Agenzia per l'Italia Digitale

Il piano datacenter della PA è mission impossible

Enormi benefici per lo Stato- 3 miliardi di euro- e per l’industria Ict (centinaia di milioni di euro). Ma il cronoprogramma previsto dal decreto del Fare è da libro dei sogni. Non tiene conto delle carenze della banda larga e delle resistenze della Pa. Tuttavia, avanti bisogna andar…

Pubblicato il 15 Lug 2013

Giuliano Noci

Politecnico di Milano

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Si annida nel Decreto del Fare (DL 69/2013), all’Articolo 16, una misura estremamente importante per il Paese: la razionalizzazione dei cosiddetti CED (Centri Elaborazione Dati) della PA italiana.

Si tratta di un obiettivo sacrosanto; in Italia sono, infatti, attivi oltre 5.000 CED (tra amministrazioni centrali ed enti locali), ciascuno dei quali necessita di rilevanti costi fissi di gestione. Risultato: in un periodo in cui le forze politiche sono alla ricerca di tagli di spesa, si annidano sprechi enormi per la gestione di banche dati, sistemi informativi e siti web della pubblica amministrazione.

In questo quadro, dunque, la drastica riduzione (elegantemente definita nel Decreto “razionalizzazione”) dei CED appare essere un obiettivo ormai non procrastinabile, con molteplici benefici. In primis, come già evidenziato, il conseguimento di economie di scala, che potrebbero impattare sulle casse dello Stato per oltre 3 miliardi di Euro di minori costi di esercizio. Ancora più rilevante sarebbe però l’impatto in termini di efficacia: l’affermazione di un’architettura cloud – logica conseguenza del percorso di razionalizzazione – indurrebbe, infatti, un processo di standardizzazione dei servizi offerti all’utenza: contribuendo così in modo determinante all’ottenimento di risultati che con la logica del riuso non si è ancora riusciti ad ottenere. Non da trascurare sarebbe, infine, la spinta propulsiva offerta al mercato italiano dell’ICT: in questo momento del tutto asfittico, riceverebbe un impulso – in termini di crescita di fatturato – di qualche centinaia di milioni di Euro derivanti dall’acquisto dell’hardware e software necessari ai nuovi CED.

Siamo dunque a cavallo? Nient’affatto; il Decreto del Fare prevede, da un lato, un cronoprogramma che suona come il libro dei sogni (censimento dei CED entro il 30 settembre e piano di razionalizzazione entro fine anno) ma soprattutto non tiene conto di due componenti fondamentali, che agiranno come deterrenti molto significativi al raggiungimento dell’obiettivo. Manca nei fatti nel Paese un sistema di banda larga, ovvero l’infrastruttura primaria abilitante l’affermazione di quella logica cloud, che permette di scaricare a terra larga parte dei benefici conseguenti ad un percorso di razionalizzazione dei CED. Non si tiene conto, in secondo luogo, del fatto che in Italia il controllo dell’informazione è spesso sinonimo per il singolo ente di potere: mi aspetto, pertanto, enormi resistenze da parte dei dirigenti della PA.

Servirà dunque grandissima determinazione politica e una cabina di regia snella e con le idee molto chiare. A giudicare dagli altri articoli del Decreto, siamo però davvero molto distanti dall’affermazione di queste condizioni. La sensazione è che dal cavallo presto scenderemo, senza nemmeno aver iniziato a galoppare. E avremo perso un’altra occasione. Direte: sono pessimista. Vero! Ma dopo due versioni del Codice dell’Amministrazione Digitale e molti proclami andati a vuoto, dubitare fortemente è quantomeno legittimo.

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