Le pubbliche amministrazioni italiane cominciano ad assaggiare il cloud computing e chi l’ha fatto non ha dubbi che la Nuvola comporti vantaggi sia di efficienza che di costi. Ne è convinta ad esempio Serena Carota, Chief Information Officer della Regione Marche che sposta la prospettiva del cloud un po’ più in là dell’immediata ottimizzazione delle risorse della singola PA. Il progetto della Regione prevede proprio oggi 10 dicembre l’inaugurazione di un’infrastruttura private cloud (ovvero si applicano i principi architettonici della nuvola su server di proprietà dell’ente) ma è il classico punto di partenza nella visione degli amministratori pubblici marchigiani.
“La finalità è la produzione di open data che favoriscano lo sviluppo di App – dichiara Carota ad Agendadigitale.eu – per permettere alle imprese di fare nuovi business a partire dai nuovi dati resi disponibili, come ad esempio gli orari dei trasporti per le App turistiche. La nostra visione è orientata molto alle imprese, l’obiettivo è dare vita a un sistema federato pubblico-privato su cloud privato per la PA e cloud pubblico e open data per le imprese”. L’aspetto notevole quindi che il cloud già viene visto, da quest’amministrazione, non solo come risparmio ma anche come abilitatore di sviluppo per le imprese del territorio. “Oltre ad accentrare le infrastrutture per ridurre i costi, il cloud può consentire di avere effetti innovativi sul territorio se riesce a creare delle sinergie tra PA e privato. Inoltre agevola i processi di standardizzazione, porta a definire degli scenari standard di applicazioni, razionalizzando il deploy”, conferma Carota.
Le Nuvole suggellano un patto inedito tra Pa e aziende? Si vedrà, siamo ancora agli inizi.
Se le norme ci sono, anche se sempre migliorabili (“non tengono abbastanza in considerazione la posizione congiunta di Marche, Toscana ed Emilia”), manca ancora qualche corollario non da poco, secondo il CIO delle Marche: “La contrattualistica in ambito cloud è una tematica che deve essere approfondita e definita sulla base della responsabilità del trattamento dei dati”. I buoni esempi da seguire non mancano, quello che manca oggi è “un’intera infrastruttura cloud dedicata alla pubblica amministrazione. Esistono delle isole ma non un modello complessivo, che contempli il riuso delle best-practice con l’ottica di sostituire i prodotti proprietari con prodotti open source”. Il che suona apparentemente stonato in bocca a chi ha appena realizzato la propria nuvola insieme a Microsoft, per anni rappresentante del software proprietario con licenze a pagamento. Ma Carota avverte che le cose sono cambiate. “Microsoft come tutti gli altri vendor, ha capito che il tempo delle licenze è passato; anzi ci hanno dato disponibilità di poter riusare la loro infrastruttura open data in Regione. Stanno cambiando strategia di vendita, in questa fase pre-lancio ci siamo confrontati più volte sul tema e li abbiamo trovati molto disponibili. Non paghiamo a Microsoft alcuna licenza per il cloud. Il modello di riferimento in questo caso però più che open source è quello ‘marchigiano’: piccoli passi e cercare di raggiungere i risultati con le nostre forze. Utilizziamo le soluzioni dei vendor in modo originale, ci piace essere gli sviluppatori di queste soluzioni”.
Da eccellenza a eccellenza, anche a Lecco lo stato dell’arte delle soluzioni basate sulla nuvola è avanzato. Merito dell’azione congiunta di Regione ed Azienda che hanno contribuito a fare dell’Ospedale del capoluogo una best practice internazionale in ambito di sanità digitale. Merito anche di Alberto Bacchi, Direttore dei Sistemi Informativi Aziendali dell’Azienda Ospedaliera della provincia di Lecco e della sua squadra di tecnici e sviluppatori. Un percorso iniziato con lungimiranza nel 2000 con la rimozione graduale di tutti gli applicativi sui singoli pc e il passaggio a sistemi server; nel 2008 è stato così molto più semplice iniziare la virtualizzazione della sala server e del client, il prototipo del cloud. Risultati apprezzabili e ormai ben noti (la spesa IT nell’ultimo anno è calata di 240mila euro, il che ,in un panorama di aumenti diffusi è un risultato ragguardevole) frutto anche di soluzioni sviluppate internamente. “Abbiamo vinto anche dei premi per le architetture e i sistemi che abbiamo sviluppato. Il merito è dei miei ragazzi e della possibilità che abbiamo avuto negli anni di pianificare gli investimenti e i progetti potendo contare su una stabilità e una continuità che non è venuta meno neanche nell’alternanza dei Direttori dell’ Azienda Ospedaliera”. Il codice sviluppato internamente alla divisione IT dell’Ospedale è rilasciato in dotnet db Oracle) ma ora è in cerca di una apertura verso l’Open Source e il riuso, perchè “è un bene pubblico, pagato da soldi pubblici ed è giusto che sia disponibile per tutte le PA”
L’Azienda Ospedaliera della provincia di Lecco sarà ancora all’avanguardia anche nel prossimo passo programmato, la migrazione di tutta la posta, i calendari, e i servizi di comunicazione avanzata come la videoconferenza su cloud pubblico, ovvero esternalizzando le risorse. Da molte amministrazioni il passaggio a soluzioni di nuvola pubblica è visto come un salto nel vuoto. Bacchi la vede diversamente “Abbiamo studiato la normativa, il tema è delicato perché trattiamo dati sensibili e dobbiamo tutelare i pazienti/cittadini rispettando al contempo le leggi. Finora questo è stato fatto. Non bisogna vedere la normativa come semplice burocrazia ma guardarla come tutela del paziente/cittadino. La normativa in quest’ottica è chiara.”
E pensare che il cloud computing non è certo una soluzione tecnologica nuova. Una delle sue prime manifestazioni su larga scala fu Hotmail, il servizio di posta ideato nel 1995 (cioè all’inizio del web commerciale) e acquisito nel 1997 da Microsoft. Solo che nel ’95 non veniva chiamato cloud, ma semplicemente un servizio di posta web-based. Anche per le aziende non è una novità, ormai tutte quelle medio-grandi hanno adottato soluzioni in cui software, servizi, piattaforma o infrastruttura risiedono in una nuvola di server. E pure le Pmi iniziano a esternalizzare in data center le proprie risorse, da usare solo quando serve pagando solo per quel che si usa. Solo dopo utenti finali e utenti business grandi e piccoli è arrivata la Pubblica Amministrazione. L’ultima ricerca (http://www.agendadigitale.eu/infrastrutture/131_la-via-del-cloud-per-la-rivoluzione-digitale-nella-pa.htm) in materia di PA e cloud, realizzata dall’Osservatorio Cloud e ICT del Politecnico di Milano, ha fotografato uno stato del patrimonio tecnologico delle amministrazioni centrali e locali che viene definito “un’infrastruttura molto frammentata e gestita in modo spesso inefficiente”. Eppure le soluzioni non mancano, la normativa – sebbene non del tutto esaustiva su certe questioni – c’è e i buoni esempi da seguire anche. E’ un peccato, perché la PA è così l’ultima a beneficiare di tutti i vantaggi che il cloud comporta e di cui gli enti pubblici avrebbero davvero bisogno.