l'intervento

Quintarelli: “Miglioriamo l’identità digitale pubblica, qualche idea per il sottosegretario Butti”

Il padre di Spid specifica alcuni punti chiave da cui partire per una migliore usabilità dell’identità digitale pubblica, cogliendo lo spunto dato dal sottosegretario Alessio Butti. L’identità digitale italiana è una eccellenza presa ad esempio nel mondo ma possiamo fare di più

Pubblicato il 23 Dic 2022

Stefano Quintarelli

Imprenditore digitale, già parlamentare e ideatore di Spid nel 2012

spid

E’ condivisibile l’esortazione del Sottosegretario Butti verso la semplificazione del sistema di identità digitale italiano e per superare la dicotomia tra Carta di Identità Elettronica (CIE) e SPID a favore di una maggiore usabilità.

Credo opportuno innanzitutto chiarire un concetto: il termine “identità digitale” può apparire fuorviante; non a caso nelle mie FAQ “SPID spiegato alla mia famiglia” scrissi che, se potessi tornare indietro, cambierei il nome  “identità digitale” che è corretto dal punto di vista tecnologico ma talvolta si può prestare ad equivoci da parte di non tecnologi. I documenti di identità sono rilasciati solamente dallo Stato. I fornitori di servizi di autenticazione chiamati “identity provider” si basano sui tali documenti per gestire un servizio di autenticazione online.

Idea condivisibile: accrescere l’offerta pubblica di identità digitale

Ferme restando le norme europee, ritengo condivisibile l’idea di accrescere l’offerta pubblica di identità digitale per i cittadini che lo desiderano, in particolare con smartcard o con controllo biometrico, per il cosiddetto “livello 3” che in futuro potrebbe essere necessario per le nuove funzioni di “digital wallet”, attualmente in discussione a livello europeo.

Chiudere Spid? Ma la CIE non può ancora sostituirlo, ecco perché

Già nella legge istitutiva di SPID nel 2013 avevamo previsto infatti che i fornitori di servizi di autenticazione potessero essere soggetti pubblici e privati. Non un solo soggetto, perché sarebbe un punto di fragilità dal punto di vista cyber ed anche non esclusivamente pubblici in quanto le norme europee consentono a soggetti di qualunque paese di operare negli altri; escludere soggetti privati italiani significherebbe rendere l’Italia terreno di conquista di operatori privati stranieri, indebolendo gli operatori italiani del settore, operatori italiani che oggi – giova ricordarlo – offrono i propri servizi in altri paesi europei ed in sudamerica.

Una eccellenza da supportare e sviluppare. A testimonianza dell’interesse del mercato italiano da parte di operatori esteri vale la pena rilevare la loro presenza già oggi tra i finanziatori degli studi sul mercato italiano dell’identità digitale svolti dagli Osservatori del Politecnico di Milano.

Per ora in Italia operano 11 fornitori di servizi di autenticazione, tutti italiani. Nove sono società private che già offrono altri servizi fiduciari digitali secondo le regole UE, quali firma digitale, sigilli digitali e posta elettronica certificata. Due tra questi fornitori sono aziende pubbliche, Lepida e Poligrafico dello Stato (IPZS), che offrono servizi di autenticazione rispettivamente basandosi sulle regole tecniche SPID e CIE.

A novembre 2022 in Italia vi sono oltre 33 milioni di credenziali SPID e poco meno di 33 milioni di CIE.

Con la fine dell’anno festeggeremo un primato mondiale: il superamento di un miliardo di autenticazioni con un servizio di identità digitale. Di queste, il 98% avviene tramite SPID ed il 2% avviene tramite CIE. Ha quindi ragione il Sottosegretario quando afferma la necessità di migliorare il sistema CIE. L’aumento dell’utilizzo da parte dei cittadini non va però cercato eliminando le alternative (a scapito di imprese italiane come detto sopra) bensì aumentando la qualità del servizio offerto.

Vanno migliorati i tempi e usabilità della CIE

Come correttamente osserva il Sottosegretario Butti, va ridotto il tempo di emissione che oggi in alcune città italiane può richiedere oltre due mesi. Sebbene il rilascio da remoto sarà impedito dalla necessità di acquisizione ed inserimento nella tessera delle impronte digitali dei cittadini, molto può essere comunque fatto per ridurre i tempi, specie in caso di smarrimento e riemissione: non è pensabile che in tale evenienza una persona non possa più accedere online per due mesi come in molti casi accade oggi.

Da emigrati in Sudamerica, dove dagli anni ‘70 vive la metà della mia famiglia, siamo stati attivi sostenitori dei comitati che si adoperavano per riavvicinare all’Italia i cittadini residenti all’estero. Solo una parte degli oltre 4 milioni di italiani residenti all’estero oggi può avere la CIE. Quando si pensa all’inclusività non possono essere trascurati i nostri connazionali, tanto più che i servizi consolari sono accessibili tramite SPID.

L’opportunità di migliorare l’usabilità della CIE è anche dimostrata da uno studio degli Osservatori del Politecnico di Milano che rileva che il tempo mediamente impiegato da un cittadino per autenticarsi usando SPID è circa pari a quello necessario per accedere all’home banking mentre il tempo necessario per accedere con CIE è circa il doppio. Ci sono ampi spazi di miglioramento.

Perché chiudere Spid sarebbe grave perdita per gli italiani

  • E’ altresì opportuno aumentare l’usabilità di SPID a vantaggio delle persone meno avvezze al digitale. Per questo è urgente estendere il sistema di gestione delle deleghe dalle attuali tre città sperimentali (Cesena, Genova e Roma) a tutto il territorio nazionale. In questo modo, ad esempio, gli anziani potranno delegare qualsiasi attività online a figli o CAF come fosse una normale delega cartacea, i dirigenti d’azienda potranno delegare le/gli assistenti, i professionisti potranno delegare avvocati e commercialisti.
  • Sempre dal punto di vista dell’usabilità, sarebbe a mio avviso da eliminare il menu di scelta iniziale del fornitore di servizio di autenticazione. Ciò può essere determinato con semplici misure tecniche e costi ridotti.
  • Mi pare anche opportuno valutare di offrire agli utenti la possibilità di utilizzare tecniche biometriche rispettose del GDPR, in particolare per quanto riguarda il “livello 3”, sulla falsariga della proposta francese e come alternativa alle smartcard sostenute dai tedeschi (ne sono un importante produttore). Queste attività potrebbero peraltro essere finanziabili con gli oltre 200 milioni di Euro che il PNRR prevede per la diffusione dell’identità digitale.

Il valore miliardario dell’identità digitale per l’Italia

E’ compito degli economisti stimare i molti miliardi di euro di ricadute positive dell’identità digitale tra effetti sull’economia, risparmi per i fornitori di servizi, efficientamento della PA e oneri di sistema sostenuti dagli operatori.  Ma non è del tutto vero che SPID non presenti nessun costo per lo Stato. Vi sono costi estremamente contenuti per la vigilanza di SPID, indispensabile per assicurare la fiducia nel sistema da parte dei cittadini italiani ed europei (le credenziali possono essere usate ed accettate da amministrazioni di altri paesi europei).

La fiducia è un capitale che costa molto costruire e che si può dilapidare velocemente, come ci hanno insegnato anche le reazioni nei confronti del controllo unico del green pass.

Se una attenta valutazione dei costi in rapporto all’utilizzo, al welfare generato ed ai rischi è opportuna per qualunque sistema, lo e ancor di più per un sistema fiduciario.

In conclusione

Condivido quindi con il Sottosegretario l’importanza di rafforzare la fiducia nel sistema e quindi le garanzie per cittadini e imprese.

  • Per quanto riguarda la CIE, la vigilanza è collocata sotto l’autorità del Ministro degli Interni pro tempore.
  • Oggi i dieci fornitori di servizio che seguono le regole tecniche SPID sono invece vigilati, dalla magistratura, da AgID e dal Garante della Privacy, a maggiore garanzia dei cittadini. Tra questi dieci fornitori vi è la società pubblica Lepida; l’altra società pubblica, IPZS, invece non è sottoposta a pari vincoli e una riflessione in tale senso sarebbe opportuna, proprio per rinforzare il sistema di garanzie.

Posso testimoniare la correttezza, precisione ed integrità del sistema di vigilanza e dei funzionari che la esercitano. Ne sono direttamente a conoscenza perché sulle sanzioni irrogate dalla funzione di vigilanza si esprimeva il Comitato di Indirizzo di AgID che ho avuto il privilegio di presiedere per otto anni sotto cinque governi di ogni colore politico (organo sfortunatamente soppresso un anno fa). In questo periodo le ispezioni effettuate sono state molte e i casi sanzionati plurimi.

L’identità digitale italiana è una eccellenza presa ad esempio nel mondo. Possiamo fare di più, sempre con un attenta valutazione di costi e benefici, per efficientare i processi riducendo i tempi, semplificando l’utilizzo (in particolare per le persone digitalmente meno spigliate), aumentando le garanzie per i cittadini e rinforzando ed aiutando le aziende italiane ad espandersi in Europa anche con ulteriori servizi innovativi.

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