Siamo tra i Paesi con la spesa sanitaria più bassa in Europa, non dovremmo quindi chiederci come ridurla ma piuttosto come questa dovrebbe modularsi per rispondere a nuove esigenze di assistenza che tra dieci o venti anni ci troveremo di fronte. Una nuova domanda di salute si sta facendo avanti passo dopo passo, dovuta a diversi fattori: invecchiamento della popolazione (quella italiana è ad oggi la più anziana di Europa), un nuovo concetto di benessere, cronicità e nuovi bisogni sociali e sociosanitari.
L’innovazione digitale è sicuramente una risposta, ma finora nel nostro Paese è stata realizzata senza un disegno strategico complessivo in cui l’azione di Governo in modo organico con quella delle Regioni, che esercitano un ruolo primario e autonomo, si sia mossa verso la definizione dei modelli organizzativi, gestionali e di spesa.
Per fare un esempio il 31 marzo 2014 l’AgID ha pubblicato le “Linee guida per la presentazione dei piani di progetto regionali per la realizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico”, sulla base delle quali, entro la fine di giugno 2014, le Regioni hanno presentato i propri piani di implementazione del Fascicolo. Purtroppo pur avendo ottemperato alla richiesta di presentare i propri piani per lo sviluppo del FSE entro lo scorso giugno, Regioni e Province Autonome non hanno poi ricevuto l’approvazione degli stessi e non è stato emanato il Decreto (DPCM) attuativo relativo al FSE. A fronte di questo, la scadenza del 30 giugno 2015 per lo sviluppo dei FSE stessi non sembra praticabile.
E’ come spesso accade una questione di definizione degli obiettivi e della governance di sistema, si dimentica che anche il settore sanitario è un’industria che va rinnovata riorganizzando i processi e non digitalizzando l’esistente.
Il tema di uno sviluppo sistematico dell’innovazione digitale in Sanità è stato sicuramente rilanciato a luglio del 2014 con il Patto per la Sanità Digitale dal Ministero della Salute, che ha inserito l’obiettivo di disegnare un Master Plan quinquennale (2015–2019) per l’eHealth, identificando i possibili ambiti di attivazione di iniziative di partenariato pubblico-privato capaci di innescare un circuito virtuoso di risorse economiche destinate a finanziare gli investimenti necessari ad impiegare l’innovazione digitale in sanità. Gli investimenti pari a 4 miliardi, arriverebbero oltre che da privati anche dai fondi strutturali europei e produrrebbero, secondo le stime del Ministero, un risparmio di almeno 7 miliardi. Ad oggi il Master Plan però non è ancora disponibile.
Manca sempre qualche tassello mentre altri si aggiungono lentamente. E’ di aprile 2015 il rilascio da parte dell’AgID delle Specifiche tecniche per l’interoperabilità tra i sistemi regionali del Fascicolo Sanitario Elettronico, preparate con il supporto di Veneto Lombardia ed Emilia Romagna, che dovrebbero consentire alle Regioni di iniziare a sviluppare i servizi per l’effettiva interoperabilità del FSE.
Non possiamo dire che sia tutto fermo, non sarebbe propriamente corretto. A Forum PA 2015 [qui il convegno] abbiamo cercato di fare il punto e ci siamo interrogati su una governance di sistema dell’innovazione. Gli stessi investimenti in ICT in ambito sanitario dell’ultimo anno ci dicono che qualcosa sta cambiando. La spesa per il 2014, secondo le stime dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, ammonta a circa 1, 37 miliardi; un aumento di più di 17 punti percentuali rispetto all’anno precedente, ma ancora insufficiente ed inferiore a tutti i paesi benchmark.
Va detto che parte di questo incremento non rappresenta un investimento discrezionale, ma solo il recupero di interventi dovuti per mettere in sicurezza sistemi la cui manutenzione era mantenuta ai livelli minimi. Nel 2014 comunque tutti gli attori del sistema sanitario hanno visto un aumento dei budget dedicati all’innovazione digitale. Per le Strutture Sanitarie ad esempio la spesa ICT stimata per il 2014 è stata 960 milioni, un +20% rispetto all’anno scorso. Anche la spesa regionale è cresciuta di circa il 10%, arrivando a quota 325 milioni, rispetto ai 295 del 2013, così come aumenti poco significativi in valore assoluto ma interessanti come segnale di tendenza, ci sono stati nella spesa dei MMG (68 milioni) e del Ministero (20 milioni).
Non è ancora abbastanza per rispondere a tre sfide, che più di altre, si stanno facendo emergenti nel settore: Fasciolo Sanitario elettronico, Prescrizione Medica Digitale, Telemedicina. A queste di aggiunge una sfida di contesto, quella legata all’aspetto culturale del cambiamento: la necessità di una gestione strategica in grado di dimostrare i benefici derivanti dall’adozione dell’innovazione ai manager pubblici; benefici per i pazienti, ma anche per i medici. L’innovazione non è solo tecnologica, è nei sistemi di gestione e clinici, sull’interazione paziente-operatore sanitario e sul comportamento.
Una sfida culturale anche per il cittadino, come dimostra la rilevazione Doxa e Politecnico di Milano. Su un campione di 1.000 cittadini l’83% non ha mai sentito parlare di FSE. Un numero ancora superiore, l’88%, non sa se nella propria Regione è attivo e il 95% dei cittadini non ha mai cercato informazioni sul Fascicolo.
Quindi cosa interessa ai cittadini? L’accesso a informazioni sulle strutture sanitarie, ma anche servizi di prenotazione e consultazione dei documenti clinici, prenotazioni e consultazione referti. A questi si aggiunge la possibilità di pagare online, fino all’inserimento di documenti sanitari e note. Servizi spesso implementati nei FSE più evoluti, proprio quelli che in molti dicono di non conoscere.
Appare evidente quindi come sia oggi opportuno una governance centrale che gestisca il cambiamento in modo strategico, fissando obiettivi e risultati e che, superando la frammentazione, faccia anche educazione ed empowerment sui cittadini.