Il 29 gennaio 2018 c’è stata la tradizionale presentazione al pubblico dell’Annual Report 2018 di FPA. Quest’ultimo ha fatto ottima comunicazione sull’evento, quindi in questa sede non si vuole fare l’ennesima cronaca di quanto detto, ma piuttosto evidenziare quali sono le criticità evidenziate e le speranze per l’anno in corso sulle tematiche in esame.
Con puntualità di dati, precisione di analisi e la naturale capacità di visione delle persone esperte si è parlato di quello che era il 2018 (Gianni Dominici), dai dati del mondo d’impresa (Andrea Rangone) e degli auspici per il 2109 (Carlo Mochi Sismondi).
Interventi ottimi che hanno evidenziato ancora una volta che si dicono sempre le stesse cose, che gli auspici di miglioramento sono legati a riproposizioni di tematiche già viste e che ancora una volta è il piano normativo quello sul quale su punta.
La poca chiarezza nel coordinamento politico dei soggetti coinvolti porta a non comprendere chiaramente quali sono gli elementi evolutivi e soprattutto i tempi di questa dichiarata evoluzione.
Politica a lavoro su di fedeltà e produttività (e le competenze?)
Analizzando oggettivamente le dichiarazioni politiche sappiamo che si lavora a un imminente nuovo piano triennale, che è in avanzata fase di approvazione il DDL concretezza con le sue previsioni di evoluzione dei poteri ispettivi della Funzione Pubblica e il controllo delle presenze del personale della PA con tecniche biometriche.
Diciamo quindi che si lavora sui temi della fedeltà e della produttività.
La forte convinzione sul ruolo del Responsabile della Transizione al Digitale è in linea con le previsioni del Codice dell’amministrazione digitale (qualcuno lo ha chiamato codice dell’agenda digitale, forse per errore, sicuramente sminuendone la portata normativa) ma in parallelo si continua ad affermare che mancano le competenze. Il risultato è che si determinano ruoli senza che poi ci sia il personale qualificato a ricoprirli e soprattutto un adeguato percorso di formazione che il Report certifica essere addirittura al di sotto dei livelli minimi accettabili.
Il Piano Triennale sta seguendo il suo percorso e si è in attesa di tantissime linee guida delle quali avremo evidenza con l’inizio della prevista consultazione pubblica. Ci si augura che quest’ultima non sia una mera formalità e che i tempi di discussione siano adeguati.
Identità digitale e partenariato pubblico-privato: a che punto siamo
Su altre questioni siamo in una situazione certamente confusa.
È indispensabile che in un mondo digitale l’utente debba disporre di strumenti di identità sicuri, adeguati e funzionali. In questi giorni assistiamo alla proliferazione di strumenti di identità, il vecchio ma super utilizzato PIN, la TS-CNS dal futuro incerto, lo SPID e la CIE che potrà essere utilizzata mediante un’APP di imminente rilascio. Tanti strumenti di identità ma pochi servizi della PA anche se la recente iniziativa di Roma Capitale sull’accesso al portale in esclusiva con SPID accompagnato dall’eliminazione dei diritti di segreteria per la certificazione online è un passo in avanti importante.
Un’altra tematica sempre riproposta è quella del partenariato tra pubblico e privato. Ma nei fatti quello che si verifica con le gare CONSIP è la fornitura di beni e servizi che diventano spesso obsoleti o addirittura inutili visti i tempi medi di messa in opera di un bando di gara. I prezzi costituiscono una valida base legale ma alle volte per questo motivo si escludono offerte più vantaggiose per timori di violare la legge sugli appalti.
Anche quest’ultima, si è dichiarato più volte che deve essere aggiornata. Il risultato è la sofferenza della PMI tecnologica italiana, la limitazione dell’innovazione delle startup che sono fuori dai parametri di base della partecipazione alle gare d’appalto e una sostanziale sudditanza nelle forniture ai big che sono gli unici ad avere possibilità di aggiudicarsi gli appalti.
I relatori del 29 gennaio hanno trattato altri temi cruciali come lo smart working, il nuovo ruolo della dirigenza pubblica e il futuro della governance sulla digitalizzazione.
L’innovazione richiede rispetto
Per arrivare a delle conclusioni dopo questa estrema sintesi si può prendere spunto da quanto detto dal Presidente di FPA Carlo Mochi Sismondi.
Tra le affermazioni di maggior rilievo “L’innovazione richiede rispetto”, “Non siamo all’anno zero dell’innovazione nella PA” e “ritornare ai fondamentali”.
Rispetto del lavoro fatto, rispetto delle competenze (che devono essere reali e non dichiarate), rispetto delle comunità locali (che spesso e con molta difficoltà fanno vera innovazione), rispetto dei ruoli, rispetto dei tempi del cambiamento (i tempi attesi della politica non possono essere compatibili con la complessa progettualità tecnologica che non può diventare un semplice manifesto da spargere per fare comunicazione), rispetto delle persone (che è il vero motore dell’innovazione).
Ma ancora una volta dobbiamo concludere osservando che ci si muove in modo scomposto, con una direzione poco chiara e ancora una volta senza risolvere il vero percorso della progettualità pubblica. Obiettivo, Progetto, finanziamento, responsabilità, risultato, valutazione del risultato.
Siamo invece ancora una volta alla dichiarazione di intenti politica con progetti, magari validi che moriranno alla prossima dichiarazioni di intenti politica. Gli esempi sono noti e innumerevoli.
Perdute nelle pieghe del tempo ci sono le parole di Giancarlo Scatassa ideatore di ForumPA (poi passato nelle mani di Mides dalla terza edizione) e candidato alla Presidenza AIPA nel 1993:
«La PA ha sempre mostrato di gradire chi potesse offrire approcci che migliorassero l’efficacia e l’efficienza delle Amministrazioni Pubbliche. L’informatica ne sarebbe uno strumento essenziale, ma è sempre vissuta dalla PA in funzione soltanto di piccoli o grandi centri di potere assolutamente e impermeabilmente chiusi».
«Il problema è di mentalità. Noi dobbiamo superare il nostro modo di pensare. Non sono problemi tecnologici o normativi, ma di comportamento. Per questo credo che sarà necessaria una mobilitazione culturale, mi lasci usare questa espressione. Però io sono fiducioso […] “
Intervista per la rivista MC Microcomputer del novembre 1991 di Manlio Cammarata.
Le parole di ieri sono sostanzialmente quelle di oggi. Però io sono fiducioso.