Il tema dell’e-procurement rappresenta uno degli elementi sicuramente centrali e – in qualche misura – propedeutici a qualsiasi operazione di saving sui costi che possa/debba essere avviata dalla pubblica amministrazione, soprattutto se si vuole superare la logica dei tagli lineari e indiscriminati.
Consip ha svolto e svolge un ruolo fondamentale in questo senso, mettendo a disposizione degli enti una serie di strumenti (accordi quadro, convenzioni, MEPA, ecc.) la cui utilità e il cui impatto in termini di economie conseguite è documentato e incontrovertbile. Anche molte centrali regionali d’acquisto (a partire da Lombardia ed Emilia-Romagna) supportano gli enti locali e le aziende sanitarie fornendo opportunità di approvvigionamento sicuramente vincenti.
Fin qui, tutto bene. Gli enti della PA “approfittano” di strumenti vincenti e – soprattutto – di una decisamente significativa massa critica di domanda a fronte della quale l’offerta “abbassa i prezzi”.
Forse, però, si può fare di più e di meglio.
Forse, prima ancora che di “e-procurement” avrebbe senso parlare di “cultura generale sul procurement pubblico”: nei fatti, la PA italiana dall’Unità d’Italia ad oggi ha comprato e compra beni e servizi partendo da un assunto implicito riassumibile con l’espressione “mettersi sempre e comunque dalla parte della ragione”, ed è da qui che probabilmente si originano tutti i guai che si sono nel frattempo verificati.
Ciò che deve succedere è che la PA italiana riesca a cambiare radicalmente le sue logiche di approvvigionamento, riuscendo ad assomigliare alle realtà private che acquistano “esattamente quello che serve, al momento in cui serve, nelle quantità giuste, scegliendo il fornitore giusto e pagando il prezzo più giusto”.
Ciò che forse adesso serve davvero, è che Consip da una parte e le centrali regionali d’acquisto esistenti lavorino alla creazione di un’offerta che vada decisamente al di là del “semplice” servizio di marketplace: occorre che soprattutto gli enti di dimensioni minori siano messi in condizione di avere un supporto complessivo rispetto al tema degli acquisti: analisi dei fabbisogni, pianificazione degli approvvigionamenti, controllo delle scorte, logiche di “just-in-time”, strategie di sourcing, eccetera.
Peraltro, la creazione di un’offerta in questa direzione potrebbe rappresentare un ottimo “momento” propedeutico a una successiva operazione di semplificazione e drastica riduzione delle stazioni appaltanti.
Probabilmente questo è il momento giusto per Consip (e per le centrali regionali d’acquisto già attive) per cominciare a immaginare un’offerta integrata per la gestione della supply chain delle PA locali, anche in considerazione dell’imminente entrata in vigore della riforma contabile prevista dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. In questo senso è auspicabile l’attivazione di momenti di confronto coi principali fornitori di sistemi informativi amministrativo-contabile, in modo da favorire una sorta di integrazione “nativa” fra le piattaforme contabili e i sistemi di gestione della supply chain eventualmente forniti a livello centrale e/o regionale.
La partita in gioco è significativa: sia in termini di razionalizzazione delle attività di procurement per gli enti coinvolti, sia per quanto riguarda il governo complessivo della spesa pubblica. E la creazione di integrazioni e sinergie fra centrali d’acquisto e fornitori dei sistemi informativi amministrativo-contabili può rappresentare un significativo fattore di accelerazione.