La proposta

Le ombre della Sanità digitale

Il certificato telematico di malattia e la cosiddetta ricetta elettronica sono ancora una semplice comunicazione telematica con esclusiva valenza amministrativa e non clinica. Non si tiene abbastanza conto che ogni atto medico ha conseguenze di potenziale enorme rilevanza sul piano legale, assicurativo e della salute. Nella nuova missione del digitale siano coinvolti anche gli operatori sanitari

Pubblicato il 19 Giu 2013

Sergio Pillon

Vicepresidente e responsabile relazioni istituzionali AiSDeT, Associazione italiana Sanità Digitale e Telemedicina

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Si è appena insediato il nuovo governo ed il presidente del consiglio Enrico Letta ha dichiarato che seguirà personalmente lo sviluppo del digitale in Italia, inoltre le linee nazionali di indirizzo per la telemedicina sono alla conferenza stato regioni, questo scenario potrebbe aprire opportunità per la sanità elettronica. Le competenze sono variamente distribuite, ma l’agenzia per l’Italia digitale potrebbe essere un importante acceleratore del sistema.

Ho recentemente incontrato a Roma, nell’ambito di un convegno sul tema “PA Digital Agenda”, Agostino Ragosa, direttore dell’agenzia per l’Italia digitale, il quale ha detto che, nel programma europeo “Digital Agenda”, appena concluso, erano a disposizione per l’Italia oltre 50 miliardi di euro ma siamo riusciti a spenderne solamente 18. L’Italia oggi, su 120 paesi, è oltre il sessantesimo posto sullo sviluppo digitale e, riferisce il direttore Ragosa, a Bruxelles siamo stati garbatamente ripresi “perché non può essere questo il posto per la terza economia europea”.

Per il futuro, avremo a disposizione circa 20 miliardi. Il primo passo, già avviato dall’agenzia, sarà quello di costituire un’anagrafe centrale dello stato, superando le 8000 anagrafi presenti oggi nei comuni che, se vorranno, potranno conservare la propria, ad esempio per velocizzare il servizio, ma farà fede solo quella centrale. Inoltre tutti i cittadini, cittadini italiani ma anche di conseguenza cittadini europei, avranno una carta di identità elettronica ed una firma elettronica avanzata.

L’Agenzia ritiene, secondo quanto ha detto il direttore, che la sanità elettronica sia una delle applicazioni chiave del futuro digitale, che lo sviluppo del paese passerà per il digitale e che le iniziative, anche quelle volte a promuovere l’occupazione, se non indirizzate verso un’occupazione con un reale futuro davanti, rischiano di diventare un assistenzialismo capace di generare ulteriori costi per lo stato, quando i nuovi assunti non saranno utili nelle professioni del futuro.

Per i medici l’impatto con la nascente sanità elettronica italiana è passato per il certificato telematico di malattia e la ricetta elettronica ma si tratta, a mio parere, di una esperienza con luci ed ombre. Il cosiddetto certificato telematico di malattia e la cosiddetta ricetta elettronica, oggi, sono ancora una semplice comunicazione telematica con esclusiva valenza amministrativa e non clinica della prescrizione e della attestazione di malattia. Si possono sviluppare meglio, diventando reali strumenti Cloud per una sanità migliore e come tasselli del nascente fascicolo sanitario elettronico. Dello stesso parere è stato Paolo Donzelli, uno dei “padri” del progetto. Potenzialmente sono opportunità cliniche ma oggi sono semplici passaggi amministrativi/burocratici che certamente non hanno determinato sviluppo occupazionale o modificato l’evoluzione del processo di cura. Inoltre si parla di dematerializzazione in sanità ma non si tiene forse abbastanza in considerazione che i medici sono i principali “firmatori” della pubblica amministrazione, che ogni atto medico ha conseguenze di potenziale enorme rilevanza sul piano legale, assicurativo e della salute. Basti pensare alla nascita, alla morte, alla incapacità di intendere o di volere, fino a piu’ recenti fatti di cronaca relativi all’impossibilità di essere presenti in un’aula di tribunale. Senza firma sanitaria sarà difficile dematerializzare e fino ad oggi si firmano documenti e non record di database..

Sono d’accordo con gli indirizzi espressi dal direttore Ragosa, auspicando che, nello sviluppo legislativo ed operativo della sanità elettronica previsto dall’Agenzia per l’Italia digitale, siano coinvolti gli operatori sanitari che quotidianamente debbono far fronte ad un sistema ormai spesso anacronistico ed inutilmente burocratizzato, che ancora oggi costringe medici e cittadini, gli uni a diventare dattilografi per un inserimento di dati all’amministrazione ben noti, oberati da un superlavoro burocratico accentuato da una digitalizzazione largamente incompleta e non sinergica e gli altri, i pazienti, ancora postini di se stessi, costretti a passare tempo per prendere e portare documenti cartacei in giro per il ssn (ricette, prescrizioni, esenzioni, certificati), a volte vittime di errori che potrebbero essere facilmente evitati incrociando dati abbondantemente presenti nel sistema. Il risultato sarà una inversione di tendenza di una assistenza pubblica che purtroppo sta perdendo in Italia quel primato di risultato che ha avuto per anni.

Ben vengano, i datacenter, il cloud, le app, la rete pubblica di connettività, senza però dimenticare che non sono il fine della PA digitale ma solo uno strumento al servizio di operatori e cittadini.


La salute richiede ormai la sanità elettronica come strumento indispensabile di miglioramento di efficacia, efficienza ed appropriatezza. Il ministro Lorenzin, ormai quasi “nativa digitale”,
può contribuire in modo decisivo allo sviluppo economico del paese facendo uscire la sanità elettronica dalla sua lunghissima fase sperimentale mediante uno specifico “piano industriale”, magari supportato dal ministero per lo sviluppo economico e con l’agenzia al coordinamento della progettazione esecutiva.

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