Libra, la criptovaluta lanciata da Facebook qualche settimana fa, solleva sempre più punti di domanda.
Sia il presidente americano Donald Trump che il presidente della FED Jerome Powell hanno lanciato dichiarazioni preoccupate.
E da noi il governatore della Banca d’Italia ha dichiarato massima allerta, “una moneta privata che nasce in un contesto digitale innesca rischi aggiuntivi”.
Trump ha dichiarato senza mezzi termini che la moneta internazionale già esiste e si chiama dollaro Usa rimarcando il valore della moneta tradizionale sulle criptovalute e ha anche affermato che se qualcuno, in questo caso Facebook, intende operare nell’ambito finanziario deve dotarsi di una licenza bancaria e sottostare a tutte le regole previste in questo ambito. Trump ha quindi richiamato l’attenzione sulla volatilità di pseudomonete come le criptovalute, dopo le limitazioni imposte da Cina e Korea l’anno scorso sempre più nazioni pongono argini. Il silenzio della BCE e delle istituzioni europee invece continua.
La presenza di una moneta di scambio che opera a livello internazionale e gestita da privati apre problemi non solo sul tema della sicurezza dei dati e della privacy ma soprattutto nei meccanismi monetari che andrà ad utilizzare, nella capacità di evitare che venga usata come un “paradiso” di riciclaggio ed elusione fiscale.
Ma, nonostante le criticità che andremo ad approfondire, c’è anche la possibilità che Libra diventi una occasione per valutare un cambio di passo, per costruire un insieme di regole più al passo con i tempi in un quadro sottoposto alla vigilanza dei cittadini attraverso le istituzioni.
Criptovalute e controllo statale
Mettere in piedi una moneta oggi non è un compito da soggetti privati. Paolo Savona, nuovo presidente della Consob, nel suo discorso del 14 Giugno 2019 all’incontro annuale con il Mercato Finanziario descrive in modo puntuale la necessità di portare sotto il controllo statale le criprovalute affermando che “La diffusione delle criptovalute è un’altra esperienza dalla quale trarre insegnamento per proteggere il risparmio. L’ideale sarebbe che l’uso di questo strumento, per ora paramonetario se non proprio finanziario, diventi monopolio pubblico, come accaduto per la moneta di base. Alcuni Stati si stanno muovendo in questa direzione, ma l’iniziativa privata mostra di essere più pronta a cogliere l’innovazione e a porre il suo dominio su di essa”.
“Se così accadesse il sistema monetario attuale verrebbe sconvolto e il sistema finanziario coinvolto; diverrebbe problematico il controllo della quantità di moneta e, ancor più, la sua riconduzione nell’alveo pubblico”.
E ancora più avanti: “L’uso del regime contabile criptato andrebbe ampliato per garantire la trasparenza e l’inalterabilità del possesso e delle operazioni finanziarie. Esso è un corredo indispensabile per garantire che la conoscenza delle scelte effettuate resti a disposizione degli investitori e delle autorità di controllo aventi diritto a chiedere tempestivamente un rendiconto inalterabile. In questo modo si potrà verificare se le scelte degli intermediari presentano basi soggettive che hanno ignorato o alterato i fondamentali, consentendo di accertare eventuali responsabilità. Esistono tuttavia registri digitali criptati, anche molto diffusi, che non possiedono la caratteristica di impenetrabilità, una distinzione che il mercato ancora non percepisce”.
La moneta rappresenta lo Stato
È necessario partire dalla considerazione che la moneta rappresenta di per sé stessa lo Stato. Qualsiasi forma statale è tale se controlla la moneta e la “violenza” intesa come l’esercito e la polizia, ovvero è in grado di mantenere l’ordine. Sottrarre agli Stati la possibilità di operare in modo esclusivo con la propria moneta apre una falla sul funzionamento degli stessi. L’esistenza di valute considerate riferimento internazionale, come lo è il dollaro, consente di operare tra stati e imprese utilizzando la medesima valuta.
Fino ad ora le operazioni di scambio e commercio elettronico a livello globale sono state fatte attraverso soggetti in grado di trasferire moneta tra entità diverse applicando il cambio. Il sistema bancario e gli operatori come le carte di credito sono sottoposti a vincoli e regole molto stringenti, controlli e verifiche da parte delle banche centrali e delle autorità statali, da trattati internazionali che impongono meccanismi di trasparenza ad ogni livello. Malgrado questo, abbiamo potuto vedere come la crisi del 2008 sia nata da un sistema finanziario che si è spinto troppo nella speculazione senza adeguate garanzie.
Libra, quali meccanismi di controllo?
Il controllo democratico delle istituzioni che operano attraverso una moneta diventa fondamentale. Se al board di Libra venisse in mente di “forzare” le sue regole producendo più moneta di quella posseduta in titoli vari nessuno sarebbe in grado di controllarlo in tempo consentendo così di manipolarne il valore. La sorveglianza del mercato finanziario elvetico rischia di trovarsi senza adeguati strumenti di controllo, Libra è nata come fondazione svizzera, è affidata ad una autorità di vigilanza che già controlla più di 10mila soggetti autorizzati: circa 8mila fondi esteri, 5 banche di rilevanza sistemica, 1.500 fondi svizzeri, 3 borse svizzere, 280 banche, 50 commercianti di valori immobiliari, 210 assicuratori e oltre 200 asset manager con un organico di 492 dipendenti. Libra, da come è stata presentata, ha l’ambizione di iniziare su 2,4 miliardi di utenti di facebook più quelli degli altri partner operanti.
Se Libra creasse più moneta non ci sarebbero, ad oggi, meccanismi per controllarlo. Di solito le banche centrali operano creando moneta senza garanzie (in realtà anche loro operano attraverso meccanismi controllati), gli stati che controllano la moneta non possono fallire. Si può alzare l’inflazione ma questo non è un grosso problema se rimane entro certi limiti anzi aiuta l’economia a crescere favorendo gli scambi e anche gli investimenti, l’Italia è uscita dal dopoguerra anche grazie all’inflazione senza aumentare il debito. La BCE con il QE cerca di far aumentare l’inflazione per portarla al 2%, livello previsto dai trattati europei, aumentando la massa monetaria.
Se una moneta privata come Libra producesse denaro per i suoi azionisti darebbe loro un incredibile strumento di concorrenza sleale e non essendo previsti istituti in grado di misurare inflazione e controllarla, determinerebbe una situazione del tutto nuova e pericolosa per il risparmio. Nel sito Libra si legge di incentivi che verranno dati per entrare nella valuta: un cambio più favorevole? Moneta aggiuntiva? Producendo denaro non garantito?
Altro punto critico è la presenza di una moneta internazionale che opera, nelle intenzioni di Zuckerberg, cercando di raccogliere le transazioni di quella parte del pianeta che non ha un conto corrente (circa il 30% dei paesi poveri) e che ha bisogno di trasferire le rimesse dall’estero e operare in Stati sulla cui moneta e sistema bancario non c’è grande fiducia. In questo caso c’è il rischio che la Libra possa sostituire la moneta corrente perfino peggiorando la situazione economia del paese.
Libra, un meccanismo di elusione fiscale perfetto
Libra può essere facilmente un meccanismo di elusione fiscale perfetto. Dove vengono tassati gli scambi commerciali che si creano nella criptovaluta? Nello stato nel quale avvengono o nello stato nel quale viene cambiata la valuta? E dunque aprire una sede in un paradiso fiscale o in uno stato europeo con tasse molto basse (Irlanda, Olanda, Lussemburgo) diventa lo strumento immediato per sfuggire alle regole che negli ultimi anni stanno a fatica intercettando l’enorme elusione fiscale non solo delle Big Tech ma di molte aziende che operano in modo sovranazionale. Così per l’Iva, che verrebbe sistematicamente evasa, come verrebbero evasi i controlli che le entità statali stanno mettendo in piedi per evitare tale meccanismo criminale. Il nostro Paese sarebbe uno di quelli che pagherebbe di più.
In questo senso ci potremmo trovare di fronte ad una elusione del fisco molto più diffusa anche da parte di semplici cittadini che potrebbero farsi pagare in parte in criptovaluta e in parte in valuta corrente, sfuggendo ai controlli del fisco senza nemmeno destare sospetti, semplicemente avrebbero pagherebbero meno tasse nel proprio paese e disporrebbero di un risparmio in criptovaluta da spendere tra i partner aderenti o convertire in un altro paese.
Diversi esperti di riciclaggio hanno anche messo in evidenza come Libra possa essere uno strumento potentissimo per il riciclaggio di denaro sporco, potendo godere di anonimato negli scambi (ma basterebbero dei prestanome) per spostare denaro da una parte all’altra senza troppi controlli. Un vero regalo alle mafie internazionali che oggi vengono continuamente incalzate e colpite in molti paesi grazie al tracciamento del denaro e al sequestro dei conti.
Libra, privacy e sicurezza
Dal punto di vista della privacy e della sicurezza Libra mette in mano un enorme meccanismo di tracciamento dei dati di acquisto, con la possibilità di aumentare la profilazione di chi ne fa uso, dei consumatori. Poter comprendere come si spendono i propri soldi, quale è la disponibilità economica dei singoli, il profilo di consumo. Malgrado le rassicurazioni di rito di Facebook è difficile dimenticare la disinvoltura nei dati personali che in molte occasioni essa ha dimostrato. Un conto è dare queste informazioni al fisco che è sottoposto al controllo democratico del Parlamento e del governo e ben altra cosa darle ad un privato.
Non sono rari i casi di hacker che sono riusciti ad appropriarsi di Bitcoin dai wallet di utenti l’ultimo poche settimane fa, sono saltati diversi exchange di criptovaluta. Non è chiaro come Libra possa dare garanzie sufficienti da furti.
Un altro punto non chiaro è dato dalla possibilità o meno per i possessori della nuova moneta di poterla prestare in cambio di interessi, operando come una banca interna al sistema monetario Libra. Nei fatti avremmo delle banche che non hanno regole e garanzie o sottoposte a termini e condizioni fissate da un soggetto privato. Un vero far west che ci porterà indietro qualche centinaio di anni.
Da quanto emerge, il ritorno economico per Libra deriverebbe dalla possibilità di investire la massa monetaria che gli utenti di Libra genereranno acquistando moneta. Tale massa monetaria dovrà servire come riserva monetaria, tuttavia sarà investita in titoli a bassa volatilità e genererà un tasso di interesse che Libra terrà per sé. Anche qui non ci sono garanzie che Libra non decida di cambiare le condizioni in corso di opera, come spesso fanno le Big Tech, decidendo di investire anche in altri titoli più rischiosi almeno una parte della sua riserva. Aumentando i propri introiti e soprattutto il rischio per chi opera nella valuta.
C’è il serio rischio che possiamo trovarci in un’altra entità “troppo grande per fallire” come fu la Lehman Brothers, ma abbiamo visto che ci è costata una crisi sistemica di cui ancora portiamo i danni. Ed è stata seguita da decine di banche salvate dal fallimento dagli stati nazionali, malgrado i controlli e le norme bancarie esistenti. Uno scenario che non possiamo permetterci in futuro.
La tecnologia non può essere uno strumento altro dalla società, ancora una volta è necessario che la politica, i cittadini, i professionisti del settore si facciano responsabili della direzione che prendono le innovazioni tecnologiche. Cogliere tutte le migliori opportunità che ci offre la tecnologia è necessario ma è necessario che a guidare sia la società, non basta che una cosa sia digitale per essere buona e per buttare a mare la conoscenza e le regole che sono state create nel tempo per tutelare i cittadini e il nostro stile di vita.
Il faro delle autorità su Libra: nuove regole in arrivo?
Libra per ora rimane qualcosa con molti punti oscuri, sappiamo che Facebook sta incontrando diverse autorità bancarie come la FED o la Banca di Inghilterra per discuterne i meccanismi e che il G7 ha attivato un gruppo di lavoro volto ad approfondirne le implicazioni, tuttavia non è una questione solo di banche ma ha implicazioni nell’economia di ogni paese e sulla stabilità dell’intera economia anche perché apre le porte ad altre aziende potenzialmente interessate.
Fa sperare Augustín Carstens, Direttore della Banca dei Regolamenti Internazionali, il quale ha annunciato recentemente che la BRI sta supportando diverse banche centrali nel comprendere il funzionamento delle criptovalute e abbia dichiarato che i tempi sono maturi per utilizzare questo strumenti a livello di banche centrali. Soprattutto dopo che mesi fa dichiarò che non vedeva alcun valore nell’interesse da parte di banche centrali al tema.
Bitcoin e le altre criptomonete per ora non danno garanzie di nessun tipo, troppo volatili e con enormi problemi per poter essere considerate monete vere e proprie. Il sistema bancario, d’altra parte, appare troppo ingessato per soddisfare le esigenze della economia moderna. Ad esempio, trasferire denaro tra paesi su aree economiche diverse non è solo complicato ma anche molto costoso, genera commissioni che appaiono del tutto ingiustificate alla luce della tecnologia disponibile.
Come ormai da diversi anni siamo abituati a vedere, l’entrata in scena delle big tech su un settore ne determinerà il suo cambiamento. Speriamo che le istituzioni sappiano guidarlo nella direzione migliore per la collettività.