Negli ultimi trent’anni l’Unione Europea ha posto grande attenzione su temi e strumenti legati all’e-Government e allo sviluppo delle tecnologie digitali al fine di costruire un’amministrazione efficiente e competitiva e una società digitale. Oltre ad emanare una serie di direttive vincolanti per i Paesi membri, ha elaborato piani di azione volti ad uniformare le iniziative e le azioni nazionali ai programmi comunitari facendo sì che l’Unione Europea costituisse una guida per il processo di modernizzazione digitale e per la promozione di una cultura digitale europea.
EGovernment in Italia: quadro normativo e tecniche di valutazione degli interventi
Il piano d’azione eEurope 2002
È in particolare con il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 che l’UE fissa l’ambizioso obiettivo di far divenire l’economia europea più competitiva e dinamica a livello mondiale rilevando inoltre l’esigenza, da parte dell’Europa, di sfruttare tempestivamente le opportunità offerte dalla nuova economia e in particolare da Internet[1]. Gli impegni programmatici formalizzati nella strategia di Lisbona trovano attuazione nel piano d’azione eEurope 2002 il quale si propone di accelerare il processo di transizione al digitale a livello europeo. Nel proseguire il progetto avviato con eEurope 2002, la Commissione Europea emana, nel giugno 2002, il nuovo piano eEurope 2005 il quale integra il precedente introducendo nuovi obiettivi e strategie volti al miglioramento della qualità e dell’accessibilità dei servizi a tutti i cittadini europei e in particolare[2]:
- servizi pubblici online moderni;
- amministrazione elettronica (“e-Government”):
- servizi di apprendimento elettronico (“e-Learning”);
- servizi di telesalute (“e-Health”).”
- un ambiente dinamico per il commercio elettronico (“e-Business”);
- un’infrastruttura di informazione protetta;
- la disponibilità massiccia di un accesso a banda larga a prezzi concorrenziali;
- una valutazione comparativa e la diffusione delle buone pratiche.
il Piano Strategico i2010
Sul tema dello sviluppo dell’innovazione tecnologica, nel 2005 la Commissione emana in particolare il Piano Strategico i2010 [3] volto alla promozione di una Società dell’Informazione fondata su politiche europee e programmi di ricerca in ambiti come l’istruzione, la formazione permanente e l’inclusione sociale.
Il progetto di digitalizzazione europea ha successivamente un forte impulso con la strategia Europa 2020 del marzo 2010 che sostituisce la Strategia di Lisbona e lancia sette “iniziative faro” tra cui l’Agenda Digitale per l’Europa, la quale conferma il ruolo chiave delle ICT per lo sviluppo di un mercato unico digitale e si prefigge come principale scopo quello di “ottenere vantaggi socioeconomici sostenibili grazie a un mercato digitale unico basato su internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili.”[4]
La Strategia per il mercato unico digitale
Nel 2015 la Commissione Europea adotta la Strategia per il mercato unico digitale composta dai tre pilastri:
- migliorare l’accesso dei consumatori e delle imprese ai beni e ai servizi digitali in tutta l’UE;
- creare le giuste condizioni e condizioni di parità affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano prosperare;
- massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale.
Il piano d’azione per l’e-Government 2016-2020
Successivamente, la Commissione presenta una serie di proposte legislative volte a conseguire un mercato unico digitale ed emana il piano d’azione per l’e-Government 2016-2020 (eGovernment Action Plan 2016-2020) il quale fissa i principi di base cui deve ispirarsi l’azione dell’e-Government per il periodo 2016-2020 al fine di promuovere il processo di modernizzazione della pubblica amministrazione. Il piano d’azione è “volto ad eliminare le barriere digitali esistenti, che ostacolano la realizzazione del mercato unico digitale, e a evitare l’ulteriore frammentazione nel contesto della modernizzazione delle pubbliche amministrazioni”[5]. Le iniziative da avviare nell’ambito del piano d’azione si ispirano ai seguenti principi di base dell’e-Government:
- digitale per definizione: le pubbliche amministrazioni dovrebbero fornire servizi digitali come opzione preferita. Inoltre i servizi pubblici dovrebbero essere forniti tramite un unico punto di contatto o uno sportello unico e attraverso diversi canali;
- principio “una tantum”: le pubbliche amministrazioni dovrebbero evitare di chiedere ai cittadini e alle imprese informazioni già fornite;
- inclusività e accessibilità: le pubbliche amministrazioni dovrebbero progettare servizi pubblici digitali che siano per definizione inclusivi e che vengano incontro alle diverse esigenze delle persone, ad esempio degli anziani e delle persone con disabilità;
- apertura e trasparenza: le pubbliche amministrazioni dovrebbero scambiarsi le informazioni e i dati e permettere a cittadini e imprese di accedere ai propri dati, di controllarli e di correggerli, permettere agli utenti di sorvegliare i processi amministrativi che li vedono coinvolti, coinvolgere e aprirsi alle parti interessate (ad esempio imprese, ricercatori e organizzazioni senza scopo di lucro) nella progettazione e nella prestazione dei servizi;
- transfrontaliero per definizione: le pubbliche amministrazioni dovrebbero rendere disponibili a livello transfrontaliero i servizi pubblici digitali rilevanti e impedire un’ulteriore frammentazione, facilitando in tal modo la mobilità all’interno del mercato unico;
- interoperabile per definizione: i servizi pubblici dovrebbero essere progettati in modo da funzionare senza problemi e senza soluzione di continuità in tutto il mercato unico e al di là dei confini organizzativi, grazie alla libera circolazione dei dati e dei servizi digitali nell’Unione europea;
- fiducia e sicurezza: tutte le iniziative dovrebbero andare oltre la semplice conformità con il quadro normativo in materia di protezione dei dati personali, tutela della vita privata e sicurezza informatica, integrando questi elementi sin dalla fase di progettazione. Si tratta di presupposti importanti per rafforzare la fiducia nei servizi digitali e favorirne la diffusione.
Il piano d’azione 2016-2020 definisce una serie di azioni concrete correlate a specifiche priorità strategiche:
- modernizzare la pubblica amministrazione con le TIC. Tra gli interventi previsti troviamo il sostegno ai Paesi dell’UE verso la piena digitalizzazione degli appalti e l’uso dei registri dei contratti, la velocizzazione della diffusione dei servizi eIDAS, la presentazione di una versione rivista del quadro europeo di interoperabilità, l’introduzione graduale dei principi “digitale per definizione” e “una tantum”, della fatturazione elettronica e degli appalti elettronici;
- favorire la mobilità transfrontaliera con servizi pubblici digitali interoperabili. Le relative azioni nascono dall’evidente ritardo sofferto dai servizi intra-UE rispetto ai servizi nazionali. Pertanto, le azioni mirano ad agevolare ai cittadini e alle imprese l’accesso ai servizi pubblici digitali transfrontalieri nel contesto di un’UE interoperabile. Tra le azioni ricordiamo la promozione del portale europeo della giustizia elettronica, l’interconnessione obbligatoria di tutti i registri delle imprese dei paesi dell’UE, l’interconnessione elettronica dei registri fallimentari, l’istituzione di un meccanismo di rendicontazione unico nel settore del trasporto marittimo e digitalizzazione dei documenti di trasporto, il completamento del sistema Electronic Exchange of Social Security Information (EESSI), lo sviluppo ulteriore del portale europeo EURES per la mobilità professionale, il sostegno ai Paesi dell’UE nello sviluppo di servizi transfrontalieri di sanità elettronica;
- facilitare l’interazione digitale tra amministrazioni e cittadini/imprese per servizi pubblici di alta qualità. Le azioni comprese in questo pilastro hanno come obiettivo il miglioramento della diffusione dei servizi pubblici digitali tra cittadini e imprese. Tra le principali azioni figurano l’introduzione dell’identificazione elettronica e dei servizi fiduciari (servizi eIDAS), il riutilizzo degli strumenti delle infrastrutture di servizi digitali per i servizi pubblici transfrontalieri, la velocizzazione dell’infrastruttura dati prevista dalla direttiva INSPIRE[6].
L’eGovernment Ministerial Declaration di Tallinn, firmata il 6 ottobre 2017 dai ministri degli Stati Membri della European Free Trade Area (EFTA), sottolinea il forte impegno di tali Paesi di raggiungere gli obiettivi fissati nell’e-Government Action Plan 2016-2020 e include specifiche misure per allinearsi ai suoi principi. In particolare ribadisce i principi di centralità dell’utente (user-centricity) per il disegno e la realizzazione dei servizi pubblici digitali come concreto impegno verso i cittadini e le imprese al fine di migliorare la propria esperienza nell’interazione con le amministrazioni pubbliche.
Il programma di finanziamento Digital Europe
Nel 2018 la Commissione Europea presenta il programma di finanziamento Digital Europe per il periodo 2021-2027 destinando 9,2 miliardi di euro alla ricerca e allo sviluppo delle tecnologie digitali da parte di PMI (piccole e medie imprese) e della stessa PA. Il programma mira a colmare il divario tra la ricerca sulle tecnologie digitali e la diffusione sul mercato. Tale programma finanzia progetti in cinque settori cruciali:
- supercalcolo
- intelligenza artificiale
- cybersecurity
- competenze digitali avanzate
- uso diffuso delle tecnologie digitali nell’economia e nella società.
Nell’ottica della trasformazione digitale dell’Europa entro il 2030, il 9 marzo 2021 la Commissione europea propone una bussola digitale (Digital Compass) costituita dai quattro punti cardinali:
- Skills (competenze)
- Infrastructures (infrastrutture digitali sicure e sostenibili)
- Business (trasformazione digitale delle imprese)
- Government (digitalizzazione dei servizi pubblici).
Tali quattro indicatori sono attualmente utilizzati nei report annuali Digital Economy and Society Index (DESI) per misurare il livello di digitalizzazione di tutta l’UE e per rilevare l’effettiva presenza e l’uso dei servizi digitali da parte dei cittadini e delle imprese.
A seguito della pandemia da Covid-19, un forte impulso al processo di e-Government a livello europeo e nazionale è dato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR, in inglese National Recovery and Resilience Plan abbreviato in Recovery Plan o NRRP). Esso nasce a metà del 2020 con l’obiettivo di aiutare l’UE a riparare i danni economici e sociali causati dall’emergenza pandemica e di contribuire a gettare le basi per rendere le economie e le società dei paesi europei più sostenibili, resilienti e preparate alle sfide e alle opportunità della transizione ecologica e digitale. Voluto dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo e dai leader dell’UE, il PNRR si inserisce all’interno del programma europeo Next Generation EU (NGEU) con un pacchetto da 750 miliardi di euro.
Nell’ambito di tale intervento, all’Italia sono assegnati 191,5 miliardi di cui 70 miliardi (il 25%) in sovvenzioni a fondo perduto e 121 miliardi (il 63%) in prestiti. Il Piano per il nostro Paese prevede una componente specifica per la digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA con investimenti pari a 9,75 miliardi di euro la quale contribuirà a supportare gli interventi e i progetti di digitalizzazione in corso grazie ai finanziamenti messi a disposizione. La quota più rilevante di questa componente è rappresentata dalla “Digitalizzazione PA” per 6,14 miliardi di euro. Altri 6,71 miliardi di euro sono dedicati allo sviluppo di reti ultraveloci.[7]
e-Government nel mercato unico digitale
Come precedentemente menzionato, nel 2015 la Commissione Europea presenta la Strategia per il mercato unico digitale in Europa[8]. Il mercato unico digitale è un “mercato in cui, indipendentemente dalla cittadinanza o dal luogo di residenza, persone e imprese non incontrano ostacoli all’accesso e all’esercizio delle attività online, in condizioni di concorrenza leale e con un livello elevato di protezione dei consumatori e dei dati personali”[9].
La strategia del mercato unico digitale intende garantire all’economia, all’industria e alla società europee il massimo vantaggio dalla nuova era digitale. Difatti la rivoluzione digitale non è un fenomeno limitato alle reti di telecomunicazione, all’informatica e ai contenuti immateriali ma incide in modo trasversale in tutti i settori economici, anche quelli più tradizionali.
Secondo le previsioni, la creazione di un mercato unico digitale apporterebbe 415 miliardi di euro all’economia dell’Unione Europea, creando nuovi posti di lavoro, favorendo la crescita, la competizione, gli investimenti, contribuendo all’espansione del mercato e incoraggiando l’offerta di servizi migliori.
In particolare, la Strategia per il mercato unico digitale in Europa ha previsto una serie di interventi in tre ambiti:
- migliorare l’accesso dei consumatori e delle imprese ai beni e ai servizi digitali in tutta l’UE. La strategia del mercato unico digitale cerca di assicurare un migliore accesso per consumatori e per le imprese a beni e servizi online in Europa, ad esempio rimuovendo le barriere dell’e-commerce transfrontaliero e l’accesso a contenuti online aumentando al contempo la protezione del consumatore;
- creare le giuste condizioni e condizioni di parità affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano prosperare. Il mercato unico digitale ha l’obiettivo di creare l’ambiente favorevole per i servizi e le reti digitali fornendo infrastrutture ad alta velocità, sicure e affidabili, supportate da corrette condizioni regolamentari. I punti di attenzione includono la cybersecurity, la protezione e la privacy dei dati e la trasparenza e l’imparzialità delle piattaforme online;
- massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale. La strategia del mercato unico digitale è volta a massimizzare il potenziale di crescita della Digital Economy europea cosicché ogni cittadino europeo possa sfruttare appieno i suoi benefici, in particolare aumentando gli skill in ambito digitale i quali sono essenziali per una società digitale inclusiva.
Dal momento del lancio della strategia e con l’obiettivo di attuazione della stessa, la Commissione europea ha presentato 35 proposte legislative, alcune delle quali approvate in via definitiva come l’abolizione delle tariffe di roaming e la portabilità transfrontaliera dei contenuti digitali, che consente l’accesso dall’estero a servizi di contenuti digitali senza costi supplementari e l’abolizione dei blocchi geografici.
Open Government
Il termine Open Government indica una modalità di esercizio del potere, a livello sia centrale che locale, basato su modelli, strumenti e tecnologie che consentono alle amministrazioni di essere “aperte” e “trasparenti” nei confronti dei cittadini.
Letteralmente il termine significa “governo aperto” in relazione alle capacità delle amministrazioni pubbliche di essere trasparenti sulle proprie azioni e decisioni, di rendere accessibili i servizi e le informazioni sul proprio operato e di ascoltare e rispondere a nuovi bisogni e sollecitazioni della società civile. [10]
Secondo l’Open Government Partnership – iniziativa multilaterale avviata nel 2011 e a cui oggi aderiscono 65 Paesi nel mondo, tra cui anche l’Italia – i principi che devono seguire i governi sostanzialmente sono:
- la trasparenza
- la partecipazione
- l’accountability.
Per trasparenza si intende la possibilità di accesso ai dati e alle informazioni della PA al fine di accrescere il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. I dati pubblici diventano aperti (open data), facilmente accessibili e consultabili. Gli open data, cioè i dati prodotti dagli enti governativi in formato aperto, accessibili su Internet e riutilizzabili da cittadini, imprese e altre pubbliche amministrazioni sono uno degli aspetti più caratterizzanti dell’Open Government. I dati aperti sono lo strumento per assicurare la trasparenza e l’accessibilità dei dati e delle informazioni delle amministrazioni pubbliche. Grazie al formato aperto e strutturato – loro caratteristica principale – e alle dinamiche della rete, gli open data trovano un potenziale utilizzo anche per finalità di analisi nonché di sviluppo di applicazioni creative.
Ricordiamo che l’accesso alle informazioni pubbliche è riconosciuto a livello internazionale come un vero e proprio diritto. Basti pensare alla Freedom of Information Act (FOIA), ovvero la “Legge sulla libertà di informazione”, emanata negli Stati Uniti d’America nel 1966 e introdotta in Italia con il D. Lgs. N. 97 del 2016 come parte integrante del processo di riforma della Pubblica Amministrazione definito dalla legge n. 124 del 7 agosto 2015. “L’accesso civico generalizzato garantisce a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti posseduti dalle pubbliche amministrazioni, se non c’è il pericolo di compromettere altri interessi pubblici o privati rilevanti, indicati dalla legge. Con la normativa FOIA, l’ordinamento italiano riconosce la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni come diritto fondamentale. Il principio che guida l’intera normativa è la tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo di tutti i soggetti della società civile: in assenza di ostacoli riconducibili ai limiti previsti dalla legge, le amministrazioni devono dare prevalenza al diritto di chiunque di conoscere e di accedere alle informazioni possedute dalla pubblica amministrazione“[11].
L’accesso civico generalizzato, istituito in Italia dalla normativa FOIA, differisce dalle altre due principali tipologie di accesso già previste dalla legislazione:
- a differenza del diritto di accesso procedimentale o documentale (legge n. 241/1990), garantisce al cittadino la possibilità di richiedere dati e documenti alle pubbliche amministrazioni senza dover dimostrare di possedere un interesse qualificato;
- a differenza del diritto di accesso civico “semplice” (D. lgs. n. 33/2013), che consente di accedere esclusivamente alle informazioni che rientrano negli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge, l’accesso civico generalizzato si estende a tutti i dati e i documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni all’unica condizione che siano tutelati gli interessi pubblici e privati espressamente indicati dalla legge.
Il principio di partecipazione – secondo principio chiave dell’Open Government – prevede il coinvolgimento e la collaborazione dei cittadini alle iniziative e scelte della PA (es. nei processi decisionali, nella definizione di progetti e servizi, etc.) al fine di adottare un modello di governance (c.d. Public Governance) caratterizzato da una maggiore efficacia e qualità delle politiche pubbliche.
Terzo principio chiave dell’Open Government è l’accountability sulla base della quale le amministrazioni pubbliche devono dare conto ai cittadini delle proprie decisioni e del proprio operato assumendosene pienamente la responsabilità.
L’Open Government risulta non solo un’evoluzione tecnologica ma prima di tutto rappresenta una evoluzione culturale e organizzativa. Una amministrazione che vuole essere davvero aperta deve attuare un cambiamento a livello culturale ponendo al centro il cittadino e non le procedure, abbandonando a livello organizzativo il modello gerarchico e settoriale su cui sono fondati i processi e a livello di relazione con gli utenti passando dalla logica dei certificati a quella dei servizi[12].
Indice di digitalizzazione dell’economia e della società
A partire dal 2014, la Commissione Europea ha monitorato i progressi degli Stati membri sulla transizione al digitale attraverso i report annuali Digital Economy and Society Index (DESI). Ogni anno le relazioni comprendono profili nazionali che aiutano gli Stati membri a individuare settori di intervento prioritari e capitoli tematici che forniscono un’analisi a livello dell’UE nei principali ambiti della politica digitale. Il DESI compila una classifica degli Stati membri in base al loro livello di digitalizzazione e ne analizza il progresso relativo nell’arco degli ultimi cinque anni, tenendo conto del rispettivo punto di partenza.
Il DESI è stato recentemente adeguato ai quattro punti cardinali definiti nel Digital Compass in modo tale che gli indicatori misurassero gli obiettivi della Digital Decade ovvero quegli obiettivi fondamentali per raggiungere entro il 2030 una trasformazione digitale completa e sostenibile attraverso tutti i settori dell’economia.
L’ultima edizione dell’indice è il DESI 2022.
Il DESI è strutturato a tre livelli (dimensioni, sotto-dimensioni e indicatori). Le quattro dimensioni oggetto di analisi corrispondono ai quattro punti cardinali della bussola digitale:
- capitale umano: analizza sia le competenze dei cittadini nell’utilizzo di internet che le competenze avanzate di carattere più specialistico;
- connettività: analizza sia la linea fissa (VHCN) che mobile (5G) a banda larga misurando il grado di fornitura e domanda così come i loro prezzi al consumo;
- integrazione della tecnologia digitale: analizza l’adozione del digitale nei vari ambiti di applicazione come l’e-commerce, la fatturazione elettronica, l’adozione del Cloud, l’analisi dei Big Data, etc.
- servizi digitali pubblici: analizza la domanda e l’offerta dell’e-Government e degli open-data.
Nella tabella che segue sono elencate le relative sotto-dimensioni e gli indicatori collegati.
Note
- “Consiglio e Commissione europea, “Piano d’azione eEurope 2002”, giugno 2000 ↑
- Commissione Europea, “Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 28 maggio 2002 – Piano d’azione eEurope 2005: una società dell’informazione per tutti”, 2002 ↑
- Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 1° giugno 2005, intitolata “i2010 – Una società europea dell’informazione per la crescita e l’occupazione”, 2005 ↑
- Agenda Digitale Europea ↑
- Commissione europea, Piano d’azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 – Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione, 2016 ↑
- acronimo di “INfrastructure for SPatial InfoRmation in Europe, è una Direttiva Europea entrata in vigore il 15 maggio 2007 che istituisce un’infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità Europea per semplificare la condivisione di informazioni territoriali tra le pubbliche amministrazioni e l’accesso del pubblico alle informazioni territoriali ambientali in tutta Europa e per supportare i processi decisionali inerenti all’ambiente e al territorio. ↑
- https://innovazione.gov.it/italia-digitale-2026/ ↑
- COM2015/192 ↑
- https://temi.camera.it/leg17/temi/il_mercato_unico_digitale_ ↑
- FormezPA, L’open government, 2015 ↑
- Ministero della pubblica amministrazione, https://www.funzionepubblica.gov.it/foia-7 ↑
- FormezPA, L’open government, 2015 ↑