direttiva dadone

Lavoro agile nella PA: come evitare un ritorno al passato

Il lavoro agile, non è una eccezione da superare al più presto, ma una straordinaria opportunità di valorizzazione delle modalità di erogazione dei servizi e di aumento della produttività. Ecco perché dovrebbero programmare una serie di azioni per fare sì che, col tempo, questa modalità di lavoro diventi la normalità

Pubblicato il 19 Mag 2020

Michele Vianello

consulente e digital evangelist

Photo by Austin Distel on Unsplash

La Direttiva 03/2020 sul lavoro agile del Ministro per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone andrebbe attentamente valutata da tutte le Pubbliche Amministrazioni. Provo a spiegare perché sono convinto di questo.

Cosa prevede la direttiva

La Direttiva oltre a ribadire l’ordinarietà del lavoro agile nella Pubblica Amministrazione per tutta la durata dell’emergenza sollecita tutte le medesime a cogliere questa occasione, anche se tragica, per “individuare gli aspetti organizzativi da migliorare, con particolare riguardo alla digitalizzazione dei processi e al potenziamento della strumentazione informatica, che non sempre si è rivelata adeguata nelle singole realtà amministrative”.

La Direttiva parla inoltre di “modalità di gestione del personale duttili e flessibili”, di “dotazioni informatiche mobili”, di “utilizzo del cloud”, di “dematerializzazione dei procedimenti”, di “accompagnamento e formazione del personale”.

La Direttiva del ministro (al netto di qualche errore nella parte inerente alla dematerializzazione), è importante e corretta ma, perché non si riduca ad essere una voce che declama inutilmente nel deserto, è necessario che da parte dell’AGID e di tutte le Pubbliche Amministrazioni si lavori con celerità nella direzione indicata dal Ministro.

Il primo punto da affrontare è quello di intenderci senza equivoci su cosa si debba intendere per “azioni di analisi organizzativa, monitoraggio e semplificazione delle procedure” e quali azioni conseguenti debbano poi essere adottate.

Le azioni da programmare per evitare un ritorno al passato

Parliamoci chiaramente, le PA, tutte hanno affrontato l’emergenza senza pensare ad alcun cambiamento organizzativo. Se ciò poteva essere comprensibile di fronte all’imprevedibilità dell’epidemia, oggi è inaccettabile che si continui a coltivare il retropensiero del ritorno al “passato”.

Le azioni corrette da programmare, nel tempo, per fare si che il lavoro agile divenga ordinarietà, dovrebbero essere le seguenti:

  • gli atti, i documenti, le notizie sono tutti accessibili su cloud affinché possano essere consultati, lavorati, condivisi da team di lavoratori o da un qualsiasi lavoratore? Il modello lavorativo e di responsabilità “analogici” sono riproducibili sic et simpliciter nelle procedure digitali? Ovviamente no.
  • gli atti, i documenti, le notizie sono organizzati e riprodotti in modalità digitale affinché -sia in modalità analogica che in modalità digitale- rispettino le norme di legge a partire dal CAD?

Se i processi di dematerializzazione documentale e di fruizione dei servizi fossero correttamente digitalizzati, in quei settori, per quei procedimenti, il lavoro agile diventerebbe senza troppi ostacoli una ordinarietà e non emergenza.

In questo caso il modello organizzativo e l’impiego del personale andrebbe regolamentato non sulla base del normale “controllo analogico” delle prestazioni lavorative ma, degli obiettivi raggiunti e della qualità del lavoro/servizio al cittadino svolto.

Soprattutto relativamente ai livelli dirigenziali andrebbe accolto l’indirizzo del Ministro laddove invita ad attivare processi formativi e di accompagnamento. Ciò di cui sopra non è, spessissimo, nelle competenze dei livelli dirigenziali o di semplice responsabilità di un servizio.

Il ruolo di Agid

Ma, anche Agid, sollecitamente deve fare la sua parte senza esitazione.

Se il flusso documentale non è interamente digitalizzato non è riconducibile a carenza di applicativi software. Anche il Comune più piccolo ha in dotazione ormai da tempo software di gestione del flusso documentale.

Inspiegabilmente Agid da mesi non provvede a pubblicare in Gazzetta Ufficiale le “Linee guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici”, e ciò nonostante il processo di consultazione sia avvenuto ormai da tempo. Cosa sta ritardando il processo di pubblicazione? Si attendono risposte.

La pubblicazione delle linee guida, il dettare tempi certi di applicazione, accelererebbe il processo di dematerializzazione.

Senza dematerializzazione del flusso documentale, l’utilizzo del cloud sarebbe limitato e non dispiegherebbe tutte le sue potenzialità.

Egualmente, l’incremento nell’utilizzo di SPID che ha come conseguenza il positivo moltiplicarsi di documenti/istanze “originali digitali” generati dai cittadini, non produrrebbe fino in fondo gli attesi benefici organizzativi e produttivi.

I prossimi step

Colgo l’occasione per affermare che, di fronte a questo sforzo di innovazione informatica, organizzativa e gestionale, sarebbero assolutamente negative le concessioni di proroghe a partire dall’entrata a regime di PagoPA. Non ci sono ostacoli né infrastrutturali, né organizzativi perché il primo luglio PagoPA non entri in vigore per tutti i servizi della Pubblica Amministrazione.

Il secondo grande filone di intervento è quello rivolto a dotare i dipendenti di connessione, di strumentazione e di cultura per poter lavorare “sempre”, ordinariamente in mobilità.

Ho seri dubbi che in questa fase di “emergenza” le norme in materia di sicurezza informatica, soprattutto quando l’Amministrazione non utilizza gli applicativi su cloud e non conserva le banche dati su cloud, siano state rispettate.

Se, in assenza di cloud l’Amministrazione ha attivato connessioni utilizzando una VPN, questa connessione è adeguatamente protetta, le password sono adeguate, i lavoratori sono stati istruiti e responsabilizzati sulla sicurezza?

E, ancora, i device, non necessariamente mobili, utilizzati dal lavoratore a casa (o in altro luogo) quando non siano stati forniti dall’Amministrazione, hanno tutte le protezioni (antivirus, antispam, firewall) adeguati. Se, come probabile, il dispositivo domestico è condiviso con i figli e i congiunti, le aree utilizzate dal lavoratore sono protette? Sono tutelati i dati soggetti a privacy?

L’insieme di questi problemi non va affrontato in modo superficiale e sporadico, deve essere anche esso il frutto di una seria analisi organizzativa e della qualità delle dotazioni.

La garanzia dei nuovi diritti del lavoro agile

In questo contesto andranno anche garantiti -previo un confronto con le Organizzazioni Sindacali- i “nuovi diritti” del lavoro agile, a partire da quello alla “disconnessione”.

In una seria analisi organizzativa di tutto il lavoro -agile e tradizionale in presenza- la distribuzione del tempo di lavoro sarà fondamentale. Nel lavoro in presenza è codificata una sorta di continuità del tempo lavorativo, nel lavoro agile va premiato il raggiungimento dell’obiettivo piuttosto che la continuità temporale.

Ritengo che un ostacolo, assolutamente comprensibile, da parte dei dirigenti nell’adottare il lavoro agile, sia il timore di interventi da parte della Corte dei Conti o della Magistratura che possano contestare il mancato controllo, il danno erariale ecc.

Penso che, rispettando le reciproche autonomie, il Governo debba chiedere a questi organismi di aiutare, in modo trasparente e collaborativo, le nuove modalità lavorative.

Infine, deve essere fatto uno sforzo enorme da parte di tutte le Pubbliche Amministrazioni per rendere veramente fruibili on line ai cittadini tutti i loro servizi.

Conclusioni

Il lavoro agile sarà enormemente più semplice se il flusso digitale nasce in ambiente web generato direttamente dai cittadini.

SPID ci sta facendo fare un grande passo in avanti. Suggerirei di rilasciare subito le API per l’ANPR ai Comuni per consentire di offrire ai cittadini on line larga parte dei servizi anagrafici. Anche in questo caso non si capiscono i ritardi.

Tuttavia, la modalità di erogazione di un servizio è spessissimo la traduzione digitale di infinite complicazioni analogiche.

Per fare un esempio di una pessima pratica da superare, segnalo il servizio “online” (si fa per dire) offerto dall’Agenzia delle Entrate per quanto attiene le successioni.

L’insieme di queste osservazioni ci fa capire come sollecitamente, valorizzando in primis la figura del Responsabile per la Transizione al digitale, le Pubbliche Amministrazioni debbano pianificare un loro processo di riorganizzazione pensando che il lavoro agile, non è una eccezione da superare al più presto, ma una straordinaria opportunità di valorizzazione delle modalità di erogazione dei servizi e di aumento della produttività.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Iniziative
Video
Analisi
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati