Il 9 dicembre 2014 è stato pubblicato (finalmente!) in Gazzetta Ufficiale il Decreto attuativo del Sistema Pubblico dell’Identità Digitale, il c.d. SPID.
Con questo decreto si passa ora alla fase esecutiva e realizzativa delle specifiche del sistema, essendo definite le norme attuative da una norma di base, approvata nell’agosto 2013 nell’ambito del c.d. “Decreto del Fare” che delegava ad un Decreto attuativo le norme tecniche di dettaglio.
Il Decreto attuativo è stato approntato in un tempo relativamente breve e in sostanziale continuità tra i gruppi di lavoro dell’esecutivo Letta e dell’esecutivo Renzi.
Ha allungato tuttavia in qualche modo i tempi la necessità di notificare alla Commisione UE per eventuali osservazioni il regolamento in quanto si tratta di una norma tecnica ed attendere eventuali osservazioni, prima di poterla approvare definitivamente.
Prima di poter notificare alla Commissione occorreva tuttavia acquisire alcuni pareri necessari su potenziali emendamenti del testo, tra cui – molto importante – quello del Garante per la protezione dei dati personali, in quanto il Sistema SPID ha certamente impatto innovativo sulla gestione dei dati personali in rete e, dunque, si spiegano i vari mesi passati.
Dalla Commissione UE non sono venute osservazioni entro il termine previsto e dunque, a partire dal 24 settembre del 2014, è potuta andare avanti l’ultima fase del procedimento di approvazione, sino – appunto – all’approvazione definitiva del Decreto il 24 ottobre scorso e alla pubblicazione in Gazzetta il 9 dicembre.
Nel frattempo l’Agid ha comunque portato avanti alcune sperimentazioni per essere pronta ad avviare il lavoro sulle specifiche in base ai dati di SPID che erano già noti.
Complessivamente, l’Italia è dunque riuscita ad approvare il Sistema Pubblico di Identità Digitale in circa 18 mesi e il risultato è abbastanza incoraggiante, se si considera la portata dell’innovazione in questione.
E’ dunque il caso di effettuare una breve riflessione su come il nuovo sistema SPID inizierà a funzionare e quali saranno gli effetti, a partire dal 2015.
Soffermiamoci anzitutto sull’art. 4 del Decreto attuativo: la norma prevede una sorta di road map della fase esecutiva, con termini che decorrono tutti dalla pubblicazione del Decreto (9 dicembre): l’Agid ha 30 giorni per definire le Regole tecniche dello SPID (sentito il Garante per la protezione dei dati personali, che comuque, è già stato coinvolto ed è attivo su tale fronte); entro 60 giorni, invece, deve fissare le regole per l’accreditamento di identity provider ed attribute provider. Un ulteriore termine, molto importante, è previsto per il rilascio del regolamento che definisce le procedure che dovranno essere seguite affinché dispositivi di autenticazione informatica già in uso possano essere certificati come conformi allo SPID e utilizzati come credenziali.
Dunque, nel 2015 la prima cosa che è prevedibile per quanto riguarda il tema dell’identità digitale è la messa a punto dei tre regolamenti di dettaglio di Agid, entro febbraio, con la conseguente entrata in funzione di identity provider e attribute provider.
E’ verosimile – supponendo che i suddetti termini del regolamento possano essere rispettati – che intorno ad aprile-maggio 2015 potrebbero essere rilasciate le prime credenziali SPID.
A tal fine è importante sapere quando si accrediterà presso l’Agid il primo identity provider poiché l’art. 14 ricollega a questo evento un termine di importanza strategica: da quel momento tutte le Pubbliche Amministrazioni italiane (ripeto, tutte) hanno ventiquattro mesi per utilizzare SPID per l’accesso ai propri servizi telematici.
Se, dunque, il primo identity provider si accreditasse – in ipotesi – nel marzo 2015, il processo di conversione della P.A. italiana a SPID dovrebbe avere termine entro il marzo 2017.
Questo comporta che le P.A. devono consentire nei ventiquattro mesi agli utenti che richiedono telematicamente i propri servizi di utilizzare l’identità digitale per l’autenticazione come previsto all’art. 64 comma 2 del riformato Codice dell’Amministrazione Digitale.
Allo stesso modo l’Agid ha ventiquattro mesi per individuare le precise modalità con le quali le varie tipologie di PA potranno iniziare a usare SPID e questa è la sfida formidabile che attende l’Agenzia e il suo Comitato di Indirizzo.
D’altra parte il 2015 non potrà che confermare la centralità del tema dell’identità per la agenda digitale.
Nella consultazione pubblica in corso sulla #CrescitaDigitale si vede come la strategia si basa su varie piattaforme (scuola, giustizia, sanità, ecc.) e sulla “Casa del Cittadino – Italia Login”. Tutto questo presuppone che il cittadino possa autenticarsi con metodi sicuri, che garantiscano la privacy, interoperabili e funzionanti in base a specifiche e regole sotto il controllo pubblico anche se adottati e forniti da privati.
Mi attenderei dunque nel 2015 che il lavoro sull’identità non si fermasse alla entrata in funzione di SPID: esistono sistemi che devono entrare in funzione affinché SPID sia efficace e che con SPID devono interagire. Il primo è l’Anagrafe Nazionale Popolazione Residente la quale è un pilastro importante sia per il rilascio di SPID sia per i servizi che con SPID potrebbe essere possibile richiedere a livello centralizzato; il secondo è il documento digitale unificato, che potrebbe diventare l’appendice di SPID per quanto riguarda l’identificazione (essendo SPID uno strumento di autenticazione/identificazione informatica che deve però, per l’identità veicolare documenti di identità propriamente detti).
Mi aspetterei infine un generale lavoro di messa a punto delle norme sull’identificazione presenti nell’ordinamento, in maniera che servizi (telefono, luce, gas, conto bancario) possano avere accanto a quelle ordinarie anche procedure identificative comuni e collegate allo SPID man mano che questo strumento viene diffuso.
Tale tema si collega alla previsione di cui all’art. 6 comma 5 del Decreto attuativo dello SPID per la quale i fornitori di servizi scelgono il livello di sicurezza necessario per accedere ai propri servizi tra quelli disponibili. Dal 23 luglio scorso il Regolamento UE 910/2014 in materia di identificazione ha sostituito la Direttiva 1999/93/CE sulle firme digitali tanto che ogni riferimento alla 1999/93 ora si considera effettuato al nuovo regolamento e proprio il Regolamento 910 contiene un articolo 8 che descrive perfettamente come funzionano i tre livelli di cui è dotata anche SPID. Scopriamo così che solo i livello più alto garantisce effettivamente di “impedire l’uso abusivo e l’alterazione dell’identità”, mentre il livello intermedio “riduce significativamente il rischio di uso abusivo dell’identità” e il primo livello, con autenticazione a un solo fattore “fornisce un grado di sicurezza limitato rispetto all’identità pretesa o dichiarata”.
Questi criteri devono dunque essere quelli che orientano i fornitori di servizi e le Pubbliche Amministrazioni nella scelta.
Ad esempio, per servizi di pagamento, dove è indifferente chi sia il pagatore (es. bollo auto), il primo livello andrà più che bene, mentre, laddove solo il titolare ha diritto di richiedere una prestazione (es. andare in pensione) sarà necessario utilizzare il livelli più alto.
E’ anche vero, tuttavia, che una identità SPID di livello primo o secondo, associata ad un documento di identità, “colma” la lacuna sopra citata e realizza la c.d. “identificazione indiretta” (si mette cioè a servizio dello SPID l’identificazione avvenuta all’atto del rilascio del documento di identità) e anche tale tema, se adeguatamente svolto dai regolamenti che si appresta a varare Agid potrebbe innovare grandemente i processi di rilascio dei servizi e rendere lo SPID di utilizzo molto immediato per i servizi più diffusi.
All’identità digitale si domanda d’altra parte un ruolo assai importante perché, progressivamente, potrebbe arrivare a sostituire – ad esempio – vari tipi di certificazioni grazie al sistema degli attributi.
Con l’identità digitale la scuola potrà ad esempio risolvere il problema (esistente) di come assicurare che solo gli insegnanti accedano alla versione con le soluzioni degli ebook scolastici.
La Giustizia potrà semplificare l’accesso al portale del Processo Civile Telematico nel quale attualmente solo un avvocato, previa registrazione in cancelleria, può vedere gli atti di una causa e non vi è automatismo tra l’essere parte/difensore in una causa ed avere accesso ai relativi atti.
Un cittadino potrà avere direttamente accesso alle pratiche che lo riguardano presso qualunque amministrazione senza, ogni volta, dover provare il suo diritto ad accedere ottenendo prima un “PIN” con complesse procedure o dotandosi di CNS (Carta Nazionale dei Servizi), la quale è strumento molto sicuro ma che ha negli anni scorsi mostrato i suoi limiti diffusivi a causa di una certa complessità nel rilascio e nella gestione.