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La Robotic Process Automation nella PA: cosa serve per avere vantaggi reali

L’automazione robotizzata dei processi (RPA) potrà essere fondamentale per la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, ma la disponibilità della tecnologia non è di per sé una condizione sufficiente per garantire buoni risultati. Ecco le tre attività da affiancare alle iniziative di automazione

Pubblicato il 23 Mar 2020

Salvatore Pidota

Government & Public Sector Specialist

intelligenza artificiale giornalismo

Il nuovo acronimo che la Pubblica Amministrazione deve imparare a conoscere bene è RPA, che sta ad indicare la Robotic Process Automation, ossia una tecnologia, già sperimentata con successo nel settore privato, che si pone lo scopo di automatizzare i processi ripetitivi di un’organizzazione che in genere richiedono l’intervento umano.

Il contributo che può essere offerto da queste soluzioni alla crescita della PA, come vedremo, è notevole ma, affinché ci sia un impatto reale, sarebbe opportuno intensificare gli investimenti pubblici.

I costi della PA

Com’è noto, la PA sta attraversando un periodo di forti cambiamenti e la corrispondente necessità di controllare i costi, eliminare gli sprechi e assicurare un valido ricambio generazionale, rende sempre più difficile assicurare un servizio pubblico efficace ed efficiente per cittadini e imprese. Giusto per avere un’idea concreta sulla questione dei costi, si pensi, ad esempio, al debito pubblico italiano che è pari a oltre 2.400 miliardi di euro, oppure, alla spesa pubblica che supera il 45% del Prodotto Interno Lordo.

Si tratta di dati molto preoccupanti che dovrebbero essere considerati un invito all’azione per il management della PA a spendere bene le risorse pubbliche, nonché a ricercare delle modalità di gestione e conduzione delle attività più coerenti con le attuali esigenze di razionalizzazione e ottimizzazione delle procedure della Pubblica Amministrazione.

Cos’è la Robotic Process Automation

In tal senso, l’adozione su larga scala di questa tecnologia, potrebbe essere un passo importante verso l’implementazione di politiche rivolte a ridurre i costi, migliorare la produttività e mitigare l’insoddisfazione di cittadini e imprese verso i servizi pubblici.

Da un punto di vista tecnico, quando si parla di RPA, si fa riferimento a quei software “robot” in grado di eseguire in automatico molte attività di routine, ripetitive e ridondanti, emulando il comportamento del personale preposto e interagendo con gli applicativi esistenti nello stesso modo in cui farebbe un operatore dell’organizzazione.

Al fine di comprendere meglio di cosa si tratta, può tornare utile immaginare un robot digitale (il software) in grado di connettersi ai sistemi e utilizzare l’interfaccia grafica utente esattamente come farebbe un qualsiasi dipendente della PA. Questa è l’idea centrale della Robotic Process Automation: svolgere le mansioni strettamente operative che attualmente sono in capo agli operatori ma in maniera più veloce, evitando errori e senza interruzioni.

RPA vs intelligenza artificiale

A ogni modo, appare fondamentale, per poter capire bene il funzionamento di questa tecnologia, effettuare una distinzione con il concetto di intelligenza artificiale, troppo spesso utilizzato impropriamente quanto si parla di RPA.

L’automazione robotizzata dei processi si occupa prevalentemente di attività semplici: si “istruisce” il computer/software ad agire per eliminare le attività fisiche che non richiedono conoscenza, comprensione o intuizione. In particolare, tale tecnologia è in grado di automatizzare attività come l’immissione di dati, la gestione della posta elettronica, il recupero di informazioni da documenti, le riconciliazioni contabili, la rielaborazione di dati, il contact center per i cittadini, la compilazione di moduli/certificati/autorizzazioni, la gestione del ciclo di fatturazione e così via.

Con l’intelligenza artificiale (AI – artificial intelligence), invece, si interferisce con la base cognitiva dell’essere umano oltre alla capacità fisica di svolgere un singolo compito. Con l’AI, dunque, si può gestire il linguaggio naturale, il ragionamento e il “giudizio”, stabilendo il contesto, il significato delle cose e fornendo, altresì, approfondimenti di dettaglio su svariate tematiche. Quindi c’è una grande differenza tra i due concetti. Inoltre, mentre la RPA è abbastanza matura come tecnologia, l’AI non lo è. Si pensi ad esempio al deep learning, ossia quella tecnologia basata su reti neurali artificiali che riproducono o meglio tentano di riprodurre, il funzionamento del cervello umano e su cui ci sono ancora tanti approfondimenti da condurre.

Naturalmente nulla vieta a queste due tecnologie di interagire tra loro, come già del resto avviene da diverso tempo, al fine di creare un solido connubio in grado di restituirci una RPA più “intelligente”, capace di automatizzare anche i processi complessi: la cosiddetta cognitive RPA, ossia soluzioni capaci di svolgere compiti dove vengono richieste capacità cognitive più elevate.

Tornando all’oggetto principale della nostra argomentazione, è necessario far notare che i processi del settore pubblico sono caratterizzati da un’elevata presenza di task ripetitivi (il 60-80 percento delle attività svolte dalla pubblica amministrazione sono attività di routine) che per caratteristiche intrinseche, bene si adattano ad essere automatizzati mediante i software “robot” di RPA.

L’RPA per l’efficientamento della Pubblica Amministrazione

Nel panorama delle tecnologie emergenti, dunque, la robotic process automation ha un adeguato livello di maturità e tutti i requisiti necessari per poter essere in prima linea nel processo di trasformazione ed efficientamento della Pubblica Amministrazione.

Dello stesso avviso sembra essere anche il Parlamento Europeo che, in un rapporto dello scorso anno denominato “A comprehensive European industrial policy on artificial intelligence and robotics”, ha riconosciuto la rilevanza dell’automazione robotizzata dei processi, come tecnologia in grado di guidare nuovi modelli operativi, trasformare la società e digitalizzare i processi in numerosi settori tra cui il settore pubblico, sanità, energia, agricoltura e trasporti.

Aiutando, quindi, la PA a semplificare la realizzazione delle attività quotidiane, questa tecnologia è in grado di assicurare una minore dipendenza dal costoso e costante supporto di entità esterne (che svolgono quelle attività non eseguibili internamente per carenza di personale) e allo stesso tempo consente ai funzionari pubblici di svolgere delle mansioni più strategiche, creative e qualificanti.

Con riferimento a quest’ultimo punto, molto interessante sembra essere lo studio “The Impact of RPA on Employee Experience” condotto da Forrester Consulting, su commissione di UiPath, uno dei maggiori player operanti nel settore dell’automazione robotizzata dei processi, dove vengono intervistati 100 figure apicali di diverse organizzazioni, appartenenti a differenti settori, che hanno già implementato con successo software di RPA, al fine di valutare l’efficacia di questa nuova tecnologia sull’employee experience. Le evidenze ottenute dall’indagine sono sicuramente apprezzabili e hanno mostrato che l’adozione di strumenti di automazione robotizzata dei processi ha contribuito in maniera considerevole ad incrementare la produttività e le interazioni umane del personale dipendente, generando effetti molto positivi sui processi motivazionali e di coinvolgimento dello stesso.

Ma l’automazione robotizzata non basta

Ciò posto, la disponibilità della tecnologia, non è di per sé una condizione sufficiente per garantire il buon esito delle iniziative di automazione robotizzata dei processi nel settore pubblico. A tal fine, si riportano di seguito le tre attività che dovrebbero essere necessariamente espletate per realizzare con successo un intervento di automazione dei processi all’interno della PA.

Analisi organizzativa e scelta dei processi

Non tutti i processi sono automatizzabili. Quando si parla di RPA, selezionare il giusto set di processi da automatizzare rappresenta la chiave del successo dell’intera iniziativa. Per fare ciò, è necessario effettuare una mappatura e assessment di tutte le attività in capo ad un ufficio/unità operativa/direzione, in modo da poter determinare quali sono quelle più adatte ad essere automatizzate.

In ogni caso, al fine di accertare l’idoneità di un processo alla RPA, è possibile prendere in considerazione, a titolo esemplificativo, elementi quali:

  • la capacità delle procedure di essere definite e programmate meccanicamente;
  • la quantità di lavoro o risorse necessarie per eseguire attività ripetitive a intervalli regolari;
  • il volume totale delle transazioni che possono essere eseguite senza intervento umano;
  • la capacità di un processo di offrire un’esperienza al cittadino eccellente senza errori manuali;
  • la capacità delle fasi e delle attività di un processo di essere digitalizzate;
  • i possibili vincoli che potrebbero ostacolare la raccolta dei vantaggi dell’automazione.

Alla fine dell’analisi, con ogni probabilità, potrebbe emergere la necessità di revisionare uno o più processi per renderli coerenti con le logiche attuative della RPA.

Gestione delle risorse umane

Nonostante si tratti di sostituire il lavoro umano con quello dei software robot, il successo di un’iniziativa di RPA si basa essenzialmente sull’implementazione di buone pratiche di people management. Per cominciare, ad esempio, è necessario costruire un business case convincente in modo tale che i Decision maker della PA possano prenderne atto. In particolare, in questa fase, è opportuno dare un’adeguata informativa in merito ai motivi per i quali è necessario procedere con le attività di automazione, all’importanza di tali processi e agli impatti positivi, in termini di costi e produttività, sull’operato dell’Ente.

Fatto ciò, il passo successivo è il coinvolgimento dei dipendenti. La mancanza di un’adeguata comprensione da parte dei dipendenti può portare all’errato timore che l’implementazione della RPA possa portare via il loro lavoro. Nulla di più sbagliato! Il messaggio da diffondere, mediante seminari informativi, incontri one to one e formazione on the job, deve andare nella direzione di rendere consapevole tutto il personale che l’adozione di soluzioni RPA ha la finalità di eliminare inutili ridondanze e migliorare la produttività dell’Ente.

Selezione del fornitore

In tale ambito, ogni organizzazione avrà le sue esigenze di automazione. Pertanto, durante la redazione della documentazione di gara, l’Ente dovrà inserire tutti gli elementi necessari affinché il potenziale fornitore comprenda queste esigenze e offra delle soluzioni customizzate in relazione alle criticità riscontrate, da descrivere puntualmente nel capitolato speciale d’appalto.

Tutto ciò può avvenire, solo quando l’organizzazione avrà condotto in maniera corretta le attività previste ai precedenti due punti, con la finalità principale di determinare gli strumenti operativi necessari per una corretta implementazione del software RPA.

Ad ogni modo, a prescindere dalle esigenze particolari di una singola PA e al di là dei necessari requisiti esperienziali del fornitore, ci sono alcuni parametri generali che dovrebbero essere considerati in ogni processo di selezione, quali ad esempio:

  • la presenza di adeguati sistemi per avvisare l’organizzazione in caso di errore di processo o violazione dei dati;
  • la possibilità di ridimensionare il robot per gestire le fluttuazioni transazionali ed eventuali contrazioni finanziarie;
  • l’inclusione nella tecnologia di una funzione di audit trail che registra ogni azione intrapresa dal robot, consentendo così un costante monitoraggio;
  • l’indicazione delle disposizioni per crittografare i dati memorizzati e garantirne la privacy e la riservatezza;
  • la capacità di realizzare un software non invadente e ben attrezzato per adattarsi alle mutevoli tecnologie;
  • la costruzione di specifici KPI per misurare output e prestazioni del software.

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