Il linguaggio, nella sua accezione di insieme di regole e strumenti complessi per l’espressione del pensiero, è ovviamente un elemento comune a quasi tutte le discipline umane. Di particolare rilievo risulta essere la scelta e l’utilizzo del linguaggio nel campo giuridico, all’interno del quale troviamo discipline eterogenee, ma tutte protese ad un unico scopo: la regolamentazione della società.
Il linguaggio giuridico (che può spaziare su diversi registri, da quello accademico a quello giurisprudenziale) dovrebbe avere come obiettivo comune quello di essere tecnicamente adeguato, senza perdere però di chiarezza e comprensibilità per il lettore finale, soprattutto nel momento in cui il documento non sia rivolto solo e soltanto ai tecnici.
Rimane invece assodato, sia nella percezione comune, che nelle critiche di molti tra giuristi, magistrati e avvocati, che allo stato attuale sia presente un grosso scollamento tra il linguaggio utilizzato dagli addetti ai lavori e gli utenti finali. Questo problema, se sottovalutato, non farà altro che acuirsi in un periodo di forte digitalizzazione dei processi giuridici ed amministrativi, ormai sempre più diretti nella comunicazione tra operatori e cittadini.
Bandi PNRR e digitale: testi poco fruibili
Esemplificando il concetto, basti pensare alla recente tornata di bandi e finanziamenti promossi dallo Stato sulla scia dei fondi del PNRR, a cui ha fatto seguito un innegabile sforzo di digitalizzazione (creazione dei portali, sistemi di iscrizione ed autenticazione, caricamento dei documenti online, ecc), accompagnato però spesso da testi di bando criptici o poco funzionali per l’utente finale. Certo, non si può pensare di ridurre il linguaggio giuridico ad un livello colloquiale, essendo necessario mantenere un certo rigore tecnico e formale. Può però essere fatto uno sforzo maggiore per rendere più comprensibile il linguaggio di istituzioni e pubblica amministrazione, con il fine ultimo di raggiungere una fruibilità che sia non soltanto tecnica, ma anche semantica.
Disattese le indicazioni di chiarezza del CAD
Questo concetto è ribadito con forza dal Codice dell’Amministrazione Digitale, il quale nell’art. 53 stabilisce che “le pubbliche amministrazioni realizzano siti istituzionali su reti telematiche che rispettano i principi di accessibilità, nonché di elevata usabilità e reperibilità, anche da parte delle persone disabili, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità dì consultazione, qualità, omogeneità ed interoperabilità. Sono in particolare resi facilmente reperibili e consultabili i dati di cui all’articolo 54”. Sulla scorta del dettato normativo sono state nel tempo elaborate alcune linee guida, nonché un manuale operativo, disponibili su docs.italia, al fine di garantire alle PA uno strumento di formazione e raccordo nell’ottica di uno sviluppo digitale fruibile per l’intero consesso sociale.
La Guida al linguaggio della Pubblica Amministrazione
All’interno del manuale sopra menzionato, oltre a numerosissime indicazioni concernenti le best practices di costruzione dei portali web delle pubbliche amministrazioni (riguardanti l’user experience, l’usabilità, l’affidabilità, la trasparenza, ecc.) è presente anche un rimando alla Guida al linguaggio della Pubblica Amministrazione. Si tratta di una sorta di vademecum, strutturato su tre parti – vocabolario, tono di voce e suggerimenti di scrittura – che indicano in maniera dettagliata come riferirsi ai propri utenti a seconda delle esigenze. Il lavoro proposto è indubbiamente valido, ma non esente da critiche.
Vocabolario
L’elenco dei vocaboli risulta spesso fuori fuoco o comunque poco applicabile ai casi concreti. Giusto per fare qualche esempio:
- Viene sconsigliato l’utilizzo del termine “ammenda” e suggerito l’utilizzo del termine “multa o contravvenzione”, quando in realtà i tre termini (a rigore di legge) non sono sovrapponibili.
- Vengono sconsigliati moltissimi termini inglesi, alcuni entrati nel linguaggio comune degli utenti (come per esempio “FAQ”)
- Vengono inseriti molti suggerimenti di semplice compilazione (come le corrette maiuscole o minuscole).
Il risultato finale, quindi, è un insieme di suggerimenti che non mettono adeguatamente a fuoco le esigenze di chiarezza, trasparenza e comprensibilità della comunicazione della PA, a fronte di una serie di interventi mirati ad una correzione formale certo necessaria ma non sufficiente a raggiungere l’obiettivo principale.
Tono di voce
Passando brevemente al capitolo dedicato al tono di voce, emerge uno sforzo notevole sul versante di tematiche di interesse, ma anche qui manchevoli di uno sguardo di insieme (sono presenti, infatti, esempi e suggerimenti inerenti alla stesura di moduli di pagamento, blog, registrazioni, ma non sono presenti delle linee guida efficaci per l’interlocuzione sui servizi, sulle news normative e sull’applicazione del potere amministrativo in quanto tale).
Suggerimenti di scrittura
Nettamente più centrato risulta invece il capitolo “Suggerimenti di scrittura”, nel quale vengono affrontate tematiche essenziali per strutturare in maniera corretta e fruibile un portale della PA. Tra gli argomenti proposti emergono infatti l’accessibilità e l’inclusione, l’usabilità (che passa dalla struttura di bottoni e label fino ai messaggi di conferma ed errore), le regole di impaginazione, le immagini e la scrittura per motori di ricerca.
Nel complesso, quindi, emerge un quadro promettente ma non ancora completo, che fa emergere alcuni problemi da affrontare.
Portali amministrativi a rischio spezzettamento
Chiaramente il manuale di docs.italia rappresenta un semplice suggerimento per le PA, di talché gli eventuali limiti qui esaminati non impediscono minimamente alle amministrazioni pubbliche di intervenire sui propri servizi digitali in maniera più puntuale e completa. Di contro, però, si nota che la mancanza di strumenti più incisivi e di sforzi più concreti per omologare i servizi digitali pubblici a delle pratiche virtuose univoche e riconoscibili potrebbe portare ad uno scollamento e spezzettamento dei portali amministrativi (ed effettivamente tale scollamento è già riscontrabile). Ancora, emerge la mancanza di un focus verso l’adozione di un linguaggio comprensibile e trasparente non soltanto nella forma ma anche e soprattutto nel contenuto del dettato normativo, amministrativo e gestionale dei servizi pubblici. Un sito web perfettamente in linea con le best practices di usabilità e user experience che poi contempli al suo interno contenuti criptici, poco comprensibili ed eccessivamente tecnici rimane, di fatto, poco utile e funzionale per l’utente finale.
Conclusioni
La soluzione, quindi, è quella di incentivare e promuovere una scrittura accessibile “by default”, con la quale sintetizzare le necessità tecniche del linguaggio giuridico-amministrativo alle istanze di comprensibilità e facilità di fruizione del cittadino. Lo sforzo non è banale, ed è chiaro che non si possa né svilire l’attività delle PA con registri esageratamente informali né adeguare ogni singola produzione documentale alle esigenze di soggetti che non abbiano le necessarie competenze tecniche. Quello che è possibile fare, però, è spingere verso uno studio ed un approccio più chiaro e sintetico tutti i professionisti amministrativi e giuridici, come per esempio fatto dall’Accademia della Crusca, che da nove anni a questa parte promuove, in collaborazione con alcuni Ordini professionali ed Università, un corso di perfezionamento in professioni legali e scrittura del diritto e tecniche di redazione per atti chiari e sintetici.