Finalmente, dopo una lunghissima gestazione, sono diventate realtà due prescrizioni del CAD (Codice dell’Amministrazione digitale): INAD (Indice Nazionale dei domicili digitali dei cittadini, dei liberi professionisti non iscritti agli Albi e delle Associazioni) e SEND (la Piattaforma nazionale per le notifiche).
Ovviamente sono due buone notizie nel faticoso processo di transizione al digitale della Pubblica Amministrazione italiana.
Le due iniziative si intersecano poiché, come si vedrà più avanti, la diffusione di INAD potrà facilitare il successo di SEND.
INAD e SEND: i vantaggi per i cittadini e le PA
Tali innovazioni sono facilitate dai finanziamenti che i bandi PNRR mettono a disposizione, oltre che dell’Amministrazione centrale, anche dei Comuni per creare i connettori (API) tra SEND e i software di gestione documentale e per estrarre gli indirizzi degli aderenti a INAD grazie alla Piattaforma Nazionale Dati e all’implementazione di ANPR.
I vantaggi per i cittadini e per i Comuni (per le Pubbliche Amministrazioni in generale) sono evidenti, meno lo sono le problematicità.
Vediamo i vantaggi.
Il cittadino finalmente può eleggere, attraverso un processo semplicissimo, il proprio domicilio digitale. È sufficiente avere SPID o CIE per autenticarsi alla piattaforma INAD e una PEC per eleggere il proprio domicilio. La procedura è facilissima per qualsiasi cittadino.
Grazie a INAD, il flusso di notificazione degli atti diventa molto semplice con costi marginali per le Pubbliche Amministrazioni e la gratuità per il cittadino.
Il domicilio digitale del cittadino diventa inoltre lo strumento attraverso il quale, quest’ultimo, può comunicare con una PA.
Va sottolineato come l’elezione di un domicilio digitale non sia un obbligo per il cittadino, bensì un diritto, come bene recita il Codice dell’Amministrazione digitale. Ricordiamo a tuti che avere una identità digitale, un domicilio digitale, effettuare i pagamenti attraverso piattaforme digitali ecc. è un diritto, al pari della trasparenza e della partecipazione ai procedimenti.
La piattaforma per le notifiche (SEND) potrà invece semplificare una storica e burocratica attività delle PA (e delle Poste Italiane). Se ci pensate bene l’attività di notifica è oggi prevalentemente cartacea, costosa per il mittente e per il cittadino, spesso incerta nel successo, associata all’attività del postino o di un messo notificatore.
Ricordo a tutti noi come queste attività siano quasi sempre dequalificate e farraginose, legate all’idea della fila nell’Ufficio Postale.
Se ci pensate bene, il costo che poi viene scaricato sul cittadino è quello conseguente ad attività materiali poco qualificate, sotto il profilo lavorativo. Queste attività: scrivere (e recapitare) cartoline delle raccomandate, accoppiare le cartoline agli atti, recapitare missive, gestire le missive non recapitate e così via oggi sono facilmente sostituibili da un flusso digitale che coinvolga assieme il destinatario (cittadino), il mittente (la PA), chi consegna la notifica (in prevalenza le Poste).
Sarebbe un errore, tuttavia, ricondurre tale flusso (scarsamente virtuoso) alle “virtù” dell’informatica. Dietro al flusso di notificazione ci stanno obblighi di legge, atteggiamento e prassi delle PA, la cultura e il senso comune dei cittadini.
Gli ostacoli sulla strada dell’adozione di INAD e SEND
Fino a qui ho evidenziato i vantaggi. Tuttavia, la strada di SEND e delle PA che la vorranno utilizzare potranno essere cosparse di ostacoli. Uso il verbo “vorranno”, perché le PA non sono (per ora) obbligate ad aderire alla piattaforma, al pari dei cittadini che non sono obbligati ad utilizzare SEND.
Semplificando, gli ostacoli vanno ricondotti all’atteggiamento e al processo di conoscenza dei cittadini, ai limiti organizzativi e culturali del back office delle PA (e dei Comuni in particolare), all’inadeguatezza dei fornitori.
Prima di entrare nel merito va sottolineato come l’operazione, meglio, l’innovazione, funzionerà grazie a una triangolazione virtuosa (interoperabilità) tra SEND, Piattaforma Nazionale dati, ANPR.
Dal punto di vista dei fornitori si tratta di mettere in campo uno sforzo vero di aprire i loro software, di abbandonare la strada facile dell’affermare posizioni dominanti (lock-in) per fare facili guadagni grazie ai fondi PNRR e alla debolezza culturale e gestionale dei Comuni.
Procediamo con ordine. Ho già affermato che non esiste alcun obbligo per il cittadino di adesione né a INAD, né a SEND. Lo sforzo da fare, sia da parte delle Istituzioni, che dei Comuni è quello di evidenziare tutti i vantaggi per il cittadino sia di ordine economico che di semplificazione di una attività della PA considerata nel senso comune come una persecuzione burocratica.
Probabilmente, in una prima fase, prevarranno le diffidenze e il timore di essere “tracciati dallo Stato”. Tralascio tutte le considerazioni facili verso coloro che sistematicamente sfuggono ad ogni notifica (gli evasori fiscali ad es.), la grande maggioranza dei cittadini, magari obtorto collo, sono abituati alla notifica e agli atti della PA. Non necessariamente un atto della PA va associato ad una notizia negativa.
Una strada che mi sento di suggerire, soprattutto ai Comuni, è quella di regalare, per un periodo limitato di tempo, una PEC ai cittadini assistendoli, in cambio nell’attività di iscrizione ad INAD. Ricordo che il Comune può eleggere il domicilio digitale del cittadino operando direttamente su ANPR.
Ciò che va evidenziato è che il successo di INAD è legato al raggiungimento di una massa critica di indirizzi digitali tra i cittadini italiani.
Perché un cittadino deve usare SEND?
Sul fronte SEND va fatto uno sforzo maggiore per spiegare ai cittadini cosa è la piattaforma notifiche e come funziona. Va fatta una operazione trasparenza sui costi di notifica evidenziando i vantaggi della notifica digitale su quella cartacea.
A differenza di INAD per utilizzare SEND (ricevere una notifica, visualizzare e conservare un atto) è sufficiente, oltre a possedere SPID o CIE, essere registrati sulla app IO, o avere un numero di cellulare (SMS), o una mail o una PEC. Non ci sono, come capirete problemi ostativi insormontabili.
Perché un cittadino deve utilizzare SEND? A questo interrogativo bisognerà rispondere evidenziando tutti i vantaggi della notificazione digitale. Non andrà trascurato, in questa attività, l’evidenziare che, in tutti i casi, la notificazione avverrà egualmente in modalità cartacea, come ora, però con una maggiorazione dei costi di notifica.
Ho già evidenziato tutti i vantaggi per un Comune (una PA) che aderirà a SEND e incentiverà la diffusione di INAD.
Tuttavia, per poter utilizzare INAD un Comune dovrà adeguare il proprio flusso documentale a quanto previsto dal CAD e, soprattutto dalle Linee Guida AGID sulla formazione, gestione e conservazione del documento informatico.
Ciò significa garantire l’allineamento degli indirizzi dei principali gestionali (tributi e sanzioni codice della strada) ad ANPR e a INI Pec. La cosa potrebbe sembrare scontata, ma così non è soprattutto nei piccoli Comuni.
Attenzione, oggi nessuna Amministrazione risulta allineata ad INAD nell’attività di verifica se un cittadino abbia eletto o meno il proprio domicilio digitale. Ciò implica una defatigante ricerca puntuale, in attesa che i fornitori, a prezzi equi, operino per garantire un allineamento massivo.
Ma, soprattutto, senza delega ai fornitori, è necessario che i Comuni generino atti, originali digitali, normativamente notificabili, con valore legale. E ciò vale anche per la notifica di atti originariamente cartacei (atti prodotti nel passato) che andranno scansionati e validati rispettando la procedura descritta all’articolo 22 del Codice dell’Amministrazione Digitale e all’allegato 3 (Certificazione di processo) delle Linee Guida AGID sulla formazione, gestione e conservazione del documento informatico.
I nodi della conservazione del flusso digitale
I due settori maggiormente interessati sono i tributi e le notifiche delle infrazioni al Codice della strada. Spesso i Comuni delegano questa attività di “produzione documentale” a norma ai fornitori, che in questo caso non si limitano a produrre le API verso SEND, ma producono essi stessi l’atto da notificare. È chiaro che, in questo modo il Comune (la PA) può risolve il problema della produzione di un atto “a norma”, ma non risolve il problema della fascicolazione e della conservazione a norma del flusso digitale.
In questo caso ovviamente i costi cresceranno per il Comune.
A questo proposito noto come alcuni fornitori (per fortuna non tutti), violando le raccomandazioni in tema di lock-in, obblighino i Comuni a riconoscere 1 euro per ogni atto che viene notificato. Il fornitore incassa così sia i soldi del PNRR per la realizzazione delle API, sia la cifra che il Comune incassa dal cittadino per ogni notifica. E ciò per ogni tipologia di flusso documentale, soprattutto le notifiche Codice della strada.
Questi fornitori si comportano come se fossero essi i notificatori e i gestori della piattaforma di notifica. Va ricordato a tutti noi che il proprietario (gestore) della Piattaforma è la Società pagoPA e l’attività vera e propria di notifica è affidata alle Poste Italiane. Ovviamente a questi due soggetti, oltre che ai Comuni (e altre PA) andrà riconosciuto quanto previsto per la gestione vera e propria dell’attività di notifica (v. Decreto 30 maggio 2022 pubblicato in GU n. 180 3 agosto 2022).
Forse, sarebbe il caso che il Ministero dell’Innovazione e AGID intervenissero per evitare il lock-in e un uso scorretto delle risorse che un Comune può incassare -come rimborso spese- dall’attività di notifica. Legare la produzione delle API ai costi dell’attività di notifica pare allo scrivente una forma di distorsione del mercato.
Ai fornitori va chiesto infine uno sforzo importante sulla qualità dei prodotti.
Conclusioni
Si intravede un forte ritardo nella generazione delle API più importanti (complesse), sia per quanto attiene SEND, che la piattaforma nazionale dati. Si corre così il rischio che le risorse messe a disposizione grazie al PNRR siano indirizzate su obiettivi minimali che non cambiano la qualità del lavoro e di erogazione dei servizi dei Comuni.
Varrebbe la pena che invece ci si concentrasse di più sull’interoperabilità con ANPR che sta trasformandosi, per fortuna, in un aggregatore di altre banche dati.