Il Foia inglese, un esempio per l’Italia

Il Foia inglese mostra alle PA come esercitare la propria discrezionalità nell’assicurare ai propri cittadini (e non) il diritto all’accesso. Può essere d’ispirazione per l’Italia ha ancora moltissimo da imparare soprattutto in questo momento in cui si accinge ad emanare le prime linee guida operative per sciogliere le ampie e generiche eccezioni alla “libertà dell’informazione”. Questo è il primo di una serie di approfondimenti che dedichiamo al Foia inglese

Pubblicato il 25 Nov 2016

Francesco Addante

consulente in trasparenza PA

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Il principio fondamentale su cui si base il Foia inglese è quello per il quale la “divulgazione” delle informazioni dovrebbe essere la “regola” a meno che non ci sia una “buona ragione” per non farlo. Pertanto l’informazione pubblica dovrebbe essere resa sempre disponibile a meno che non ci sia una buona ragione per negarne l’accesso e la legge lo consente.

Per avere un’idea di come si concretizza operativamente questo concetto occorre rifarsi al “motto” onnipresente nelle linee guida ufficiali dell’ICO (Information Commissioner’s Office) che recita testualmente: “qualsiasi informazione che deve essere rilasciata in base al FOIA è rivolta al mondo intero”.

Infatti:

1) “chiunque” ha il diritto di accedere alle informazioni ufficiali;

2) al contrario, deve essere “giustificato il rifiuto” dell’amministrazione;

3) si devono trattare “tutte” le richieste di informazioni allo “stesso modo”, tranne “specifiche e tassative eccezioni”;

4) si dovrebbero trattare tutti i richiedenti allo stesso modo, siano essi giornalisti, residenti locali, dipendenti degli Enti pubblici, o ricercatori stranieri.

Se i primi due presupposti sono sanciti allo stesso modo dal FOIA italiano (nella versione definitiva), per gli altri due, gli inglesi sono più specifici e dettagliati.

Due sono le funzioni che devono essere assolte, in modo distinto, dalle P.A. nel rispondere alle richieste di accesso:

· riferire al richiedente se si è in possesso di tutte le informazioni che rientrano nell’ambito della loro richiesta;

· fornire tali informazioni.

Quasi identiche sono le “finalità” su cui si fonda il “principio generale di trasparenza”, ossia, quello di verificare, da parte dei cittadini (e non), quanto sia effettivamente efficace un’amministrazione, visionarne la spesa, controllare che l’operato sia conforme a quanto affermato e poter indagare sulle reali motivazioni di determinate decisioni. In Italia, con le recenti modifiche, l’”accessibilità totale” delle informazioni diviene anche come “strumento di tutela dei diritti dei cittadini” e di “promozione della partecipazione degli interessati all’attività amministrativa”.

LE LEGGI SULLA LIBERTA’ DI INFORMAZIONE DEL REGNO UNITO

Il 1° gennaio 2005 sono entrate in vigore cinque nuove importanti leggi relative ai diritti sull’informazione: gli Emendamenti al “Data Protection Act” del 1998 (valevole su tutto il territorio del Regno Unito, compresa la Scozia), il “Freedom of Information Act” (FOIA), ossia, la “Legge sulla Libertà dell’Informazione” del governo britannico del 2000 (che si applica anche Galles e Irlanda del Nord), e quello scozzese del 2002 (si tratta di norme simili, anche se leggermente più forti), le Regole sull’Informazione Ambientale del 2004 (EIR: “Environmental Information Regulations”)

La legge del 2000 viene applicata dal Commissario per l’Informazione (ICO) del Regno Unito e la legge scozzese del 2002 dal Commissario per l’Informazione scozzese, questo vale anche per l’EIR. Il nostro corrispondente ANAC anche se solo con funzioni specifiche in merito al FOIA e sui dati personali.

Quindi, cinque anni hanno impiegato per applicare effettivamente il FOIA dalla pubblicazione della prima versione ufficiale ma tutti impiegati bene perché oggi gli inglesi hanno una esauriente disciplina che definisce, in modo molto articolato e con certezze (anche attraverso esempi di casi concreti, FAQ e il supporto continuo dell’ICO), come operativamente (ma sempre nell’ambito della loro autonoma discrezionalità) si devono comportare le P.A., al di là di deroghe assolute, nel valutare e quindi bilanciare l’interesse pubblico a trattenere le informazioni e quello concernente la “divulgazione” al mondo intero, ossia il “diritto di conoscere” dei cittadini (inglesi e non).

Sebbene sia apprezzabile il primo passo all’introduzione in Italia, il nostro è un FOIA che può e deve essere migliorato ed è auspicabile che l’Italia prenda esempio dal Regno Unito. La riduzione di parte dei precedenti obblighi informativi del previgente decreto trasparenza e un periodo di adeguamento di soli sei mesi (dal 23 Giugno al 23 Dicembre 2016) a fronte di ampie e generiche eccezioni non ancora definite dall’ANAC (l’11 Novembre ha dato avvio alla consultazione pubblica) non sembra aver dimostrato un buon inizio.

Al riguardo, il Consiglio di Stato nel fornire il suo parere sul testo preliminare aveva raccomandato al Governo di intraprendere, nella fase attuativa, “adeguate iniziative di ‘manutenzione’ costante del funzionamento della riforma proprio per evitare un mancato apprendimento dei meccanismi da parte degli operatori pubblici. Dello stesso avviso è stato l’ANAC che, nel suo atto di segnalazione, aveva ritenuto fosse “necessario prevedere un periodo di adeguamento per consentire un’adeguata formazione del personale preposto alle richieste di accesso generalizzato, prima che il meccanismo del Freedom entri a pieno regime in tutti i pubblici uffici”. Anche il Garante della Privacy si è espresse allo stesso modo affermando che “la complessità dei nuovi e ulteriori adempimenti sanciti in capo alle amministrazioni suggerisce l’opportunità di prevedere un congruo termine di adeguamento agli obblighi imposti, al fine di evitare che l’applicazione, non sufficientemente preparata, delle nuove misure possa arrecare pregiudizio ai dati personali dei numerosi interessati coinvolti”.

In Inghilterra è di grande rilevanza il fatto che viene promossa, con grande enfasi, la collaborazione che gli Enti devono prestare nei confronti dei richiedenti, fornendo tutto l’apporto che può essere utile per inoltrare un’istanza di accesso, spiegando loro come procedere e i dettagli di contatto, tra cui il nome e il numero di telefono per eventuali richieste di chiarimento in merito al FOIA. Inoltre, le P.A. sono invitate a pubblicizzare il proprio impegno per la pubblicazione proattiva e i dettagli di ciò che è disponibile solamente se è utile (ha valore) per il pubblico, divulgando il fatto che chiunque può inoltrare delle richieste e comunicando all’esterno tramite una serie di modalità: siti web, bacheche, volantini o manifesti nei luoghi in cui le persone accedono ai servizi.

Secondo il FOIA del Regno Unito e di quello scozzese, una richiesta di accesso deve essere valutata tenendo conto delle disposizioni concernenti:

· materia ambientale che garantisce un più forte diritto di accesso all’informazione rispetto a quanto non sia previsto dal FOIA;

· materia di protezione dei dati personali (deroga);

· i tre codici di condotta di raccomandazione di buone pratiche;

· norme collegate

CASI IN CUI LE PA SONO AUTORIZZATE A NEGARE L’ACCESSO

Inoltre, gli Enti possono rifiutare (le motivazioni in merito alle disposizioni ambientali EIR sono più limitate) di fornire informazioni se:

· l’informazione è coperta da deroga non soggetta a valutazioni (“test”) di interesse pubblico secondo la legge: le cosiddette eccezioni “assolute“;

· l’informazione è coperta da deroga in seguito a considerazioni prese nell’ ”interesse pubblico”, il quale è ritenuto maggiormente protetto rispetto alla “divulgazione”;

· si tratta di normale corso di attività che non riguarda le informazioni che le P.A. sono tenute a fornire ai sensi del FOIA/EIR;

· si tratta di informazioni non detenute;

· il costo per trovare ed estrarre le informazioni supera il limite di spesa previsto;

· l’Ente ha già fornito le stesse, o analoghe, informazioni. Nel qual caso potrebbe essere necessario dover attendere un periodo di tempo “ragionevole” prima di poter rinnovare la richiesta;

· la richiesta è giudicata “vessatoria“. Per esempio, se provoca interruzioni nell’attività ordinaria dell’Ente, oppure fa parte di una serie di istanze che intasano i meccanismi di funzionamento

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