E così, dopo la consultazione pubblica, finalmente abbiamo il “Piano Crescita Digitale”: documento della Presidenza del Consiglio dei Ministri datato 3 marzo 2015 e finalizzato – secondo le dichiarazioni esposte in premessa – a rappresentare le strategie di evoluzione digitale del Paese da qui al 2020.
Un primo commento di carattere generale, per poi approfondire meglio il tema della Sanità Digitale: più che un piano strategico, sembra un elenco di buone intenzioni arricchito da qualche generica dichiarazione sul “chifachecosa” e da una lodevolissima esercitazione (finalmente!) rispetto al tema delle metriche da adottare per la valutazione degli interventi.
Partiamo da quello che manca: la vision complessiva. Dove vogliamo posizionarci, dove vogliamo arrivare? Che Italia Digitale sarà, l’Italia Digitale al 2020?
In tutto, ci sono (a pag. 9) dodici righe e mezza di dichiarazioni di obiettivi strategici in termini rigorosamente qualitativi: non un numero, non un obiettivo quantitativo.
Un po’ pochino, con tutto il rispetto.
E veniamo alla sanità digitale.
Qui in effetti è stato fatto un bel lavoro, integrando una prima versione assolutamente insufficiente anche grazie ai contributi giunti in sede di consultazione pubblica.
Si parte dal riconoscere la centralità del “Patto per la Salute” come roadmap di evoluzione del servizio sanitario nazionale, evocando scenari di telemedicina e di integrazione ospedale/territorio.
Segue un’analisi puntuale e precisa dello stato dell’arte per quanto riguarda la sanità pubblica, partendo dal Fascicolo Sanitario Elettronico e dalla e-prescription.
Ma anche qui, quello che manca è la vision complessiva.
Quali saranno, ad esempio, le interazioni (inevitabilmente digitali) fra i vari attori coinvolti nei processi di cura e di assistenza?
Come lavoreranno, nel 2020, i medici e gli infermieri? Quale sarà il ruolo delle farmacie (e la loro conseguente e inevitabile “rivoluzione digitale”)?
Dove si farà, la telemedicina? Come evolveranno i CUP? Per meglio dire: che spazio avranno, le soluzioni di Patient Relationship Management e i modelli innovativi di accesso alle prestazioni? Con quali strumenti e canali gestiremo i piani terapeutici e il loro effettivo monitoraggio?
Quale sarà il ruolo del SSN rispetto al fenomeno della comunicazione/informazione socio-sanitaria ai tempi dei social media?
Come useremo i Big Data in Sanità?
Eccetera.
Anche la quantificazione delle risorse rappresenta un’esercitazione approssimativa, almeno per quanto riguarda la Sanità Digitale. Soprattutto perché i 600 milioni posti in capo alle Regioni attraverso i fondi strutturali sono ancora ampiamente virtuali.
In ogni caso, 750 milioni in cinque anni sono davvero spiccioletti, considerando che già se ne spendono 1,2 miliardi l’anno e che tutti i principali osservatori insistono nel dire che con meno di 5 miliardi in 4-5 anni non si va da nessuna parte.
Possiamo tentare una sintesi dicendo che “Crescita Digitale” può e deve rappresentare un apprezzabile punto di partenza.
Dovrebbe spettare a ciascun Ministero (con successiva sintesi della Presidenza del Consiglio, magari attraverso il sospiratissimo neonascituro Dipartimento) sviluppare con adeguata competenza e profondità i singoli temi specifici, lasciando ad AgID il compito di tradurre la teoria in pratica.