Aliano, piccolo Comune della Basilicata diventato famoso per aver accolto Carlo Levi al confino, ha ospitato nelle scorse settimane un Forum che non ha raggiunto le prime pagine dei giornali, ma che ha un peso molto rilevante per il futuro del Paese, compreso il fronte dell’Agenda digitale.
Il Forum nazionale delle Aree Interne organizzato dal Ministero della Coesione territoriale in Basilicata, ha squarciato quel velo che nasconde le spinte dell’innovazione – tecnologica, di processo e di prodotto, pubblica e privata – rendendole possibili solo per le città Smart e per le potenti aree urbane. I duecento partecipanti al Forum – sindaci, docenti universitari, esperti di sviluppo locale, economisti, sociologi e antropologi – hanno creato le basi per una community di quelle aree – che coprono il 60 per cento del paese, dove vivono 12 milioni di persone – che fa leva proprio sull’innovazione. La trasformazione digitale sancita nell’agenda e nel recente Piano triennale per l’informatica nella PA ci dice che non c’è sviluppo senza maggiore coesione nel Paese, tra aree centrali e zone periferiche o ultraperiferiche. Mettendo per un attimo al margine del ragionamento le emergenze date dal divario infrastrutturale (tv, telefonia mobile, trasferimento di dati), vale la pena di guardare alle profonde scelte innovative delle 71 aree pilota della Strategia nazionale Aree interne, con oltre 190 milioni di euro di fondi europei pronti, altrettanti individuati dalle Regioni, un moltiplicatore di quattro volte l’euro pubblico investito, con ricadute dunque superiori al miliardo di euro per il Paese.
L’Agenda digitale per le Aree interne si potrebbe (e dovrebbe) scrivere partendo dai progetti già definiti in ciascuna singola strategia, dalla Val Maira alle Madonie. L’innovazione migliora e trasforma trasporti, scuole e sanità. E genera sviluppo economico.
Due pilastri: è fondamentale per la Strategia superare i campanilismi. Che non solo non devono avere la meglio sul Piano di Piacentini, ma devono essere vinti con progetti integrati di filiera che solo i sistemi digitali possono agevolare. E ancora, il secondo pilastro. Nelle aree interne del Paese, la riorganizzazione dei servizi ai cittadini, alla PA, alle imprese, deve unire aspetti comuni definiti nei programmi nazionali – come Spid, PagoPA, il fascicolo sanitario – ad altre opportunità specifiche legate alla conformazione del territorio e alla bassa densità abitativa e di insediamenti produttivi. Sperimentare nell’alto Lario o in valle Grana un servizio come ViaTransports contiene di per sé forti elementi di innovazione, nella forma e nel contenuto. E se il medium è il messaggio, anche sulla telemedicina nelle “Case della Salute” possiamo basare un fronte di riscatto sociale di una porzione del Paese fino a ieri spogliata dai servizi socio-sanitari, che senza capacità di innovazione e una digitalizzazione dei processi non avrebbe oggi senso e opportunità.
Il Forum Aree interne si è concentrato su questi aspetti. Le risorse economiche per concretizzare soluzioni tecnologiche per migliorare la vivibilità e il benessere dei territori interni – rurali e montani, per capirci – non mancano. Oltre al superamento dei campanili, servono anche player tecnologici capaci di studiare soluzioni ad hoc per un mercato diverso da quello delle città. Nelle aree interne gli interlocutori, per le imprese produttrici di software o anche hardware per la PA, non sono dirigenti o Ced esperti e con solo quel pivot. Sono invece sindaci e amministratori locali molto spesso a digiuno, che sfidano la tradizione e che scelgono il cambiamento, che devono essere aiutati. Per questo ad Aliano è nata la community delle aree interne, per condividere iniziative e progetti.
Secondo Sabrina Lucatelli, coordinatrice tecnica della Strategia nazionale, vi è stata finora “poca enfasi”, nelle diverse Strategie d’area, su “innovazione e alte tecnologie” con particolare riferimento alla spinta per creare nuove imprese. È uno dei punti più deboli, quello relativo alle moderne startup. Mentre per l’istruzione e la formazione, i sistemi digitali hanno già contagiato i percorsi territoriali. Nuovi modelli didattici servono per la promozione del digitale e della green economy: con Smart schools, Energy FabLabs, più laboratori audiovisivi e multimediali, Web TV come quella creata in una scuola delle Madonie. Strumenti di telemedicina, teleassistenza, tele-refertazione migliorano salute e assistenza nelle aree interne. Ma, sempre secondo Lucatelli, che sta accompagnando il lavoro svolto dal Consigliere del Governo per la Strategia, Enrico Borghi, e che già aveva seguito l’ex Ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, bisogna “osare di più”. In una parola, scegliere l’innovazione. Puntare su idee più forti e rivolte al futuro. Non siamo nuovi, nel Paese, alle critiche dell’Europa sulla mancanza di consapevolezza nella progettazione comunitaria, nel definire percorsi e progetti. Sistemi legati all’elaborazione dei dati, alla condivisione di numeri e necessità, sono anche alla base di una corretta valutazione di quanto avverrà a seguito degli investimenti: un’analisi delle politiche pubbliche che non può fare leva su vecchi sistemi. Il nuovo paradigma degli investimenti ha bisogno di valutazioni stringenti e decisive.
L’innovazione tecnologica è il vettore per diminuire le distanze. Per essere in profonda sinergia con i grandi poli dei servizi, mantenendo, nelle aree interne, tutte le ricchezze storiche, naturali, paesaggistiche, culturali, valoriali dei borghi. In questo possiamo aiutare Piacentini ad attuare il Piano e a comporre, da queste fasce del Paese, una specifica agenda per le aree interne. Servono volontà politica dal centro, ma anche dai territori. Servono formazione e competenze, innestando negli Enti locali qualche nativo digitale e qualche buon manager ad aiutare i sindaci migliori nella sfida della competitività.