Sbiancava dalla finestra quadrata. Piccola. Dei palazzi antichi. Invadeva un angolo. Accecandolo. Due farfalle si inerpicavano sui raggi del sole. Il fulgore dalla piazza. Il frastuono della piazza. Nell’ombra Harmess. Alto. Forte. Incredulo. Solo. Le tante stanze. Lo specchio sgraffiato. Flessato un poco. S’impensieriva. Misurava Harmess. Muscolava. Abbracciava Harmess.
“Questo è nudo, quindi vestito!… È il primo che intercettiamo! Questo ha la prima delle memorie vestanti! Corriamo agenti!…” Akila Khaspros, la comandante della Memory Squad 11, esaltava gli occhi. Il bus rosso, due piani, oscillava lo schermo. Levigava i lastroni. Accalorava gli agenti. Stancava l’autista. Stropicciava gli abiti. Meditava le curve. Rinfacciava i palazzi. Spaventava i vicoli. Ingelosiva la solitudine.
“Non c’è altra possibilità… Dobbiamo sorprenderlo… e abbatterlo…” La comandante Khaspros zittiva il suo silenzio. Il silenzio è come la fede, ti esiste a prescindere. Il chiasso è come l’umore. Combatte a mani nude. Il bus chiassava ogni vetrina. Le biciclette silenziavano. Gli agenti nell’androne. Sullo scalone. “È in casa… abbiamo l’accesso… senza memorie connesse, dopo il grande ictus mnemonico, l’intrusione è come una volta… bastano due aghi…” Gli agenti felpano. La porta spinta. Il palquet si lamenta.
Harmess si ritrae. Le due farfalle bianche sfilano via. Harmess sente. Un calpestio. S’infila. Nella biblioteca di casa. Antica. Minuta. Buia. “Se mi prendono… mi scuoiano vivo…” Harmess strangola il fiato.
Gli agenti corridoiano ventidue stanze. “Questo vive in una reggia!” ammira Stefano Magli, l’agente della Memoria Antica della squadra.
“Ricordatevi la sua memoria connessa è l’unica mamoria vestante che abbiamo trovato…” La comandante si assolve.
“Dobbiamo sfilargliela… ma si riesce solo se cadavere… la prima vestante non si può togliere, si sfila dal corpo… le memorie ci hanno vestito negli ultimi cento anni…” pittimava l’agente Magli… “Io ne avevo per diciotto abiti…”
Harmess afferra il silenzio. Corrotto da una porta socchiusa. Il fiato arranca nel buio. Totale. Chiude gli occhi. Ora inutili. La porta si apre. Entra la luce del sole di piazza. Luccica il fendente. Attende la lama. Stefano Magli cala la mano. Desidera Harmess. Lo vede nel sangue. Afferra la memoria vestante. Stringe le dita. Ma memoria si scioglie nel palmo. La prima pelle svanisce. Harmess è nudo. Ma vivo.
(59-continua)