PoliS Lombardia in collaborazione con il Politecnico di Milano ha realizzato uno studio sulla digitalizzazione del territorio per Regione Lombardia che è stato presentato al Consiglio regionale e agli Enti locali lo scorso 02 maggio. Tale studio, seppur calato su uno specifico territorio, fornisce un quadro interessante della complessità delle sfide in capo alle Regioni e agli Enti Locali in tema di digitale per i prossimi anni.
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La Lombardia nel quadro nazionale e europeo
Nel quadro nazionale, la Lombardia primeggia nel DESI regionale, l’indice composito elaborato annualmente dal Politecnico di Milano che rispecchia le dimensioni dell’indice Digital Economy and Society Index della Commissione Europea. Tuttavia, la distanza da colmare con la media europea resta significativa per tutte le regioni italiane, anche quelle che occupano le prime posizioni. Uno sguardo di dettaglio agli indicatori ci dice infatti che, ad esempio, per il possesso di competenze digitali avanzate tra i cittadini la Lombardia è terza in Italia con il 26,4%, ma la media europea è del 31,1%.
Il gap con l’Europa si allarga per il numero di individui che hanno interagito online con la PA, che nel 2020 era del 38% in Lombardia, contro il 48% della provincia di Trento (prima regione italiana) e il 64,5% della media europea.
Punteggio delle regioni italiane sul DESI regionale 2021. Fonte: elaborazione su dati Eurostat (2020)
Lo studio risponde dunque all’esigenza di conoscenza del territorio per un orientamento informato e data-driven delle decisioni e per un migliore design delle politiche pubbliche. Le dimensioni della digitalizzazione fotografate in questo lavoro sono la connettività del territorio (diffusione della banda ultra larga), le pratiche di sanità digitale e telemedicina e il settore scolastico, ambiti su cui si concentrano fondi PNRR. L’esercizio di analisi si è svolto attraverso la creazione di un cruscotto di indicatori contenente i dati più aggiornati e più granulari disponibili, dati sostanziati grazie all’ascolto degli stakeholder (tramite interviste) per una rilevazione a tutto tondo delle dinamiche di trasformazione digitale e i meccanismi da essa innescati.
Banda Ultra Larga
Le prime osservazioni da fare sulla diffusione della Banda Ultra Larga dipendono proprio dai dati sulla connettività (che il DESI regionale parzialmente riassume) e che mostrano che ancora molto resta da fare, soprattutto considerando che la Lombardia rappresenta la regione con il maggior numero di unità abitative (1.315.152) da coprire con la connessione veloce. Senza una connettività robusta, infatti, non si possono cogliere completamente i benefici associati allo sviluppo delle infrastrutture fisiche (come il Cloud) e immateriali (come SPID).
La strategia nazionale vigente in materia è la Strategia Italiana per la Banda Ultralarga , quadro nazionale di riferimento sviluppato nel 2015 e aggiornato a novembre 2021, che include gli interventi diretti, operati da Infratel (in-house del MISE), e indiretti, operati da OpenFiber SpA sulla base di una concessione per portare la connessione a 100mbps in tutta Italia. In attuazione del PNNR si aggiunge alla Strategia il Piano Italia a 1 Giga – Verso la Gigabit Society (PDF) che ambisce alla connessione di tutte le abitazioni a 1gbps grazie a uno stanziamento di circa 3,8 miliardi di euro. In Lombardia sono stati mappati 397.008 numeri civici da coprire, con un contributo pubblico di 209.934.821€. La connessione a 1gbps è uno degli obiettivi stabiliti dal Digital Compass per tutta l’Europa entro il 2030, tuttavia, essendo il Piano sostenuto dei fondi del PNRR dovrà essere raggiunto in Italia entro 2026.
In che modo questi ambiziosi obiettivi impatteranno la Lombardia? Secondo i dati AGCOM più recenti, nel 2020 la banda larga (almeno 30 Mbps in download) copriva il 95,57% delle famiglie lombarde (media nazionale 92,7%) e nel 2019 ne faceva uso il 60,4% (dati Istat). I dati diffusi da Infratel aggiornati a aprile 2022 riportano che, per quanto riguarda la copertura in fibra ottica, in 314 comuni i cantieri sono conclusi (21%), in 836 comuni (55%) i cantieri si trovano a diversi stadi della progettazione ed esecuzione, mentre in ben 369 comuni (24%) gli interventi sono solo in programmazione. Per ciò che concerne invece la copertura con tecnologia wireless, i lavori sono terminati solo in 59 cantieri comunali sul totale di 1514 comuni coinvolti (4%), l’intervento è in fase di esecuzione in 1273 comuni (84%) e ancora in programmazione in 182 Comuni (12%). Infine, ci sono ancora ben 15 comuni che non hanno aderito alla strategia: la Regione, infatti, può solo agire con strumenti di moral suasion ma non ha potere coercitivo rispetto agli enti locali.
Figura 1 – Stato di avanzamento dei cantieri a aprile 2022: a sinistra, la copertura “fiber to the home”, a destra la copertura wireless.
Alla luce di questi numeri è importante continuare a investire e chiudere al più presto i cantieri, per consolidare i risultati ottenuti, superando le criticità amministrative (bandi di gara, autorizzazioni), tecniche (cantieri) ed economiche che hanno reso il percorso della BUL accidentato, non solo in Lombardia ma in tutta Italia. Occorre constatare che sono i comuni gli attori istituzionali in prima linea, poiché hanno in carico la gestione dei cantieri (rilasciando i permessi, dovendo affrontare la rottura delle strade e le eventuali alterazioni della viabilità, …). La Regione può agire da coordinatore delle attività, rafforzando il ruolo della conferenza dei servizi con l’obiettivo di portare a bordo tutti i comuni del territorio e portare tutti cantieri al collaudo positivo entro il 2026.
Sanità digitale e telemedicina
Nell’ultimo anno la pandemia ha messo sotto stress il sistema sanitario e ha richiesto un dispendio di risorse per fronteggiare la situazione di emergenza. La spesa sanitaria sostenuta in Italia nel 2020, infatti, è stata pari a circa 123 miliardi, con un tasso di crescita rispetto all’anno precedente pari al 6,7%, tasso decisamente superiore a quello registrato negli anni precedenti (2019: +1,2%; 2018: +1,9% – Documento di Economia e Finanza 2021). Dopo il trend di crescita moderato osservato negli ultimi anni, nel 2020 la spesa per la sanità digitale in Italia ha subito un aumento soprattutto da parte delle strutture sanitarie italiane. La pressione emergenziale ha diretto la spesa su altri fronti a scapito dell’innovazione. Il segnale è tuttavia da leggere positivamente poiché indica attenzione da parte degli enti sanitari a un investimento sulla sanità digitale, la stessa direzione indicata dai fondi europei straordinari. Infatti, le azioni previste dal PNRR, che si vedranno realizzate entro il 2026, rappresentano un’immissione ingente di risorse nel sistema sanitario italiano, permettendo di sollevare quella che, nelle analisi dell’Osservatorio Sanità digitale del Politecnico di Milano è vista come barriera principale all’innovazione: la scarsità di risorse economiche.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico
La Missione 6 del PNRR, infatti, è specificamente focalizzata sulla valorizzazione dei dati e insiste direttamente sul Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), strumento principe per lo sviluppo di tutte le pratiche connesse all’e-health e potenziale punto di riferimento per la raccolta strutturata di dati operabili. Il FSE potrebbe essere un forte abilitatore della sanità digitale perché può esser trasversalmente integrato a tutti i servizi sanitari. Come mostrano i dati di monitoraggio, però, il personale clinico non lo alimenta secondo il suo pieno potenziale.
Spicca lo 0% di medici che caricano il Profilo Sanitario Sintetico del paziente, caratteristico non solo della Lombardia, bensì della grande maggioranza delle regioni italiane (solo in Sicilia, Umbria e Valle d’Aosta sono riscontrati casi di utilizzo). Altro ostacolo al pieno utilizzo del FSE è la scarsa conoscenza della sua esistenza da parte degli utenti finali. Nella macro-area del nord-ovest è solo il 42% dei cittadini a conoscere lo strumento, ma la media nazionale nel 2020 si attesta sul 38%. Il risultato migliore è conseguito dalla macro-area nord-est con il 50%.
Diversi, tra i professionisti intervistati, hanno invece richiamato l’importanza dell’FSE e la garanzia di interoperabilità, sia tra i Fascicoli delle diverse Regioni, sia tra sistemi informativi degli enti sanitari del territorio lombardo. La preoccupazione che più emerge è la moltiplicazione di iniziative frammentate e non coordinate che risultano in una dispersione di risorse e cattiva gestione delle informazioni, quando, invece, urge mettere a fattor comune il patrimonio informativo degli enti sanitari. Per raggiungere questo obiettivo, l’FSE in Lombardia deve trasformarsi da sistema documentale a sistema di gestione del dato clinico, anche attraverso un modello di architettura condiviso. Il PNRR è l’occasione per rilanciare la centralità di questo strumento, carico di potenziale non ancora espresso.
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Se il miglioramento dell’FSE condurrà a una sua più completa e efficiente alimentazione e interrogazione da parte degli operatori del settore, sono i cittadini a rappresentare il più corposo bacino d’utenza. Investimenti in comunicazione e formazione possono dunque rivelarsi utili, similmente a quando accade in generale per l’accesso ai servizi digitali. Già negli ultimi mesi, rilevano l’Osservatorio Sanità digitale, la necessità e opportunità di evitare il contagio ha stimolato l’accesso ai servizi sanitari in modalità digitale. In particolare, la prenotazione online del vaccino ha consentito ai cittadini di comprendere quanto i servizi online possano velocizzare e semplificare le attività di accesso ai servizi sanitari. Tuttavia, tutti gli indicatori per la Lombardia si attestano sotto la soglia del 30%, benché in linea con le medie nazionali (29% documenti clinici; 20% prenotazione online; 13% pagamento online), segno che c’è ancora tanta strada da percorrere.
Telemedicina
Con riguardo alle pratiche di telemedicina, lo studio ha rilevato che la frammentazione delle iniziative è la più saliente caratteristica del territorio lombardo. Diverse aziende ospedaliere hanno attivato progettualità di telemedicina, estendendole rapidamente a una pluralità di reparti a causa della pandemia. Ad esempio, l’Ospedale Niguarda, dotato di uno strumento interno per la televisita, ha deciso nel 2020 di estenderne l’uso a tutta l’azienda e non più solo a reparti specifici, riscontrando come questa trasversalità ne abbia favorito la diffusione e identificando come obiettivo per il futuro il mantenimento di questo sistema come canale parallelo e complementare alla visita in presenza. Similmente, l’Ospedale San Raffaele, che ha sviluppato internamente la piattaforma di telemedicina, ha saltato a causa dell’avvento della pandemia i mesi di sperimentazione previsti su alcune specialità, aprendo il servizio in modo trasversale da subito. Tuttavia, l’indipendenza degli enti sanitari e l’assenza di un coordinamento degli sforzi di digitalizzazione se, da un lato, rendono più impegnativa la definizione di uno standard, dall’altro richiamano alla necessità di interpretazione organica della diffusione di queste pratiche sul territorio regionale, anche attraverso un buon uso dell’FSE.
Settore scolastico
Dopo il sistema sanitario è forse la scuola il settore più provato dalla pandemia. L’espressione digitalizzazione scolastica indica quel processo di integrazione della didattica tradizionale con strumenti, spazi e ambiti per l’apprendimento, servizi amministrativi scolastici, dispositivi, connettività, competenze e formazione, in chiave digitale, per garantire ai giovani cittadini la cassetta degli attrezzi per affrontare le esigenze evolutive del nostro tempo: un’idea complessa e multiforme, ben oltre la didattica a distanza forzata.
Una difficoltà sul percorso di digitalizzazione di questo settore è la complessità della governance del sistema scolastico, che è presidiata dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell’Istruzione. Le istituzioni scolastiche che pure godono di autonomia economica e nell’applicazione delle indicazioni del Ministero dell’Istruzione sui programmi scolastici ed iniziative, sono prive di una autonomia funzionale: non dispongono di poteri per l’organizzazione delle competenze, non gestiscono risorse finanziarie, se non quelle partecipative, e non possiedono una struttura di autogoverno. In questo quadro, le istituzioni intermedie hanno competenza soprattutto in materia di governo dell’edilizia scolastica e in tale ambito si occupano soprattutto delle politiche volte ad assicurare la connettività degli edifici scolastici, con tutti il portato di complessità che gli interventi di cablatura comportano.
Da questo punto di vista, con l’attivazione della didattica a distanza, molte scuole si sono scoperte impreparate per la scarsità di infrastrutture, strumentazione e servizi di connettività digitali. I dati di AGCOM (2019) riportano che sul 97% delle scuole connesse sul territorio nazionale, solo l’11,2% disponeva di un servizio di connessione ad alta velocità (superiore a 30mbps). Su 7054 edifici scolastici lombardi, inclusi gli istituti comprensivi, censiti da AGCOM nella rilevazione 2019-20, solo il 12% ha la tipologia di connessione più performante (maggiore di 1gbps).
Lo stato di connessione degli edifici scolastici lombardi mostra una elevata diffusione della tecnologia fiber to the cabinet (fttc), ovvero una architettura di rete costituita da un primo tratto di cavo, quello compreso tra provider e centralina, in fibra ottica e il secondo tratto, fino all’unità immobiliare, in rame. Opzione, questa, che consente di raggiungere i 100/200mbps di velocità di download, ancora lontano dall’obiettivo di 1 Giga. Tra gli edifici censiti che ospitano la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, rispettivamente il 50% e il 45% gode di una velocità di download fino a 200mbps; il 22% e il 23% sfrutta ancora la tecnologia ADSL; il 17% di entrambi gradi di istruzione arriva solo fino a 100mbps, e soltanto il 7% e 11% rispettivo è dotato di cablatura completa. La situazione è migliore negli edifici delle scuole secondarie di primo e secondo grado, dove la velocità di download e superiore ai 200mbps nel 72% degli edifici.
Le azioni previste dal PNRR della Missione 4 “Istruzione e ricerca”, volte a stimolare le dimensioni digitali della scuola, richiedono come pre-condizione che le scuole siano connesse:
- riforma degli istituti tecnici e professionali per essere più in sintonia con le tendenze dell’economia e dell’innovazione digitale;
- didattica digitale integrata e formazione sulla transizione digitale del personale didattico;
- ambienti di apprendimento innovativi e digitali per divulgare le abilità digitali e l’apprendimento delle discipline STEM, sviluppando la conoscenza di software per l’uso e la programmazione di dispositivi digitali già dal primo ciclo d’istruzione;
- scuole innovative, nuove aule didattiche e laboratori per attuare modalità di apprendimento interconnesso e potenziato dalle opportunità digitali che possono ridurre i gap territoriali e socioeconomici.
Una buona pianificazione degli interventi finanziati dal PNRR può rappresentare un salto di qualità importante, sulla connettività delle scuole, così come sugli altri aspetti della scuola digitale. Questi ultimi incontrano l’ingombrante ostacolo della difficoltà di reperire dati affidabili e aggiornati. Infatti, non sono disponibili informazioni su: attrezzature digitali in dotazione, piattaforme digitali in uso, ambienti innovativi, competenze digitali dei discenti, educazione universitaria in ambito ICT e formazione del personale docente.
Negli ultimi anni sono state attuate diverse iniziative con l’obiettivo di dotare i plessi scolastici di un livello di connettività adeguato e di attrezzare le aule di reti wifi. Le strategie vigenti sono il Piano nazionale scuola digitale e il Piano Scuole connesse che è una delle sette azioni previste da Italia a 1 Giga – Verso la Gigabit Society. Questo intervento agisce principalmente sull’accelerazione del processo di cablatura degli edifici scolastici, con una dotazione di 400 milioni di euro a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020, di cui 40 milioni sul territorio lombardo con l’obiettivo di pianificare la connessione di 4028 scuole, dislocate sulle 11 province lombarde oltre alla Città metropolitana di Milano.
A febbraio 2022 risultavano connessi 791 edifici scolastici, con una situazione fortemente eterogena sui territori regionali: nella provincia di Brescia la percentuale di scuole inserite nel Piano con una connessione ultraveloce attiva supera il 65% ma nelle Province di Mantova, Lodi, Como, Pavia non si arriva al 5%. Risorse per migliorare la connettività delle scuole provengono anche dai fondi FESR e REACT-EU nell’ambito del Programma Operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020 che ha visto 859 istituti scolastici lombardi tra i beneficiari. Inoltre, la Regione Lombardia, su sollecitazione dell’Unione delle Province Lombarde, è intervenuta con DGR N°XI/5170 prevendendo lo stanziamento di 5.000.000 euro nel Piano Lombardia (legge regionale 4 maggio 2020, n. 9 “Interventi per la ripresa economica”) a favore della digitalizzazione degli istituti scolastici. I criteri utilizzati per il riparto dei fondi tra le province sono: popolazione residente, numero studenti, plessi scolastici. Le risorse potranno essere direttamente utilizzate dalle Province e dalla Città Metropolitana di Milano o trasferite agli istituti scolastici dei propri territori, per l’acquisto di dotazioni informatiche (ad esempio hardware), realizzazione di opere e infrastrutture per l’interconnessione digitale funzionali alla didattica a distanza negli istituti scolastici.