Nuovo governo

La PA manca la scadenza 28 febbraio, ecco come recuperare

La data del DL Semplificazione è rispettata solo da alcuni, ma è perlopiù simbolica perché ciò che serve davvero sono servizi ripensati in digitale. Il nuovo Governo sposi una logica diversa, basata su pianificazione, progettazione, finanziamento, attuazione e controllo

Pubblicato il 28 Feb 2021

Giovanni Manca

consulente, Anorc

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Oggi 28 febbraio 2021, come stabilito dal Decreto Legge “semplificazione e innovazione digitale”, è la data entro la quale le PPAA devono:

  • integrare nei propri sistemi informativi SPID e CIE come unico sistema di identificazione per l’accesso ai servizi digitali;
  • integrare la piattaforma pagoPA nei sistemi di incasso per la riscossione delle proprie entrate;
  • avviare i progetti di trasformazione digitale necessari per rendere disponibili i propri servizi sull’App IO.

I 5mila Comuni con meno di 5mila abitanti hanno ottenuto una proroga fino alla fine dell’emergenza (con la conversione del decreto).

Certamente tantissime amministrazioni soprattutto locali si sono mosse anche sostenute dall’iniziativa per i Comuni del Fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione peraltro con bassa disponibilità economica per ciascun Comune.

Tantissime amministrazioni, ma non tutte – com’è evidente facendo un giro dei diversi siti dei Comuni.

Spid e transizione dei servizi

Ma il problema non è tanto questo, perché la data del 28 ha un valore perlopiù simbolico.

Per prima cosa,  anche da chi ha rispettato la data, ci si aspetta l’attivazione di pochi servizi SPID se non addirittura uno soltanto perché lo spirito delle amministrazioni è quello dell’adempimento minimo.

Certamente l’accesso tramite SPID non è complesso se la PA ha già disegnato i servizi online per l’accesso tramite PIN.

Se questo non è stato fatto, l’accesso tramite SPID ha fisiologicamente a disposizione servizi che sono fittizi o comunque basati su procedimenti di natura cartacea e quindi non efficienti.

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Come recuperare i ritardatari

Un recupero è possibile se gli obblighi saranno estesi ad un numero di servizi minimo per tutte le amministrazioni individuando per gli Enti Locali un insieme di servizi di base ma anche alcune indicazioni operative fondamentali.

Le indicazioni fornite dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione si sono concentrate su SPID, CIE, PagoPA e APP IO ovvero sull’autenticazione utente e sull’interfaccia operativa.

Ad esempio nulla si è detto su metodi di invio documentazione e modalità di sottoscrizione. L’APP IO è importante ma da sola non si riempie di contenuti reali.

Questi elementi generali sono confermati dal fatto che dal 2001 ogni Governo mette in campo risorse economiche per la digitalizzazione della PA. I nomi cambiano e-Government, digitalizzazione, trasformazione digitale ma l’obiettivo è sempre lo stesso, rendere digitali i procedimenti della PA che fisiologicamente fa da volano a settore privato.

Il settore privato infatti non è certo molto più digitale della PA se non per certe attività particolari oppure se il privato è una Banca di grosse dimensioni o un soggetto nato per il Commercio elettronico come i servizi di biglietteria elettronica.

Spingere sull’accesso ai servizi quando i servizi non sono al meglio è come costruire una strada verso il nulla. Questo, purtroppo è stato il risultato della politica digitale dal 2001 ad oggi pur non negando tanta buona volontà e tante idee.

Eppure non è complicato di base attuare delle valide soluzioni visto che l’unica differenza operativa è nei dati. Dati utilizzati per i procedimenti interni alla PA che si utilizzano per rispondere alle richieste dei cittadini e delle imprese.

I problemi che non si risolvono

I problemi che non riescono a trovare soluzioni sono ben noti:

  • eccesso di sistemi elaborativi e loro prevalente obsolescenza tecnologica;
  • procedimenti cartacei simulati in digitale;
  • offerta di servizi con picchi di richieste non gestibili con software non adeguato;
  • banche dati non cooperanti;
  • sicurezza cibernetica carente;
  • protezione dei dati personali in crescita ma insufficiente;
  • formazione del personale insufficiente o non didatticamente organizzata.

Progetti non sostenibili

Tante altre carenze sono presenti ma un problema persistente potremmo identificarlo come la “sindrome del primo della classe”. Tutti hanno fatto qualcosa di unico, il dirigente apicale per il referente politico e questo per il politico e questo per il vertice politico, ecc. Si parla periodicamente di svolta epocale, di inizio di una era anche se in realtà dal 2001 ad oggi si fanno le stesse cose, cambiando la norma, magari il nome del progetto, anche un po’ di tecnologia ma il risultato  è sempre stato lo stesso. I progetti partono anche con finanziamenti adeguati e poi pian piano muoiono perché non sono in grado di autosostenersi. Manca la sostenibilità.

Serve continuità di governance

Una cambio di rotta è sempre possibile ma deve essere attuato con decisione e senza ripensamenti tra Governo uscente e nuovo Governo. Il digitale deve essere stimolato e sostenuto da tutte le forze politiche e non decollerà mai se tutto si spegne nel corso della breve durata media di un Governo. Nell’Italia del dopo guerra solo due Governi sono durati un’intera legislatura e anch’essi sono stati soggetti ad un rimpasto. Il primo ad essere nominato Ministro per l’innovazione e le tecnologie Lucio Stanca ha operato per l’intera Legislatura ma in due Governi diversi.

Dati e cloud

Il metodo migliore che si può individuare per gestire le divisioni culturali, politiche e di risorse è che ogni entità, Ministero, Regione, Comune agisca in modo ragionevolmente autonomo e che scambi dati con le altre amministrazioni tramite interfacce standard in base alle esigenze del procedimento amministrativo.

Una serie di servizi possono anche essere utilizzati in modalità cloud SaaS realizzando economie di scala. Certamente un modello unico, nazionale, centralizzato non ha funzionato e difficilmente può funzionare.

L’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente è certamente la base dati cruciale per ogni processo di digitalizzazione per la sua fisiologica natura di indice del cittadino. Ad essa si affianca per le stesse motivazioni “mutatis mutandis” il Registro delle Imprese.

Sarebbe poi utile creare un procedimento amministrativo non parcellizzato a micro fasi ma unico, continuo e coordinato. Non sarebbe inutile consentire al cittadino di sottoscrivere documenti gratuitamente, senza dover pagare servizi al mercato direttamente (vedi il caso della cosiddetta firma “one shot” valida solo per una sottoscrizione).

L’utente dovrebbe sottoporre l’istanza o la dichiarazione e tutto procede fino alla conclusione senza bisogno di interagire n volte per il richiedente o addirittura non sapere l’andamento della pratica.  Tra l’altro il CAD prevede anche che il cittadino possa seguire l’andamento delle proprie istanze.

Chi scrive è ben conscio di ripetere per l’ennesima volta le stesse cose ma queste cose perché ripetute da tutti confermano che quella è la via.

Pianificazione, progettazione, finanziamento, attuazione e controllo. In carico ad Enti terzi che non durano il tempo di un Governo sempre troppo breve.

Formazione

La formazione deve essere strutturata in modo organico e didatticamente utile. Fare un seminario di un giornata diventa, anche con docenti di altissimo profilo, l’equivalente di uno spettacolo teatrale. E’ indispensabile che il corso sia registrato e rivisto dagli utenti anche per ottimizzare il tempo a disposizione dei singoli fruitori (elearning). Sui temi del corso bisogna mantenere attivo un canale con il docente per le domande, specifiche ovviamente non sostitutive della consulenza.

Infine il discente deve essere testato dopo il corso. Chi scrive raramente ha avuto in aula persone attente, interessate e non distratte da telefonate dell’ufficio o forse private.

Quindi periodicamente il personale deve partecipare a corsi dove alla viene esaminato al fine di valutare il reale livello di apprendimento. Anche in questo caso il metodo elearning e i questionari online possono ovviare a problemi organizzativi del personale o a una timidezza della persona.

Lo scopo non è punitivo ma formativo. Se spendo risorse per formare e non ottengo risultati bisogna cercare di capire quali sono i problemi per risolverli e non farne un uso punitivo e deterrente al miglioramento professionale.

Chi scrive raramente ha visto dirigenti in aula ma ha sentito tantissime volte la frase “Il dirigente vuole la carta” e anche di peggio.

I punti per il nuovo governo

Le tematiche per il nuovo Governo sono le solite. Coordinamento politico tra Trasformazione Digitale e PA, sostegno economico adeguato, soprattutto ai piccoli e medi Comuni e supporto tecnico organizzativo che richiede un potenziamento di AgID o di struttura analoga e, in ogni caso, un apporto di personale stabile nel tempo e non legato alle esigenze del momento.

Sia il Commissario Straordinario Piacentini che il neo Ministro Vittorio Colao hanno ipotizzato in loro documenti ufficiali un ruolo per AgID e una struttura parallela un numero di 500 persone.

Ma anche dire a priori quante persone servono non è corretta progettazione. Prima si deve decidere cosa fare, in che tempi, con quali risorse e poi si attua indicando anche le risorse che servono. Nel passato i progetti hanno anche ben funzionato ma non si sono sostenuti e sono morti e i fondi utilizzati sono stati praticamente sprecati.

I progetti devono partire e poi devono essere sostenuti da fondi annuali nel Bilancio dello Stato o devono autosostenersi.

Stavolta i fondi europei del cosiddetto Recovery Fund sono tanti, l’importante non sarà fare ma mantenere quello che si è fatto in armonia con il proverbio che l’importante non è portare il pane al bisognoso ma farlo imparare a panificare.

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