PA aumentata

L’AI può migliorare la PA senza ridurre l’occupazione: come fare



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L’introduzione dell’Intelligenza Artificiale nella Pubblica Amministrazione mira a ottimizzare processi e migliorare i servizi ai cittadini. Ma per evitare automazioni inefficaci è necessaria prima una revisione dei processi. Importante è anche formare il personale affinché l’AI amplifichi le capacità umane senza sostituirle

Pubblicato il 16 feb 2024

Carmelo Cutuli

Comunicatore, giornalista, autore di "Intelligenza Artificiale e Pubblica Amministrazione" (ISSRF, 2024)



fatturazione elettronica e conservazione

La Pubblica Amministrazione (PA) è spesso criticata per la sua lentezza e inefficienza. Lunghe file agli sportelli, pratiche che rimangono bloccate per mesi, cittadini frustrati dalla burocrazia. In un mondo che corre sempre più veloce, ogni disallineamento tecnologico e organizzativo della PA rischia di frenare ulteriormente la competitività del paese.

Ne consegue l’atto fondamentale di investire nell’innovazione e nelle nuove tecnologie per rendere la macchina amministrativa più snella ed efficiente. L’Intelligenza Artificiale (AI), in particolare, per le amministrazioni pubbliche che ne stanno iniziando ad avvalersi, si sta rivelando uno strumento prezioso per ottimizzare i processi e semplificare il rapporto tra cittadini e pubbliche amministrazioni.

 I vantaggi dell’introduzione dell’AI nella PA

 I vantaggi dell’introduzione dell’AI nella PA sono molteplici. In primo luogo, essa permette di automatizzare attività ripetitive e meccaniche, liberando tempo e risorse da dedicare a mansioni a più alto valore aggiunto. Consente, inoltre, di analizzare enormi moli di dati, individuando modelli e informazioni utili per migliorare i processi decisionali. Ma l’AI non serve solo a velocizzare le procedure. Può anche migliorare la qualità dei servizi offerti grazie alla capacità di elaborare lingue naturali. Modelli di Natural Language Processing (NLP) sempre più evoluti sono in grado di comprendere domande complesse ed interagire con gli utenti fornendo risposte puntuali e soluzioni personalizzate. L’interpretazione del linguaggio umano può oggi essere utilizzata con profitto al fine di rendere più accessibili informazioni e servizi per categorie fragili come anziani o stranieri.

Cosa fare prima di introdurre l’IA nella Pubblica Amministrazione

Prima di introdurre tecnologie di intelligenza artificiale nella Pubblica Amministrazione, è però fondamentale procedere ad un’attenta analisi e revisione di processi e procedure consolidate. L’implementazione di tecnologie così dirompenti nella PA, per essere realmente efficace, necessita di preventivi interventi di semplificazione e snellimento burocratico. Troppo spesso le amministrazioni pubbliche mantengono prassi farraginose e complesse, a volte ridondanti. Automatizzare questi processi attraverso l’AI, senza razionalizzarli preliminarmente, rischia di essere una soluzione a basso impatto. Si rivela invece necessario intervenire alla radice, eliminando passaggi superflui, unificando database, standardizzando e creando best practice dove possibile. Le tecnologie intelligenti, peraltro, possono facilitare queste operazioni di reingegnerizzazione dei processi. Tuttavia, non è consigliabile affidarsi completamente ad esse, perdendone il controllo nei passaggi più delicati.

Definire chiaramente competenze e responsabilità

Al contempo, occorre definire chiaramente competenze e responsabilità in caso di errori o malfunzionamenti degli algoritmi. La presenza di troppi centri decisionali rende difficile individuare chiare linee guida per lo sviluppo e l’adozione eticamente responsabile dell’AI. Inoltre, la formazione del personale deve accompagnare questi cambiamenti organizzativi, affinché gli impiegati non si sentano esautorati ma protagonisti attivi della transizione digitale.

Innovazione culturale prima che tecnologica

L’innovazione deve essere culturale prima ancora che tecnologica, per una PA al passo coi tempi ma centrata sempre sul valore delle persone, anche perchè l’implementazione dell’AI nella PA presenta sfide non banali, difficili da gestire e risolvere se non si mantiene il pieno controllo su metodi, strumenti e tecnologie. Per farlo servono, peraltro, ingenti investimenti al fine di acquisire tecnologie, formare il personale, adeguare infrastrutture e procedure consolidate. È necessaria una governance attenta per evitare derive arbitrarie o discriminatorie.

La transizione digitale deve rispettare privacy, inclusione, trasparenza. Tanti i dubbi, un’unica certezza: se adeguatamente progettata e monitorata, l’intelligenza artificiale può davvero contribuire a snellire le burocrazie, avvicinare cittadini e istituzioni, offrire servizi più efficienti e personalizzati.

AI e IoT per una amministrazione più efficace

“Oggi la PA ha nelle sue mani una occasione unica per evolvere dall’immagine di macchina lenta e farraginosa a motore di innovazione e crescita per l’intero sistema-Paese. Un’opportunità tutta da cogliere investendo con convinzione nel potenziale di trasformazione dell’AI.”

L’implementazione combinata di tecnologie AI e Internet of Things (IoT) comporterebbe vantaggi significativi in termini di velocità, precisione e automazione che non potrebbero che tradursi in maggiore efficienza e trasparenza a favore dei cittadini. L’intelligenza artificiale è in grado di elaborare con estrema rapidità grandi moli di dati, individuando pattern e anomalie a volte difficilmente percettibili dal personale umano. Ciò permette di velocizzare analisi che richiederebbero tempi lunghi a funzionari in carne ed ossa.

Inoltre l’AI, grazie ad algoritmi di machine learning, può migliorare continuamente le sue prestazioni ed affinare le risposte man mano che viene addestrata su nuovi dati con un incremento di precisione nell’interpretare informazioni complesse e nel fornire soluzioni ottimali. Ne consegue che mansioni amministrative ripetitive, come verifiche anagrafiche o complesse analisi documentali, possono essere automatizzate tramite AI, liberando gli impiegati pubblici da incombenze meccaniche e consentendo loro di dedicarsi ad attività a più alto valore aggiunto.

Il punto è quindi che, se adeguatamente progettate e monitorate, AI e IoT possono davvero contribuire ad una amministrazione più efficace, trasparente e vicina alle reali istanze dei cittadini.

L’AI opportunità per introdurre nuove professionalità nella PA

Allo stesso tempo, è inevitabile che l’introduzione di dette tecnologie possa far sorgere il timore che una eccessiva automazione possa sostituire il personale umano, creando ulteriore disoccupazione. Certo, il rischio di una riduzione degli organici nella PA a seguito di un massiccio impiego di tecnologie intelligenti è concreto e va affrontato con attenzione. Ciononostante, se adeguatamente governato, il processo di digitalizzazione non deve necessariamente comportare una riduzione numerica degli organici anche considerando che si creerebbero spazi negli organici per l’inserimento di nuove professionalità.

Tutto ciò è possibile a patto che le nuove tecnologie siano intese come un’opportunità per aumentare le capacità dei dipendenti pubblici, affiancandoli nello svolgimento di attività complesse e liberandoli dai compiti più meccanici e ripetitivi. In questo modo, la digitalizzazione può tradursi in una maggiore efficienza senza impatti negativi sull’occupazione. “Prospettando l’opportunità di concepire una vera e propria ‘PA aumentata’, in cui le capacità del personale umano vengono amplificate dall’apporto dell’AI così come avviene con la realtà aumentata. In questa visione, l’automazione non sostituisce ma piuttosto potenzia il fattore umano. D’altronde è pacifico che la “singolarità” – il sorpasso della macchina sull’uomo – sia un punto di non ritorno. Tuttavia [..], la sfida non risiede nel rifiutare per timore l’innovazione, bensì nell’abbracciarla gestendola con saggezza ed umanità.” (A. Deiana, 2024).

Una collaborazione virtuosa tra persona e macchina

L’obiettivo deve essere quello di creare una collaborazione virtuosa tra persona e macchina, in cui l’AI venga utilizzata per potenziare le capacità umane anziché sostituirle.

Gli assistenti virtuali, ad esempio, possono supportare il personale fornendo rapidamente risposte alle richieste ricorrenti dell’utenza, velocizzando l’interazione ma lasciando all’impiegato la gestione dei casi più complessi e delicati. Per raggiungere tale obiettivo, è però anche necessario prevedere programmi di riqualificazione professionale che abilitino i dipendenti pubblici a padroneggiare gli strumenti digitali invece di subirli passivamente. Solo così la tecnologia può essere un’alleata e non un nemico del lavoro umano. Inoltre, le tecnologie introdotte devono essere accuratamente testate per scongiurare effetti discriminatori e salvaguardare i diritti dei cittadini. Quello che succede, in tempi infinitesimali, nella fase di elaborazione di un algoritmo è assolutamente “imprendibile” per un essere umano, ancor più per chi non abbia molta dimestichezza con lo strumento e si affidi in modalità “oracolo” o “genio della lampada” ad una applicazione AI.

IA nella PA: senza formazione del pesonale, i vantaggi svaniscono

 È quindi vero che, se implementata con attenzione alla dimensione umana, l’innovazione tecnologica non rappresenta una minaccia bensì una preziosa opportunità per valorizzare le persone che lavorano nel settore pubblico, permettendo loro di dedicarsi a quei compiti relazionali e decisionali in cui la creatività e l’intelligenza emotiva sono insostituibili.

Senza troppi giri di parole, si rivela però fondamentale investire nella formazione del personale ancora prima di investire nelle tecnologie. Senza un’adeguata preparazione, il rischio è che questi strumenti vengano vissuti come estranei e minacciosi, limitandone fortemente l’adozione. Non solo formazione preventiva ma anche  aggiornamento professionale continuativo, per stare al passo con l’evoluzione velocissima di AI e IoT. La formazione, a maggior ragione nel caso specifico, non può essere un evento sporadico quanto un percorso permanente di crescita delle competenze tecnologiche, senza possibilmente perdere di vista le soft skill individuali che in questo contesto potrebbero costituire un “quid” a vantaggio dell’uomo sulla macchina.

 Investire sul capitale umano è la chiave per una transizione digitale davvero a misura d’uomo, che potenzi le capacità delle persone senza sostituirle. Solo un solido bagaglio di conoscenze consentirà ai dipendenti pubblici di collaborare in modo proficuo con le macchine, mantenendo un ruolo centrale nell’erogazione di servizi efficienti e di qualità. Invece di demonizzare acriticamente l’AIoT, è dunque più opportuno comprenderne appieno le potenzialità e governarne consapevolmente l’implementazione.

Potenziare le abilità dei lavoratori grazie alle macchine

L’obiettivo non deve essere la sostituzione del lavoratore, bensì il potenziamento delle sue abilità e l’incremento della produttività grazie alle macchine. Solo così l’adozione dell’AIoT nella PA potrà tradursi nel concreto in un potenziamento del capitale umano pubblico, e non in una sterile sostituzione.

D’altronde, il mantra dei guru della Silicon Valley recita che in futuro le macchine svolgeranno mansioni ripetitive, liberando i lavoratori per attività a più alto valore aggiunto. Le macchine forniranno inoltre informazioni preziose per decisioni più consapevoli e faciliteranno l’accesso ai servizi, lasciando più spazio alla relazione interpersonale.

Conclusioni

Il rapporto uomo-macchina non va visto in termini antagonistici ma complementari.

L’AIoT, se implementata con saggezza, può davvero migliorare il lavoro quotidiano del personale pubblico, esaltandone la creatività, l’intelligenza emotiva e la capacità decisionale tipicamente umane. Sta ai decisori e dirigenti pubblici creare la cultura, le competenze e l’organizzazione adeguate perché ciò si realizzi compiutamente.

Il capitale umano, non solo nella PA, va potenziato, non sostituito.

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