il dibattito

Affidare all’intelligenza artificiale le scelte politiche: una buona idea?

L’idea che sia un’Intelligenza artificiale a prendere decisioni politiche importanti comincia a entrare nelle corde degli europei, anche se con gradimento variabile da Stato a Stato. I cittadini riconosco alle IA quelle doti di onestà e imparzialità che percepiscono sempre meno nelle classi dirigenti

Pubblicato il 04 Gen 2023

Gianna Angelini

Direttrice scientifica di AANT

AI fiducia politica

Un cittadino europeo su quattro preferirebbe lasciare che fosse un’intelligenza artificiale a prendere decisioni importanti sulla gestione del proprio Paese, secondo l’European Tech Insights 2019, rapporto di ricerca del Center for the governance of change (Cgc) che studia le implicazioni politiche, economiche e sociali dell’attuale rivoluzione tecnologica.

In Italia, la percentuale si attesta al 28 ma nei Paesi Bassi, in Germania e nel Regno Unito, la percentuale è di un cittadino su tre. Si tratta di un atteggiamento che indubbiamente fa riferimento alla crescente sfiducia dei cittadini nei confronti dei governi e dei politici, come ammette lo stesso direttore esecutivo del Cgc, Diego Rubio, un atteggiamento, quindi, che fa riflettere sulla percezione della democrazia rappresentativa in Europa. Eppure ciò apre il campo a riflessioni di carattere più ampio, a riprova, il fatto che l’Espresso decide di dedicare un’inchiesta recente sul tema.

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Necessità di chiarezza e onestà

Le decisioni della classe politica hanno un ruolo determinante nella vita di ognuno, poiché ne regolano abitudini e singoli andamenti. In questo senso, non è di sicuro illegittimo pensare che, la disposizione ad accettarle, dipenda dalla percezione della loro sensatezza e più possibile ragionevolezza. Questo vuol dire che, se non abbiamo fiducia in una classe dirigente che riteniamo essere guidata da interessi personali e intenti propagandistici, non è strano si preferisca che, a prendere quelle decisioni, tanto impattanti sulla nostra vita sia qualcun altro, che magari non si faccia influenzare dal desiderio di consensi e narcisismo.

Come un’Intelligenza artificiale appunto, la quale, se settata con parametri condivisi (aspetto che merita un approfondimento a parte), ci metterebbe di fronte alla scelta più pertinente. Eppure, quella classe dirigente di cui ci fidiamo così poco ha ottenuto i nostri voti e, di certo, non si è imposta con la forza. E allora come è possibile questa contraddizione? E cosa polarizza così tanto le nostre considerazioni?

La narrativa della politica

Jonathan Gottschall, studioso americano specializzato in letteratura evolutiva, direbbe: “I politici ci ingannano con le loro storie, l’intelligenza artificiale non lo sa fare”.  Per questo è naturale che ci fidiamo più di loro. Nel suo ultimo lavoro,  “Il lato oscuro delle storie. Come lo storytelling cementa le società e talvolta le distrugge”, Gottschall, che aveva affrontato la questione della psicologia della narrazione nella sua pubblicazione precedente “L’istinto di narrare. Come le storie ci rendono umani”, si occupa specificamente di classe politica e sintetizza la tesi del suo libro nella massima: “Mai fidarsi di uno che racconta storie”, perché le storie sono costruzioni immersive che ci ingannano.

Eppure, è quello che proprio non riusciamo ad evitare, in quando esseri umani. Paragonando il potere delle storie alla Forza di Star Wars, lo studioso scrive: “Come la Forza, la narrazione di storie è un campo onnipervasivo di energia luminosa e oscura che influenza tutte le nostre azioni. Alla radio, nei notiziari, nella pubblicità, nelle conversazioni faccia a faccia: nuotiamo perennemente in un mare turbolento di narrative, con storie rivali che si scontrano l’una con l’altra dandoci continui scossoni” (Gottschall 2022: 21).

Le storie sono strumenti mentali che usiamo per condizionare le persone che ci circondano, tanto che, come sottolineano T.Van Laere colleghi in uno studio del 2014: “Il trasporto narrativo è uno stato mentale che produce effetti persuasivi duraturi senza che vi sia un’attenta valutazione e argomentazione”.

Come a dire che, al contrario del nostro atteggiamento naturale, per lo più portato ad essere condizionato da un bias di conferma per cui ci mettiamo in discussione con molta difficoltà, quando siamo immersi nelle storie, le nostre difese si abbassano e siamo più portati a farci manipolare. E cambiamo opinione più facilmente.

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Umanesimo e scienze

L’epoca contemporanea è caratterizzata da una così alta concentrazione di storie che provengono da un numero così elevato di media, da poter parlare di big bang narrativo che, se non controllato, può portare a quella che si potrebbe definire una infocalisse, stando alle parole di Gottschall. La soluzione proposta, e che potrebbe quindi salvarci dal volerci affidare a delle macchine per prendere delle decisioni al posto dei nostri governanti, è quella di fidarci degli studi umanistici legati alla narrazione, ma usare strumenti scientifici per crearne una nuova generazione di storie.

Scrive ancora Gottschall: “A livello individuale, dobbiamo essere tutti più consapevoli della tendenza umana a entrare nei giochi di ruolo dal vivo, a infilarsi in storie che sono più corroboranti e più nitide della realtà, e poi a rifiutarsi di uscirne perché la simulazione è un posto migliore dove vivere rispetto al noioso e moralmente ambiguo mondo reale. Ognuno di noi dovrebbe cercare, in particolare, di sviluppare una personale attitudine al sospetto non solo nei confronti delle semplificazioni moralistiche delle storie raccontate da altri, ma anche di quelle raccontate a noi stessi”.

Disobbedienza da storytelling

Quindi, forse, basterebbe andare contro quelle regole della grammatica universale a lungo tramandate per salvarci dall’essere governati dalla fredda pura razionalità di una intelligenza artificiale. Cambiare, cioè, le regole della narrazione, che, fino ad oggi, con la standardizzazione propria dei manuali di storytelling, hanno finito per avvelenare le nostre menti.

Scrive a tal proposito Alessandro Baricco (2022): “[le figure individuate dal classico viaggio dell’eroe] sono figure mentali buone per costruire lavoratori miti e soldati convinti: le due forze di cui quella civiltà aveva bisogno. Come un’eredità avvelenata sono giunte fino a noi, contribuendo a firmare il perimetro del cittadino ideale, cioè del servo inconsapevole. Quando invece gli umani vivono di una spettacolare follia amletica, tramandosi clandestinamente che il progresso è solo una delle direzioni possibili, e di tutte la più dubbia; che le prove non sono ostacoli da superare ma scenari da abitare; che nessuno è un individuo ma tutti una parte del tutto; che la maggiorate delle esperienze non porta a un incremento del sapere e del potere; che chi ha bisogno di un nemico per esistere sta seminando distruzione; e che gli eventi di una vita non rispettano un ordine né lo generano”.

Contro la sfiducia verso gli individui al potere, si potrebbe allora provare a proporre nuovi narratori e nuove narrazioni. Sembra una idea incoraggiante.

Bibliografia

Baricco. La via della Narrazione, Feltrinelli 2022

J.Gottschall, The Storytelling Animal: How Stories Make Us Human, Houghton Mifflin Harcourt, New York 2012, trad.it. L’istinto di narrare. Come le storie ci rendono umani, Bollati Boringhieri, Torino 2012

J.Gottschall, The Story Paradox. How Our Love of Storytelling Builds Societies and Tears Them Down, 2021; trad. it. Il lato oscuro delle storie. Come lo storytelling cementa le società e talvolta le distrugge, Bollati Boringhieri, Torino 2022

T.Van Laer, Ko de Ruyter, L.M. Visconti, M. Wetzel, “The Extended Transportation-Imagery  Model: A Meta-Analysis of the Antecedents and Consequences of Consumers’ Narrative Transportation”, Journal of Consumer Research, 40:797-817, 2014

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