La proposta

Il Codice della Sanità Digitale, come farlo

La seconda puntata dell’analisi su come lo Stato può ridurre i costi sanitari senza perdere né in qualità né in quantità di servizi erogati.

Pubblicato il 30 Nov 2012

Paolo Colli Franzone

presidente, Osservatorio Netics

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E’ possibile tagliare i costi sanitari senza danni al cittadino. Ma bisogna agira secondo le linee di un Codice della Sanità Digitale, strutturato e rigoroso. Dopo l’articolo introduttivo, passiamo ai punti pratici di realizzazione.

In sintesi, questo auspicato Codice della Sanità Digitale dovrebbe enunciare:

1) Il diritto di ogni assistito, indipendentemente dalla sua Regione di appartenenza, a intrattenere “rapporti digitali” con qualsiasi soggetto riferibile e/o coinvolto nel Servizio Sanitario (enti, ASL, ospedali pubblici e privati, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti, farmacie, laboratori di diagnostica, ecc.).

Si tratta di affermare il principio in base al quale ogni cittadino italiano (ed ogni altro utente più o meno occasionale del servizio sanitario) può utilizzare le tecnologie dell’informazione per accedere a servizi e concludere transazioni (prenotazioni, pagamenti, ritiro referti, ecc.) con qualsiasi soggetto afferente al sistema sanitario (pubblico e/o privato).

Si offre agli assistiti, in sostanza, la possibilità di risparmiare tempo e denaro per spostamenti, attese allo sportello e/o ai call center dei Centri Unici di Prenotazione (CUP).

Generando “automaticamente” un circuito virtuoso di dematerializzazione di tutti i flussi informativi all’interno dell’ecosistema sanitario, con evidenti economie di gestione e velocizzazione dei processi.

2) Il dovere, per ciascun soggetto riferibile e/o coinvolto nel Servizio Sanitario, di mettere a disposizione del pubblico tutti i servizi attraverso la rete.

Questa declaratoria si pone come “rovescio della medaglia” rispetto alla precedente: al diritto per l’assistito corrisponde un preciso dovere (sancito ex lege) per tutti gli operatori afferenti al servizio sanitario.

Di fatto, si sancisce pari e piena dignità al “digitale” rispetto al modus operandi “tradizionale”, ponendo le basi per una roadmap verso un più o meno futuro “digital switch-over”.

3) Il dovere, per ciascuna Azienda Sanitaria Locale, di uniformare il proprio sistema amministrativo-contabile garantendo l’alimentazione di flussi informativi normalizzati (standard) capaci di fornire alle Regioni e allo Stato situazioni aggiornate e confrontabili.

Pur nel rispetto dell’autonomia decisionale di ciascuna ASL, si impone (come tra l’altro anche previsto dal decreto legislativo 118/2011 in materia di federalismo fiscale) la necessità di addivenire ad una rapida e piena armonizzazione dei sistemi amministrativo-contabili in modo da garantire la possibilità – per le Regioni – di produrre un bilancio consolidato (preventivo e consuntivo) dell’intero sistema sanitario.

L’adozione di piani dei conti, codifiche, metodologie di rappresentazione dei fatti gestionali e contabili consente tra l’altro un monitoraggio in tempo tendente al reale delle dinamiche di spesa e dei flussi di cassa, garantendo un notevole efficientamento dei sistemi sanitari regionali.

4) Il dovere, per tutti i soggetti erogatori di prestazioni sanitarie (ospedali, medici, farmacie, ecc.) di avvalersi delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni come strumento imprescindibile e insostituibile di lavoro.

Questa declaratoria si configura come “strategica”: si sancisce l’imprescindibilità e l’insostituibilità delle ICT all’interno del sistema sanitario nazionale, con evidenti ricadute immediate. Di fatto, si dice “nessun operatore direttamente o indirettamente afferente al servizio sanitario può “opporre resistenza” rispetto ad azioni di digitalizzazione decise dal legislatore.

Non è un dettaglio, se si pensa alle non troppo lontane nel tempo resistenze opposte dalle rappresentanze sindacali dei medici di medicina generale rispetto all’introduzione obbligatoria dell’e-prescription, ma anche alle resistenze qua e là ancora opposte rispetto all’adozione della cartella clinica digitale.

5) Il divieto, fatti salvi casi di assoluta e dimostrabile inapplicabilità, di utilizzare supporti fisici (carta, pellicole, altro) per la veicolazione interna ed esterna di documenti, referti, immagini prodotti nel corso dell’operatività quotidiana.

I costi dei “supporti fisici” per i documenti clinici (non affatto marginali, se si pensa alla enorme quantità di referti, lettere di dimissione, cartelle cliniche, ma soprattutto alle pellicole utilizzate nella diagnostica per immagini) possono essere praticamente azzerati attraverso un’operazione di dematerializzazione che non può che partire da una declaratoria “di divieto” (fatte salve le eccezioni documentate).

Peraltro, questa radicale dematerializzazione trova la sua naturale corrispondenza nell’affermazione (contenuta nel decreto “Crescita 2.0”) della primazia di strumenti come il Fascicolo Sanitario e la Cartella Clinica Elettronica (di fatto, il supporto fisico diventerà sempre più inutile).

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