Proviamo a rovesciare la logica con la quale leggiamo il CAD.
Il CAD è sicuramente un provvedimento che prevede che le Pubbliche Amministrazioni cambino il loro modello organizzativo. In questo senso il CAD non è una legge sull’informatica nel settore pubblico. Il CAD è una legge sui procedimenti amministrativi.
La lettura del CAD è quindi rivolta ai cambiamenti che una Pubblica Amministrazione deve programmare per rispondere alle prescrizioni dettate dal legislatore.
Ma il CAD è soprattutto una legge che disegna alcuni importanti e nuovi diritti per i cittadini.
Meglio, la Pubblica Amministrazione cambierà vestito se i cittadini conosceranno e quindi eserciteranno i loro nuovi diritti digitali.
- Il cittadino ha il diritto ad avere un domicilio digitale.
- Il cittadino ha il diritto ad avere una identità digitale.
- Il cittadino ha il diritto ad effettuare pagamenti utilizzando le piattaforme digitali.
- Soprattutto, il cittadino, attraverso le piattaforme digitali, ha il diritto a partecipare ad un procedimento amministrativo che lo riguardi.
L’importanza dei nuovi diritti digitali
Il digitale diventa quindi lo strumento attraverso il quale i cittadini possono esercitare i diritti sanciti inequivocabilmente dalla Legge.
Il cittadino può quindi organizzarsi, ricorrere, pretendere l’esercizio dei diritti sanciti dal CAD.
Non si tratta, ovviamente, di diritti astratti. Si tratta concretamente dell’opportunità per il cittadino di cambiare il modo di fruire dei servizi che una PA ha l’obbligo di offrire.
In un qualche modo il CAD integra e completa il diritto all’accesso –il FOIA– introdotto nell’ordinamento italiano attraverso il Decreto Legge 97/2016.
Da quando entrano in vigore le prescrizioni introdotte dal CAD? Da subito! “Ma, la mia Amministrazione non è pronta!” “Non importa, all’esercizio di un diritto esercitato da un cittadino, si risponde con il dovere ad innovare”.
I tempi dell’innovazione digitale della PA potrebbero essere, in larga parte, dettati dalla crescita dalla coscienza e dalla consapevolezza dei cittadini.
Ciò che voglio dire è che i tempi e le modalità dell’innovazione di un Amministrazione non saranno più il frutto di una decisione interna alla struttura.
I tempi e i modi di innovare per una Pubblica Amministrazione devono essere il risultato di un difficile equilibrio tra i tempi dell’innovazione digitale (definiti, certi, pianificati, codificati nel PEG, nel DUP, nel PTCPT), le disposizioni regolamentari (il ruolo dell’AGID), il maturare della consapevolezza dei diritti da parte dei cittadini.
Francamente, non so se il legislatore fosse pienamente consapevole del processo, davvero innovativo, costruito a partire dalla 179/2016, fino alla recente 217/2017. Sicuramente il risultato finale è quello che ho provato a delineare nelle righe precedenti.
Ovviamente, e mi rivolgo ai facili critici, mai soddisfatti, SPID poteva essere concepito diversamente, sicuramente PAGOPA non risponde al massimo delle tecnologie digitali disponibili, ma, assieme ai siti istituzionali di nuova generazione, sono gli strumenti che il cittadino ha il “DIRITTO” di utilizzare come condizione per esercitare diritti.
Altra scontata obiezione “Ci saranno delle proroghe!”. Fino ad ora le speranze di conservazione dello status quo erano affidate alle continue proroghe.
Lo scetticismo verso il cambiamento era fondato sulla “certezza della proroga”.
Perché è inutile aspettare una proroga dei nuovi doveri PA
Sbagliato. Il nuovo CAD separa nettamente la funzione legislativa deputate a dettare le regole e stabilire/precisare i diritti dei cittadini e la fase “puntuale”, “regolamentare” che spetta all’AGID.
Facciamo un esempio. Il processo di fascicolazione e i principi che lo regolano fino ad ora erano demandati a forme regolamentari dettate da DPCM (in primis il DPCM 29 novembre 2014). Ad oggi, finalmente, la parte regolamentare è affidata, attraverso un processo semplice e trasparente, ad AGID. I tempi dell’innovazione digitale e della società non sono quelli del processo legislativo.
Se non realizzerà in tempi rapidi il “domicilio digitale del cittadino” la responsabilità sarà in capo all’AGID che non ha provveduto a svolgere la sua funzione normativa; le regole che dovrebbero innovare il processo di fascicolazione e conservazione per consentire al cittadino il diritto alla partecipazione al procedimento amministrativo che lo riguarda, sono in capo all’AGID. E così via.
Il legislatore ha già dettato i principi e le regole, il Piano triennale per l’informatica nella PA ha dettato le linee guida e, soprattutto i tempi e le responsabilità.
Oggi siamo all’operatività.
Quindi, cara AGID, datti una smossa. Il tuo ruolo e il tuo potere sono straordinariamente importanti.
Introduco ora qualche riflessione sull’ambito di applicazione del CAD e sull’esercizio dei diritti da parte dei cittadini.
Nel senso comune, nel mondo pubblico, il soggetto nel quale abbiamo identificato la responsabilità dei “diritti negati” è stato il Comune. Il Comune è il luogo dei vizi della Pubblica Amministrazione.
I nuovi doveri delle imprese che gestiscono servizi di pubblico interesse
Il CAD introduce invece un altro ambito di soggetti pubblici verso i quali esercitare i nostri diritti.
Il mondo delle imprese, anche di diritto privato, che gestiscono servizi di pubblico interesse entrano nell’ambito di applicazione del CAD.
L’art. 2 comma 2) dice esplicitamente che la normativa del CAD va estesa “ai gestori di servizi pubblici, ivi comprese le società quotate, in relazione ai servizi di pubblico interesse”.
La gestione dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia, del trasporto pubblico rientrano a tutti gli effetti negli ambiti in cui il cittadino potrà esercitare il proprio diritto.
Do per scontato un rinnovato interesse verso la gestione della sanità pubblica.
A questo punto potranno mutare le relazioni tra i Comuni e le aziende che gestiscono i servizi di pubblico interesse. Non solo queste ultime sono obbligate a fornire in formato digitale i flussi documentali, soprattutto andranno accelerati i processi di interoperabilità e di scambio di dati tra il mondo delle Autonomie Locali e quello delle imprese che gestiscono i pubblici servizi.
Questo scambio virtuoso di dati potrebbe generare la diffusione di conoscenze e di informazioni assolutamente utili alle Amministrazioni. Ad esempio, l’incrocio tra i dati anagrafici e quelli inerenti la gestione dei servizi di pubblico interesse potrà raccontare, ad un pubblico amministratore attento ed innovatore, una città con occhi diversi e maggiormente informati. Si potranno veramente immaginare politiche di gestione della finanza pubblica e dei pubblici servizi informate dalla predittività.
Un’ultima considerazione. Più volte ho affermato l’idea che i processi di innovazione nella Pubblica Amministrazione non potranno affermarsi per “linee interne” in modo autoreferenziale.
Egualmente non penso che abbia successo, nel tempo, l’attività di gruppi ristretti di illuminati che predicano, spesso in modo sprezzante, la “verità digitale” ai cittadini e alle Pubbliche Amministrazioni.
Lo scarso successo degli open data rivolti ai cittadini, per fare un esempio, è la dimostrazione palese di tutto ciò.
Dobbiamo pensare che la chiave per accelerare i processi necessari di cambiamento nella PA stanno sicuramente nella diffusione di una cultura diversa dell’organizzazione e della gestione –ecco definito il ruolo dei manager per la transizione digitale-, soprattutto deve diffondersi una domanda pressante di diritti/servizi da parte dei cittadini.
Anche questo mondo, quello dell’innovazione nel pubblico, si basa sulla legge della domanda dell’offerta.
Il bisogno di cambiamento deve venire prevalentemente dai cittadini. Gli strumenti ci sono già tutti.