La tematica dell’accessibilità di servizi digitali, in particolare delle PA, esiste da anni e nonostante tutto vi sono ancora molti siti web o app (soprattutto servizi on line) che discriminano le persone con disabilità. Il problema è ancora più grave quando si tratta di servizi pubblici.
Da Trenitalia a Immuni: i casi
Un caso balzato in rete qualche anno fa (2018) fu dovuto al cambio di sviluppatori dell’app di Trenitalia. Trenitalia aveva aggiornato la propria app per dispositivi mobili, rendendola di fatto inaccessibile alle numerosissime persone cieche e ipovedenti che usano Voiceover, lo screen reader di Apple, in violazione di molte norme nazionali ed internazionali, prima fra tutte la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e in particolare l’articolo 9 di essa (Accessibilità). Il problema è stato poi risolto ed a giorni uscirà la nuova app (che tra l’altro prevede il “check in” in treno per segnalare l’effettivo utilizzo) che dai test effettuati da esperti di accessibilità dell’Istituto nazionale valutazione ausili e tecnologie (INVAT), risulta essere finalmente accessibile il che dimostra ulteriormente che con la collaborazione delle persone con disabilità si possono risolvere problematiche non identificate originariamente dagli sviluppatori.
In questi giorni si parla molto di Immuni, che all’inizio aveva una serie di problematiche in tema di accessibilità soprattutto in ambiente Apple. Dopo diverse segnalazioni puntuali fatte sempre da INVAT molte problematiche sono state risolte, mentre rimane ancora oggi irrisolta la possibilità di cambiare l’orientamento dello schermo in orizzontale. Su questa tematica ho avuto modo di confrontarmi con altri sviluppatori nella repository ufficiale in github dove la richiesta di “adeguamento” è stata supportata “contro” da molti partecipanti, considerandola una richiesta inutile in quanto “non si tratta di un videogame ma di una app”. Ciò fa capire che pure nella comunità dei tecnici c’è molto da lavorare sul tema della conoscenza dei principi fondamentali di sviluppo di app.
Sempre da INVAT fanno notare che vi sono delle problematiche in ambiente Apple relative alla notifica dello status di attività dell’app Immuni che si spera vengano sistemate onde evitare la continua notifica di operazioni in background relative all’aggiornamento delle informazioni dal server.
Lo sviluppo di app non accessibili può discriminare anche nel settore privato o di collaborazione del settore pubblico/privato. SI parla molto in questo periodo post lockdown di gestione degli accessi agli stabilimenti balneari. È il caso dell’applicazione JBeach (per Jesolo), con cui una persona non vedente non è in grado in autonomia di prenotare il proprio accesso allo stabilimento balneare, creando quindi una discriminazione rispetto agli altri utenti. Possiamo spostarci anche in altri casi in cui la discriminazione di persone con disabilità dovute allo sviluppo di app non accessibili crea – tra l’altro – un mancato guadagno per l’attività imprenditoriale: applicazioni per l’acquisto on line di prodotti alimentari, di prenotazione alberghiera, di accesso a referti medici (sia nel pubblico che nel privato).
Lo stesso problema di inaccessibilità delle app per la mobilità da parte di non vedenti sono state riscontrate anche nel trasporto pubblico locale. Lamentele arrivano dal Veneto e Friuli Venezia-Giulia dove rispettivamente BusItalia e Consorzio TPL (quest’ultimo appena insediato) hanno sviluppato delle applicazioni che rendono impossibile l’acquisto di titoli di viaggio e pure la consultazione degli orari, creando quindi una discriminazione verso gli utenti non vedenti.
I diritti dei disabili
Ricordiamo che l’autonomia di poter consultare un sito web, interagire con dei servizi on line è essenziale per garantire a tutti i cittadini i medesimi “diritti digitali”. Un aiuto alla risoluzione di questa problematica è stato fornito dalla nascita di prodotti aderenti all regole internazionali in tema di accessibilità (per l’Europa: la norma tecnica EN 301549, disponibile gratuitamente in lingua italiana come UNI EN 301549:2018) che consentono di garantire una piena fruibilità di prodotti ICT (hardware, software, web) indipendentemente dalla disabilità dell’utente. Rimane la problematica delle competenze in tema di accessibilità da parte del personale che produce contenuti digitali (documenti, contenuti per siti web o per social media), per i quali in ambito PA la Legge n. 4/2004 all’art. 8 comma 3 prevede di effettuare attività di formazione specifica onde evitare la proliferazione di contenuti digitali non accessibili.
Il mondo digitale si sta oggi sempre più orientando all’uso di app, in alcuni casi utili, in altri totalmente inutili. È inutile, infatti, generare una app per consultare i medesimi contenuti del sito web, anziché progettare il sito per adattarsi alle esigenze dell’utente (utilizzando il cosiddetto responsive design). Le app sono utili invece per generare una esperienza utente differente rispetto al sito web, più immediata, per garantire informazioni e/o servizi.
Siti e app della PA: gli obblighi
In ambito pubblica amministrazione, è bene precisarlo, gli obblighi di accessibilità previsti dalla Direttiva (UE) 2016/2102 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici (recepita con l’aggiornamento della Legge n. 4/2004 tramite il Dlgs. 10 agosto 2018, n. 106) si dovranno applicare a partire dal 23 giugno 2021. Ciò va in contrasto con un’altra legislazione nazionale, la Legge 1° marzo 2006, n. 67 “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, che prevede appunto la non discriminazione (diretta e/o indiretta) di persone con disabilità in ogni settore – pubblico e privato.
Per questo motivo, asserire oggi che si è commissionata e/o sviluppata una app non accessibile è meramente una scusa per aver sviluppato male un’applicazione: si, sviluppato male, in quanto le regole di accessibilità per il mondo mobile esistono dal 5 giugno 2018, data di pubblicazione delle WCAG 2.1, senza considerare che i principali fornitori di ambienti operativi del mondo mobile già prevedevano regole di accessibilità, come ad esempio Apple che fornisce UIKit per l’accessibilità.
Oggi, quindi, non ci sono scuse: sviluppare in modo non accessibile significa non aver applicato delle regole stabili, conosciute ed essenziali per garantire la fruibilità a tutti. Un po’ come avviene per i siti web, anche in ambito app mobile questi temi sono spesso sconosciuti a chi è considerato un buon sviluppatore, probabilmente perché non si è mai “scontrato” con la reale problematica degli utenti con disabilità. Non sanno ad esempio che le persone non vedenti possono usare il touch screen, “guidati” da una voce che gli fa riconoscere gli oggetti presenti nell’applicazione. Oppure non sanno che se un utente con ipovisione configura il proprio smartphone con delle impostazioni personalizzate per dimensione carattere, colori del testo e dello sfondo, è necessario garantire che possa utilizzare questa sua personalizzazione anche con le app prodotte da terze parti. Così come una persona ipovedente e/o una persona con scarsa mobilità potrebbe necessitare di mantenere l’orientamento dello schermo su base orizzontale anziché verticale e pertanto l’app deve poter essere fruita con entrambe le modalità.
Conclusioni
Come risolvere questo problema? Le strade sono diverse, tutte percorribili. La prima, essenziale, è la competenza degli sviluppatori: nel 2020 non è possibile che vi siano sviluppatori che non applicano delle basilari regole di programmazione, non invasive, nonché regole di sviluppo di interfacce grafiche aderenti a regole di accessibilità (ad esempio, usando coppie di colori adeguate). La seconda si chiama mercato: dal 2025 non potranno più essere immessi nel mercato UE prodotti ICT non accessibili. Pertanto, chiunque oggi produce soluzioni ICT (hardware, software, siti e applicazioni web, applicazioni mobili) dovrà operare per adeguare i propri prodotti, pena l’uscita forzata dal mercato. La terza si chiama reputazione: lanciare un prodotto non accessibile, oggi, significa avere (giustamente) delle lamentele pubbliche da parte delle persone con disabilità a cui seguono sempre interessamenti da parte di testate cartacee e/o digitali.
In conclusione: che sia settore pubblico o privato, oggi è essenziale che le app siano a portata di tutti, ossia non discriminino nessun utente nell’utilizzo. Pertanto, si consiglia di seguire le regole di accessibilità previste dall’ambiente operativo per cui si sviluppa l’app, effettuando comunque dei test con persone con disabilità prima del rilascio ufficiale. In questo modo vincono tutti.