La critica

La banda larga è sprecata, se la Pa online è stupida

La PEC ha introdotto una pesante discriminazione fra cittadino e istituzioni. Sono rari gli esempi positivi che vengono dalla Pa digitale, come l’aggregatore in ePub. Il problema è l’uso non intelligente delle reti. L’accusa, dal noto avvocato specializzato IT

Pubblicato il 20 Dic 2012

Andrea Monti

Avvocato specializzato IT

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Il decreto “crescita 2.0” (qualsiasi cosa voglia dire questo nomignolo) si incanala nella lunga serie di provvedimenti annunciati e poi (di fatto o di diritto) disapplicati che dovrebbero colmare il digital divide italiano, portare la banda larga per ogni dove ecc. ecc. ecc.

Il mantra è sempre lo stesso, “condito” volta per volta dalla buzzword del momento che, nel nostro caso, riprende per l’ennesima volta la variazione sul tema del nome della newsletter di Ester Dyson (chi se la ricorda piu’?). E gia’ che siamo in tema di semantica e memoria storica, chi si ricorda che quando si cominciò a parlare di digital divide (italicamente tradotto “dividendo digitale” da chi ha scambiato la carenza di accesso alla rete con il profitto di un titolo finanziario quotato in borsa all’epoca della Internet Bubble) si pensava di portare la rete nel terzo mondo e non nelle case di qualche paese dell’agro pontino dove gli utenti non riuscivano a fare peer-to-peer con prestazioni adeguate?

L’ossessiva attenzione alla larghezza di banda – oggetto oltre che di provvedimenti normativi, anche delle campagne di marketing degli operatori telefonici – nasconde l’ossessiva incapacità di governo, parlamento ed operatori di riempire di qualcosa quei grandi tubi pieni di nulla, come scriveva nel 2002, con capacità divinatoria Giancarlo Livraghi.

I tentativi di usare la rete per avvicinare il cittadino alle istituzioni e migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione sono largamente falliti. Due esempi su tutti: la firma digitale è soffocata dalla stratificazione di norme pensate (sempre più) male e scritte (sempre piu’ – l’errore è assolutamente voluto) peggio.

La PEC ha introdotto una pesante discriminazione fra cittadino e istituzioni per la quale, parlando di processo telematico e dunque di efficienza del sistema giustizia, il messaggio inviato alla cancelleria da un avvocato si considera ricevuto non – come dice la legge – quando il messaggio è consegnato nella mailbox dell’ufficio ma quando l’ufficio (cioe’ la cancelleria) lo legge. Dunque, se il messaggio è inviato in orari diversi da quelli di apertura al pubblico, i termini legali (dal cui rispetto dipendono le azioni giudizarie) decorrono solo da giorno successivo, con il rischio dunque di far abortire le cause prima ancora che arrivino sul tavolo di un magistrato. Peccato, pero’, che le cose non valgano nella direzione inversa: le comunicazioni agli avvocati sono valide ed efficaci quando la PEC arriva nella loro casella. Poco importa se la abbiano letta oppure no.

Certo, ci sono esempi – come l’aggregatore di testi normativi in formato ePub sviluppato dal Senato – che lasciano sperare. Ma si tratta di azioni frutto dell’intelligenza dei singoli – o dei pochi – e non di una scelta strutturale del governo.

Dunque, se crescita digitale – o meglio, tramite il digitale – deve essere, allora con buona pace degli operatori telefonici il governo dovrebbe rendersi conto che di banda ne abbiamo fin troppa e che il problema serio è usarla in modo intelligente.

A che serve dare banda alla ASL di Pescara che non è in grado nemmeno di mettere su un sistema di prenotazione e pagamento dei ticket online?

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