Mentre siamo in attesa della formalizzazione delle deleghe per la ministra per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione Paola Pisano – ora in via di revisione – è possibile fare un primo bilancio su come il nuovo Governo intenda arrivare alla quadra dell’Agenda digitale.
Dall’esposizione delle linee programmatiche da parte sua durante l’audizione alla Commissione Trasporti della Camera (siamo all’ennesima legislatura non ancora dotata di una commissione permanente specifica sull’innovazione tecnologica e l’agenda digitale), molto ricca e interessante, si possono ricavare diversi spunti di riflessione sull’approccio seguito e sui primi ostacoli da superare. Carenza di risorse in primis. Problema confermato anche da altri indizi, che vedremo di seguito.
L’approccio
Nell’ambito di un approccio molto pragmatico, basato sulla valorizzazione e sull’analisi dei dati, oltre che sui confronti con le esperienze internazionali, i tratti distintivi principali (anche in discontinuità con le politiche precedenti) ci sembrano due:
- la scelta di una revisione profonda degli assetti e delle situazioni critiche;
- l’affermazione di un intervento governativo sull’innovazione che si muove organicamente sul settore pubblico e sul settore privato, con un perimetro di azione che quindi nativamente si propone il superamento dei silos ministeriali.
La revisione degli assetti e delle situazioni critiche
Nel primo caso i riferimenti principali sono gli interventi previsti (e chiaramente da dettagliare nelle prossime settimane) nei confronti dell’iniziativa Spid e verso la riconfigurazione di AgID:
- dallo stato di sostanziale stagnazione in cui permane Spid (a fine settembre siamo a quota 4,8 milioni di identità rilasciate), frutto di un errore impostazione iniziale (l’identità digitale da sviluppare a carico dei privati e gestita dai privati, con un modello di business difficilmente sostenibile e la conseguente incertezza sui costi verso il cittadino), finalmente l’intenzione dichiarata è di procedere ad una riconfigurazione in cui lo Stato riprende la gestione dello sviluppo dell’iniziativa. Nell’audizione la ministra, ha riconosciuto che Spid non sta funzionando come previsto: “Ci vuole una riforma all’interno di Spid per superare alcune criticità che noi abbiamo oggi”; “la user experience di Spid è migliorabile, ma gli identity provider (che forniscono Spid, Ndr.) sono in perdita, e quindi non la vogliono migliorare. Gli identity provider non sono in grado di fare business attraverso l’utilizzo di Spid da parte dei privati. Agid, in questo momento, è in difficoltà sulla governance di questo sistema estremamente complesso. Poi ha così articolato il cambiamento previsto:“Lo Stato deve investire (di nuovo un richiamo alle risorse, Ndr.) almeno nella partenza di questo progetto, e ci vuole una governance più incisiva, in cui gli identity provider diventino dei fornitori di un soggetto centrale sotto il controllo dello Stato. Nell’ambito di un quadro di azione più generale di convergenza degli strumenti di accesso ai servizi digitali (in cui rientra l’evoluzione della Cie verso tessera unica ma anche l’app IO), il segnale è senz’altro significativo perché di presa in carico del problema e quindi di abbandono della posizione (mantenuta dai governi negli ultimi anni) di spinta estemporanea (carta docenti, 18app, reddito di cittadinanza,..) a una iniziativa dalle basi scorrette (utile ricordare quanto riportato nella relazione del Team per la Trasformazione Digitale del 30 settembre 2018: “Le criticità di SPID erano anche determinate dalla scelta, assunta all’origine, di creare un programma per l’identità digitale a invarianza di risorse per lo Stato, affidando la realizzazione e gestione di SPID a un numero non limitato di Identity Provider privati”);
- Attenzione anche a PagoPA. Indicato come progetto-esempio di successo della digitalizzazione della PA (al secondo posto dopo l’obbligo di fattura elettronica) e ora diventato adulto al punto che da gennaio sarà società pubblica, sotto la vigilanza della ministra. Sarebbe un brutto colpo se proprio il “campione” della trasformazione inciampasse. Ma è proprio questo il rischio che si corre. Come riconosciuto anche dal responsabile del progetto, Giuseppe Virgone, solo una minoranza di PA è attiva con tutti i servizi su PagoPA ed è un problema da risolvere. In fretta. Gli osservatori del Polimi già danno come mission impossible rispettare l’obbligo del 31 dicembre 2019 (già prorogato), quando per legge tutti i pagamenti PA dovrebbero essere PagoPA (ossia, ricordiamolo, finalmente facili da fare per i cittadini ed efficienti per la PA).
- l’ingolfamento delle attività assegnate nel tempo ad AgID (che con le nuove deleghe passa sotto il nuovo ministero), senza un’adeguata governance territoriale (che si delinea nel Piano Triennale ICT ma che ancora non ha avuto compiuta definizione e attuazione) e senza risorse e organizzazione adeguate, ha reso sempre più evidenti le carenze presenti al momento dell’istituzione. La (ri)costituzione di un dipartimento presso la presidenza del consiglio sui temi dell’innovazione conduce pertanto alla necessità di riconfigurare le competenze di AgID nel nuovo quadro di governance. Su questo c’è già sul tavolo la proposta dell’ex commissario Piacentini, ma è bene che, come affermato dalla Ministra, la riconfigurazione sia operata con attenta analisi condivisa da più attori governativi, anche per definirla nel quadro di una nuova governance complessiva e interministeriale (e, suggeriamo, considerando quindi, ad esempio, la collocazione delle in-house come Sogei).
Il perimetro di intervento sull’innovazione
Una parte importante della presentazione della Ministra è stata rivolta agli interventi per l’innovazione che vanno oltre la “digitalizzazione della Pubblica Amministrazione” e quindi si rivolgono effettivamente alla trasformazione digitale dell’Italia, con un’importante apertura alla collaborazione pubblico-privato.
Molta attenzione è rivolta agli interventi per favorire la sperimentazione sulle innovazioni (in modo da assicurare il “diritto di innovare”), per attrarre quindi anche talenti e capacità di investimenti in ricerca e “tecnologie emergenti”. Si configura finalmente così una regia organica pubblica per la crescita digitale, superando in prospettiva le carenze di base che hanno portato all’attuale documento di “Strategia per la crescita digitale” e influenzando anche la possibilità di interventi efficaci e di sistema per la programmazione europea 2014-2020.
Primi ostacoli da superare
Tra tutte, sono sembrate emergere due maggiori criticità per lo sviluppo efficace delle iniziative delineate nelle linee programmatiche esposte dalla Ministra Pisano, quasi a individuare delle precondizioni per una delega ministeriale così ambiziosa e trasversale e sulle quali pertanto viene richiesto al governo di procedere in modo rapido e coerente:
- le risorse. Un problema generale – come si è visto. Ed è paradossale ma emblematico che riguardi anche lo stesso nuovo ministero, come denunciato dalla stessa ministra in audizione: oltre a essere “senza portafoglio”, attualmente ha solo circa 40 le persone, di alto livello qualitativo, che lavorano per la Ministra e che comporranno dal 2020 il nuovo Dipartimento per la Trasformazione Digitale. Troppo poche. La stima che è riportata nella già citata relazione finale del mandato di Diego Piacentini era di “510 esperti di tecnologia e di processi industriali di cambiamento (di cui indicativamente 115 all’interno del team centrale, 105 in assegnazione alle PA centrali che vengono coinvolte nella gestione dei progetti lanciati dal Team e 290 sul territorio in affiancamento alle amministrazioni centrali, locali e ai fornitori di tecnologia)”. Ma non si tratta soltanto di un problema di personale. Per riconfigurare alcune situazioni (vedi il tema SPID) è necessario prevedere risorse economiche nel breve termine, e così in generale per superare i gap nazionali sul digitale e sull’innovazione (attestati da tutti gli indicatori internazionali, come il DESI), a partire dal fronte delle competenze digitali; idem per portare a casa PagoPA (UPDATE 31 ottobre: l’ultima bozza della Legge di Bilancio stanzia 34 milioni di euro al nuovo ministero, segno di un primo possibile cambio di passo).
- la governance. Molto importante che il tema sia stato posto in primo piano nella presentazione all’audizione da parte della Ministra, ed è per questo fondamentale che si avvii prima possibile la sua formalizzazione, anche costruendo progressivamente i tasselli di un quadro già delineato complessivamente nei suoi tratti essenziali. Ci sembra che il rischio maggiore che si possa correre nell’esercizio di una delega trasversale è che il coordinamento sui diversi settori e ambiti territoriali non sia chiaramente definito e istituzionalizzato. In questo senso, crediamo che il luogo di condivisione e coordinamento interministeriale vada formalizzato rapidamente, chiarendo le modalità di funzionamento (traendo spunto anche dagli errori dell’esperienza complessivamente non positiva del Mit 2001-2006 e dalle esperienze internazionali) e aprendosi ad ampliamenti rispetto alle rappresentanze territoriali (qui forse valutando come riusare l’esperienza della Commissione permanente per l’innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali). A quanto risulta, sarebbe proprio la ridefinizione del perimetro delle deleghe e quindi delle risorse impattate ad aver obbligato – su rilievo della Corte dei Conti – a una loro revisione prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (in un primo tempo prevista già due settimane fa).
Di nuovo e positivo, c’è che adesso è condiviso da tutto l’esecutivo, a partire dal premier, l’impegno per una trasformazione digitale della PA, dei pagamenti, delle modalità di rapporto cittadino-amministrazione; anche per gli attesi vantaggi in termini di efficienza della macchina pubblica e lotta all’evasione. Il nuovo ministero è un segno del cambiamento.
Di vecchio e a tratti demoralizzante, per chi segue queste vicende da anni, c’è questo inseguire le amministrazioni (locali soprattutto; ma non solo) per adottare l’innovazione. Un impegno che non può essere perseguito solo a colpi di sanzioni e minacce (come le lettere recapitate dal Team Digitale ai comuni inadempienti verso Anpr e PagoPa, nelle scorse settimane). “Bisogna aiutare gli enti locali potenziando le loro competenze digitali, anche con assunzioni”, dice Paolo Coppola sul nostro sito, ora professore all’università di Udine e nella scorsa legislatura il principale sostenitore di questa battaglia (da deputato PD è stato presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle PA).
Le aspettative sono tante, i primi passi sono nella giusta direzione, è importante che il segnale di attenzione che ha portato all’istituzione di una delega ministeriale specifica sull’innovazione trovi sostegno e supporto su tutti i fronti di azione. Il riconoscimento dell’innovazione come priorità nazionale (e abilitante per la crescita socio-economica) passa, però, anche dall’assegnazione di risorse nella manovra di bilancio 2020 adeguate all’ambizione e alle necessità di intervento.