La trasformazione del Team digitale in Dipartimento per la trasformazione digitale e l’istituzione di un ministero ad hoc per l’innovazione, guidato da Paola Pisano, mi convincono sempre più del fatto che il nuovo governo Conte sia l’esecutivo più amico dell’innovazione nella storia recente.
E lo dico con cognizione di causa: sono in Parlamento da un anno e mezzo e in questo periodo più volte mi è capitato di pensare che il Paese non si potesse in alcun modo cambiare. Che si sarebbe spento gradualmente nell’inedia. Questo non tanto per la mancanza di una volontà politica. La politica ha una volontà abbastanza forte e, a parte i suoi tempi (su cui potremmo discutere in un altro articolo), emana delle leggi con una chiare ambizioni. Lieto fine dunque per elettori ed eletti? No, perché l’approvazione è solo l’inizio della vita per una legge. Da qui inizia un’esistenza kafkiana, fatta di mancati decreti attuativi, di ricorsi al Tar, di sentenze, di mancate applicazioni, di difficoltà interpretative, di gelosie tra enti, eccetera per cui alla fine la volontà politica viene sterilizzata. E così il Paese non progredisce. Cito un dato tra tutti, a oggi mancano circa 350 decreti attuativi per rendere operative le leggi votate in un periodo che va tra il governo Renzi e il governo Conte.
Innovazione, la svolta del team digitale
In questo scenario (non solo italiano) che ha reso la funzione politica (nel senso di ‘fare del bene’) quasi una prerogativa delle nuove imprese e dei nuovi modelli di business, i privati sembrano commissariare lo Stato e i Parlamenti nel garantire il benessere dei cittadini. Nulla di male, anzi.
L’occasione però per la redenzione della politica fatta dalle istituzioni credo sia venuta da un esperimento lanciato a Palazzo Chigi nel 2016.
Il Team per la trasformazione digitale infatti nasce per costruire il “sistema operativo” del Paese. Quando ho conosciuto queste persone l’anno scorso, ho capito che c’era una strada per salvare lo Stato da una lenta eutanasia di sistema. Il loro esperimento ha mostrato che, nel mare magnum delle burocrazie, la chiave potrebbe essere quella di creare una sorta di ‘fast track’ per il rapporto tra servizio pubblico e cittadino. Laddove infatti ci si ostina ad avere una serie di enti a compartimenti stagni e ingranaggi kafkiani, sia per le imprese, che per i comuni, che per i cittadini, il Team digitale ha proposto un’alternativa costruendo una serie di nuovi servizi digitali che stanno crescendo parallelamente a quelli attuali. E così al posto dei vari pagamenti online c’è il progetto PagoPA, al posto di avere una diaspora di servizi della PA ci sarà la app IO, e così via. Fantastico. Vale quindi in un certo senso la metafora del nodo gordiano, se sbrogliarlo è impossibile, taglialo!
Uno dei grandi elementi dietro l’efficacia dell’esperimento Team digitale è l’ecosistema protetto in cui lavora. Infatti esso nasce con un commissario straordinario che, con ‘entrepreneurial mindset’, ha potuto scegliersi il miglior personale che il privato aveva da offrire (da Google al Cern, ecc) e mettere insieme un (insolito) gruppo di professionisti di alto valore goal oriented. Inoltre, ed è l’aspetto più importante, il fatto di essersi sviluppato sotto il tetto di Palazzo Chigi ha permesso un’elevata protezione e una buona reattività ai vari bisogni che il Team ha avuto nel tempo, cosa che sarebbe potuta non accadere se esso avesse lavorato (come in altri esperimenti meno performanti) sotto altri dicasteri o enti. Ricordo poi che, non a caso, una situazione di successo simile è quella del Comitato Interministeriale per l’aerospazio, anch’esso ‘protetto’ dal primo ministro, e anch’esso riconosciuto per essere stakanovista ed efficace.
Dipartimento e ministero, i prossimi step
Poi, pochi giorni fa è arrivata la svolta, con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto che trasforma il Team per la trasformazione digitale in Dipartimento. Fino a cinque giorni fa quindi credevo che la via maestra fosse quella di riuscire a creare una serie di team sotto il nuovo Dipartimento a Palazzo Chigi. Dunque, emulando l’efficace modello del Team per la trasformazione digitale della PA, ritenevo che si sarebbe dovuto costituire anche un team che si occupasse di sanità digitale e cartella clinica elettronica (CCE), un team che si occupasse di digitalizzazione dei servizi INPS e uno che semplificasse i vari e ripetitivi adempimenti/procedure delle imprese italiane. Insomma avere diversi team nel Dipartimento con una sola missione: l’interoperabilità. Tutto ciò ora diventa ancora più fattibile.
Cinque giorni fa, infatti, si è accavallata la svolta di Conte con l’istituzione di un Ministero apposito, da lui fortemente voluto. Questo ministero, che ha scatenato le migliori fantasie dei tanti ‘tech enthusiast’ italiani, andrà principalmente ad incorporare in neonato Dipartimento e avrà sede a Palazzo Chigi, il che permetterà, oltre a garantire il massimo impegno del nuovo ministro ad hoc (al posto dei sempre occupati Primi Ministri), di mantenere l’alto livello di protezione e ascolto di palazzo Chigi di cui parlavo sopra.
Per intanto si porteranno avanti sotto il ministero, con Luca Attias e gli altri membri, i vari progetti di PA digitale sviluppati in questi anni. Ma non solo. Ritengo che il futuro più auspicabile per il ministero prevedrebbe, oltre ad un portafoglio, un’estensione delle deleghe così da dargli, negli anni, competenze di altri ministeri (dallo sviluppo economico, alle Telecom, al lavoro). Tra l’altro la Commissione parlamentare permanente per l’innovazione, che potrebbe nascere in questa legislatura, darebbe una grande mano in questa direzione.
Un Governo amico dell’innovazione
Ieri, qui fuori dalla Camera, sono venuti alcuni cittadini a protestare, nulla di male, ma a loro e ai più scettici di questa inedita collaborazione politica, mi sento di dire che se fossimo andati prematuramente a votare, conoscendo la poca affezione per certi partiti a questi temi, tutti i progetti di cui stiamo parlando non sarebbero mai accaduti. E nel corso della quarta rivoluzione industriale, sarebbe stato un crimine. Invece, avendo intrapreso al bivio di agosto questa strada, ho potuto ascoltare il premier Conte parlare estensivamente della centralità dell’innovazione, della ricerca e della quarta rivoluzione industriale, ho potuto conoscere il nuovo ministro per l’innovazione Paola Pisano, ho potuto vedere tra i ministri personalità molto sensibili al digitale come il ministro per l’istruzione Fioramonti e il ministro per i rapporti con il parlamento Federico d’Incà. Ho poi potuto votare la fiducia a quello che, come ho già detto, ritengo il governo più amico dell’innovazione nella storia recente.
Argomentando in modo provocatorio (ma neanche tanto), il Team per la trasformazione digitale (e ora, il ministero) ha potuto costruire rapidamente per i cittadini molto di più di quello che tanti enti e ministeri hanno fatto in anni di governance. Questo case study ci mostra che contro il rischio di una stagnazione sistemica potrebbe esserci una formula che corre parallela e che è vincente. C’è speranza.