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La Buona Scuola è davvero “buona”? Pro e contro della riforma Renzi

Ora il problema è tutto di tipo politico. Riuscirà il Ministro Giannini, che obiettivamente non si è caratterizzato nel suo prima anno di Ministero per grande “attivismo” a gestire in parlamento l’iter del disegno di legge? Riuscirà Giannini a impedire l’impianto del DDL ne venga snaturato dalle molte lobby che popolano i corridoi del Ministero

Pubblicato il 27 Mar 2015

Paolo Ferri

Professore Ordinario di Tecnologie della formazione, Università degli Studi Milano-Bicocca

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Finalmente dopo una consultazione di tre mesi (15 Settembre – 15 novembre) 207.00 risposte ai questionari on-line, 2043 dibattiti cui hanno partecipato circa 200.000 persone e più 1.800.000 intervenuti e dopo tre mesi si attesa; quello che prima doveva essere un Decreto Legge su La Buona Scuola è approdato in Parlamento come Disegno di Legge corredato da una Relazione tecnica. E’ stata una consultazione di massa che, ha acceso molte speranze e critiche, ma che ha riportato al centro dell’agenda politica e della discussione pubblica il tema della scuola, vediamone i risultati provando a delineare i principali contenuti del DDL presentato alla Camera.

Il grosso del provvedimento è costituito dal Piano straordinario per l’assunzione dei circa 200.000 docenti, quanti sono necessari per la messa a regime dell’organico funzionale – i docenti, cioè, necessari al funzionamento ordinario della scuola senza far ricorso strutturale ai precari. Si tratta di coprire tutte le cattedre vacanti con personale di ruolo e rispondere alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali del nostro sistema formativo senza far ricorso a continue assunzioni e licenziamenti “stagionali” di centinaia di migliaia di docenti e personale tecnico amministrativo – operazione illegale per la Corte Europea di Giustizia e oggetto di sanzioni da parte dell’UE. Tra i 100 mila e 150 mila precari saranno assunti a settembre 2015, poi per le successive prese di servizio si tornerà a selezionare i docenti solamente attraverso il tanto auspicato e contrastato “concorso”. Analizziamo più in dettaglio i principali provvedimenti del DDL.

1. Rafforzare l’autonomia scolastica: saranno i dirigenti a scegliere i docenti.

Verranno, infatti, istituiti albi regionali, divisi in liste provinciali e sub provinciali, da cui i dirigenti potranno attingere per l’assunzione dei docenti, sulla base del curriculum e della carriera pregressa. Nelle liste confluiranno i neoassunti e i docenti già di ruolo, che potranno essere scelti a solo a seguito di una volontaria domanda di mobilità. Il dirigente potrà proporre ai docenti un incarico su cattedra o su organico funzionale in base al curriculum. La proposta potrà essere avanzata anche a docenti che coprono in modo stabile una cattedra in altra scuola. Gli incarichi si rinnovano ogni tre anni.

2. Potenziare la formazione continua dei docenti

Finalmente anche in Italia è sancito il principio della formazione continua dei docenti che dovranno ogni anno seguire cinquanta ore di formazione non retribuita. Tuttavia per la prima volta nella scuola italiana gli insegnati potranno anche contare su un piccolo “portafoglio personalizzato” per l’aggiornamento e le risorse tecnologiche: 500 euro annui a disposizione da allocare su libri, hardware, software, corsi di formazione e/o iniziative culturali. A ciò si aggiungono 40 milioni di euro aggiuntivi per la formazione obbligatoria.

3. Si accelera nella direzione della valorizzazione il merito. Restano gli scatti di anzianità, ma sono stati confermati, gli annunciati 200 milioni di stanziamento per premiare le capacità e il merito dei singoli docenti. Il dirigente attribuirà gli scatti di merito al 5% degli insegnanti, per cui è stanziata un’apposita posta di bilancio di 200 milioni. Non sono ancora chiari i criteri di “premialità”, ma il DDL prevede che dovranno essere distribuiti in conformità a “specifici criteri” tra i quali sono elencati, la qualità dell’insegnamento, il rendimento degli alunni, l’innovazione metodologica e didattica, il miglioramento dell’efficienza della scuola di appartenenza.

Il costo totale dell’operazione annuo sarà di 2,2 miliardi di euro l’anno a regime, una cifra ragguardevole finalmente. Quest’anno serviranno 544,18 milioni, nel 2016 ci sarà un incremento di 1.853,35 milioni e di 1.865,70 nel 2017, per arrivare negli anni successivi a due miliardi l’anno.

b. Verso la buona scuola: prove tecniche di riforma.

Il piano non si limita, come abbiamo visto alle nuove assunzioni, per altro obbligate dall’UE, ma lascia intravedere il disegno di una nuova, e speriamo, stagione per la scuola italiana. I punti che ci sembrano più interessanti sono tre:

In generale il Disegno di Legge attua, anche se solo in parte, gli obiettivi delineati nel pamphlet La Buona Scuola, anche se ancora una volta mancano seri stanziamenti e risorse per l’infrastruttura tecnologica (la banda Internet in particolare). I punti che ci sembrano più interessanti sono i seguenti:

1. Il riconoscimento della necessità di una maggiore autonomia della scuola e di un più stretto rapporto le esigenze professionali degli studenti e le specificità dei territori. Da questo punto di vista la figura centrale è individuata nel ruolo del Dirigente. In linea di principio il rafforzamento del suo ruolo è molto necessario oltre che, a nostro avviso, auspicabile. Tutte le scuole, e sono molte, che hanno avviato un percorso di innovazione tecnologica e metodologica sono rette da Dirigenti, relativamente giovani, molto intraprendenti e che hanno interpretato il loro ruolo in maniera propositiva e imprenditoriale. Scegliere i docenti sulla base del merito, conferire gli incentivi e definire i piani di sviluppo e i progetti innovativi sono tutti compiti che un Dirigente dovrebbe considerare come un suo dovere già da tempo. Il problema è però il “contesto ambientale” in cui la riforma si attua: l’Italia. Come si potrà evitare che la giusta autonomia del Dirigente si trasformi in arbitrio e che le sue scelte vengano guidate da un reale interesse per la scuola e non da interessi personali, da relazioni amicali, dall’arbitrio e dall’abuso di potere. Se ci trovassimo in un paese del Nord Europa, questa preoccupazione avrebbe poco senso ma nell’Italia della corruzione e delle tangenti ci pare una domanda legittima. E’ necessario perciò che vengano rafforzati anche i sistemi di valutazione e controllo sia dell’operato dei dirigenti che di quello degli insegnanti.

2. Il riconoscimento, anche se parziale, del necessario premio al merito e alla professionalità. Il dirigente potrà attribuire scatti di stipendio sulla base del merito al 5% degli insegnanti, per cui viene stanziata un’apposita posta di bilancio di 200 milioni, anche se purtroppo permangono gli scatti di anzianità generalizzati. Si tratta di un primo passo in un campo dove si poteva e si può osare di più. Ad esempio procedendo a definire una vera e propria “carriera” per gli insegnanti, ovviamente basata sul merito e sulla formazione continua, istituendo tre livelli di docenza:

– i docenti “apprendisti”, con il compito di insegnamento e tutoraggio.

– I “docenti oridinari” con la responsabilità della progettazione didattica e del coordinamento della didattica nelle singole sezioni o collegi.

– I docenti “senior” con la responsabilità di coordinare i Dipartimenti disciplinari e insieme al Dirigente di avviare e condurre i progetti di miglioramento e le azioni di found raising e di innovazione metodologica e tecnologica. L’accesso a questi ruoli dovrebbe ovviamente avvenire per concorso e non per cooptazione e prevedere livelli di stipendi e scatti merito differenziati economicamente.

3. Il riconoscimento della necessità di una maggiore attenzione rispetto al tema dell’alternanza scuola lavoro. Il decreto sancisce l’istituzione di 400 ore di stage o tirocinio “in azienda” per gli Istituti tecnici e professionali e di 200 per i licei. Si tratta di un primo passo ma molto importante, fortemente voluto anche dal Ministro Poletti, perché uno dei problemi principali della nostra scuola è proprio quello dell’autoreferenzialità e della scarsa apertura al tessuto sociale e produttivo del territorio. Su questo obiettivo specifico vengono stanziati 100 milioni di euro e allo stesso modo 90 milioni per l’innovazione didattica e tecnologica finalizzata all’istituzione a scuola di laboratori e attrezzature tecnologiche per rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro sempre più competitivo e a volte impietoso con i nostri diplomati. In un paese che ha più del 40% di disoccupazione giovanile, il tema dell’alternanza-scuola lavora rappresenta uno snodo di fondamentale importanza che andrebbe ulteriormente potenziato attraverso opportuni accordi con aziende e pubbliche amministrazioni.

Per concludere.

Il positivo segnale di innovazione del DDL e del suo allegato tecnico rappresentano la prima forte spinta innovativa ad opera del Ministro Giannini e del Governo Renzi nella direzione della riforma e del cambiamento strutturale del nostro sistema scolastico.

Ora il problema è tutto di tipo politico. Riuscirà il Ministro Giannini, che obiettivamente non si è caratterizzato nel suo prima anno di Ministero per grande “attivismo” a gestire in parlamento l’iter del disegno di legge? Riuscirà Giannini a impedire l’impianto del DDL ne venga snaturato dalle molte lobby che popolano i corridoi del Ministero, tra tutte i sindacati della scuola, le organizzazioni dei dirigenti, dei docenti e degli editori. Lo Speriamo e che lo auguriamo soprattutto perché non sia tradito l’impegno di quasi 2.000.000 di cittadini – operatori della scuola e non – che hanno partecipando, portando il loro punto di vista, a un dibattito e a una discussione a volte aspra ma che è stata animata da grande passione civile. Caro Ministro, un sincero augurio di portare a compimento una riforma fondamentale per la “ripresa” culturale e civile, ma anche economica del nostro paese. Ci auguriamo, infatti, che la montagna non partorisca, come spesso accade in Italia, l’ennesimo topolino.

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