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L’equivalenza tra PEC e SERCQ è un problema per il domicilio digitale: ecco perché



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Una criticità, conseguenza di una norma del CAD che stabilisce equivalenza tra la Posta Elettronica Certificata (PEC) e i Servizi Elettronici di Recapito Certificato Qualificati (SERCQ), potrebbe turbare il futuro dell’Indice Nazionale dei Domicili Digitali (INAD)

Pubblicato il 14 giu 2023

Giovanni Manca

consulente, Anorc



PEC, firma

La tanto attesa attivazione dell’Indice Nazionale dei Domicili Digitali (INAD) contribuisce in modo decisivo alla semplificazione e ottimizzazione dei rapporti tra Pubblica Amministrazione e persone fisiche, professionisti e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese) come stabilito nell’articolo 6-quater del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD).

La novità, certamente positiva, può essere turbata da una criticità per questi indici che è conseguenza di una norma del CAD che stabilisce equivalenza tra la Posta Elettronica Certificata (PEC) e i Servizi Elettronici di Recapito Certificato Qualificati (SERCQ), questi ultimi conformi a quanto stabilito nel regolamento 910/2014 comunemente noto come eIDAS (electronic Identification Authentication and Signature).

Per evidenziare in modo specifico questa criticità è necessario descrivere lo scenario nazionale e comunitario degli indirizzi di riferimento per la PEC e i SERCQ sulla loro base tecnologica, mediante la quale, è possibile eleggere il proprio domicilio digitale.

Questo aspetto è diretta conseguenza del completamento degli indici dei domicili digitali che con la disponibilità dell’INAD sono fruibili anche per il comune cittadino.

Il domicilio digitale era già attivo per i professionisti e le imprese (INI-PEC) e per le pubbliche amministrazioni e i gestori di pubblici servizi (IPA), tutto ciò in conformità agli articoli 6-bis e 6-ter del CAD.

Da dove nasce la criticità

La base di partenza è l’articolo 1, comma 1-ter del CAD: “Ove la legge consente l’uso della posta elettronica certificata è ammesso anche l’utilizzo di altro servizio di recapito certificato qualificato ai sensi degli articoli 3, numero 37 e 44 del regolamento eIDAS”.

Già in questa sede possiamo evidenziare la prima parte della criticità per gli indici e l’indirizzo associato all’elezione del proprio domicilio digitale.

Ci si aspetta, correttamente, che la componente tecnologica associata al domicilio digitale sia un indirizzo di posta elettronica, ma i SERC (la qualifica del servizio non influenza la componente tecnologica realizzativa) non sono solo dei servizi postali.

Infatti, essi comprendono anche meccanismi di colloquio tra mittente e destinatario basati su protocolli applicativi che utilizzano web services. L’elezione di un domicilio digitale su questa base tecnologica sarebbe bizzarra e sorprendente ma non in contrasto con il CAD.

Nella realtà attuale sono utilizzati indirizzi di posta elettronica e, alla data, senza problemi questa tutti utilizzano la PEC.

Il passaggio previsto da PEC a SERCQ di tipo postale (che dovrebbe avvenire in Italia entro il 2024) non costituisce un problema perché è stato elaborato, su proposta italiana, uno standard ETSI che introduce la REM (acronimo che sta per Registered Electronic Mail e rappresenta la tipologia del SERC di tipo postale).

Il modo efficace con il quale è stato progettato e pubblicato tale standard definisce il cosiddetto profilo REM Baseline. Questo profilo garantisce la “compatibilità all’indietro” con la PEC, in altre parole è ben definita la continuità tra PEC e REM qualificata e non ci sono problemi tecnici per il domicilio digitale.

L’inevitabile apertura nazionale a scenari comunitari richiede di analizzare una potenziale ma non trascurabile criticità. I sistemi postali qualificati a livello comunitario non utilizzano la REM baseline quindi non sono interoperabili con la PEC e nemmeno con la REM perché le architetture utilizzate sono con componenti proprietarie.

Questo aspetto coinvolge 42 soggetti comunitari qualificati ai sensi del regolamento eIDAS.

I rischi

Questo numero è in aumento anche perché lo schema di nuovo regolamento in corso di discussione a Bruxelles non modifica le regole vigenti sui SERC e l’interesse per scambi di messaggi certificati in vari scenari pubblici e privati è in aumento.

Il lettore ha già compreso la criticità e il conseguente rischio che ne deriva. Un soggetto qualificato per i SERC nell’Unione potrebbe iscrivere, a pieno titolo, un indirizzo postale associato ad un SERCQ non basato sullo standard REM (ETSI EN 319 532-4) e, vista la situazione dei soggetti qualificati, basato su una piattaforma proprietaria.

Con queste premesse potremmo avere soggetti che non sarebbero in grado di interagire a norma di legge con il sistema REM qualificato perché, ad esempio, le ricevute che attestano gli scambi tra i soggetti non sono compatibili. La REM sarà certamente utilizzata nell’IPA vista la gestione per la pubblica amministrazione. L’indice INI-PEC dovrà cambiare nome ma non è questo il rischio. Questo risiede nella possibile scelta di indirizzi per il domicilio digitale non interoperabili. Questo è possibile sia per cittadini e imprese.

In ottica ottimistica possiamo ipotizzare che professionisti e imprese ragionevolmente passeranno da PEC a REM e molto difficilmente migreranno verso un SERCQ “estero” o nazionale non interoperabile. Saranno gli stessi gestori di PEC divenuta QREM a gestire la transizione in modo controllato e “morbido”.

Il livello di rischio diventa significativo con INAD dove non possiamo escludere che un cittadino dell’Unione sia in possesso di un indirizzo postale qualificato non interoperabile e voglia utilizzarlo per eleggere il proprio domicilio digitale.

Il problema sembra trascurabile e con criticità minima ma non c’è dubbio che tutto nasce da una situazione normativa che non esclude per il domicilio digitale questo problema funzionale.

Conclusioni

Non si può intervenire a livello comunitario sui SERCQ ma appare indispensabile che nel CAD si introduca per i SERCQ l’obbligo di conformità agli standard europei di settore cioè al già citato documento ETSI EN 319 532-4 quando utilizzati per l’elezione del domicilio digitale.

Si può continuare a usare l’ottimismo e puntare sul fatto che nessuno scelga un SERCQ non interoperabile per l’INAD ma forse è più prudente intervenire sul CAD e stabilire l’obbligo di interoperabilità nei termini precedentemente descritti.

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