dei dati raccolti e registrati in forma digitale”.
È un concetto fondamentale, in quanto ridefinisce il rapporto tra cittadino e amministrazione. La digitalizzazione che negli ultimi anni ha investito i processi della PA è stata fondamentale per mantenere efficiente l’erogazione dei servizi al cittadino, soprattutto durante la pandemia.
Si pensi a titolo esemplificativo al c.d. “Decreto Semplificazioni” che ha imposto, a partire dal 28 febbraio 2021, a tutti gli enti della P.A., di consentire ai cittadini di accedere ai propri servizi digitali previa identificazione informatica, effettuata esclusivamente con l’identità digitale, ossia tramite carta d’identità digitale o SPID.
Il diritto all’identità digitale per l’esercizio di tutti i diritti della personalità
Ma la tutela dell’identità digitale non rileva solo nel rapporto tra cittadino e P.A.
Assume una rilevanza che va di pari passo con l’evoluzione tecnologica: dall’avvento dei social network, l’estrinsecazione della nostra personalità avviene sempre più nell’ambiente digitale e le recenti tecnologie, come il Metaverso e l’intelligenza artificiale, sono destinate ad amplificare il fenomeno attraverso un vero e proprio mutamento delle dinamiche di interazione sociale.
Non sappiamo se e quali innovazioni si svilupperanno, ma ciò che è certo è che il digitale/virtuale è un ambiente al pari di quello analogico/reale.
Il diritto all’identità digitale deve essere quindi concepito in modo più ampio, ossia come il diritto alla rappresentazione integrale e aggiornata delle proprie identità in rete, finalizzata all’esercizio di tutti i diritti della personalità, ossia quei diritti assoluti che spettano all’essere persona in quanto tale, poiché diretti ad affermare e garantire esigenze di carattere esistenziale.
La proposta di modifica dell’art. 2 della Costituzione
È per questo che, già nel 2019, è stata presentata la PDL costituzionale n. 2016 che ha proposto di modificare l’art. 22 della Costituzione.
Accanto alla tutela della capacità giuridica, della cittadinanza e del nome, la proposta ha ad oggetto l’inserimento di un secondo comma in cui si prevede che “La Repubblica tutela il diritto all’identità, anche digitale, di ogni persona”.
Ma forse è proprio grazie a una modifica dell’articolo 2 della Costituzione che si innalzerebbe il livello di tutela, andando cioè a toccare i Principi fondamentali della Costituzione.
In proposito, l’art. 2 afferma che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Se è vero che l’art. 2 è una norma di carattere aperto, che consente di attribuire valenza di diritti fondamentali anche a quelli che, seppur non contemplati espressamente dalla Costituzione, diventano tali alla luce dell’evoluzione della società, mettere nero su bianco che la rete è una delle formazioni sociali in cui si esercitano i diritti fondamentali, rafforzerebbe la tutela di tali diritti fondamentali ivi esercitati, compresa l’identità digitale.
Conclusioni
In poche parole, verrebbe data rilevanza costituzionale a una protezione a tutto tondo dell’individuo senza soluzione di continuità fra offline e online.
D’altronde, la recente legge costituzionale 1/2022 ha dimostrato che, quando viene riconosciuta la preminenza di diritti non espressamente enucleati nel testo costituzionale, come quello della tutela dell’ambiente ora espressamente prevista negli artt. 9 e 41 Cost., l’integrazione dei Principi fondamentali della Costituzione si rivela lo strumento di tutela più idoneo.