il caso airbnb

Quanto ha sofferto il turismo? Ce lo dicono i big data: lo studio

Un quadro della situazione turismo nella pandemia grazie all’analisi dei dati Airbnb, in uno studio di due noti esperti per Agendadigitale.eu. A conferma che per amministrare un Paese o un territorio in modo efficace sarà sempre più necessario diventare “data driven”

Pubblicato il 31 Lug 2020

Vincenzo Patruno

Data Manager e Open Data Expert - Istat

tour virtuali trasformazione digitale

Tutti sanno che settore dei viaggi e del turismo è stato tra i più devastati dalla pandemia, ma solo grazie all’analisi big data adesso possiamo stimare meglio i danni. E così valutare, sulle macerie, come ripartire.

Con la preziosa collaborazione di Giovanni Battista Gardino di Gdp Analytics abbiamo provato appunto vedere attraverso due semplici indicatori, il numero di annunci e il prezzo medio per notte sulla piattaforma AirBnb, quale è stato l’impatto del covid-19 sul turismo in Italia e nel mondo.

I big data per misurare l’andamento del turismo

In questi mesi siamo rimasti a casa, abbiamo rinunciato a viaggi di lavoro che abbiamo sostituito con videochiamate su Skype, Teams, Meet, Zoom. Ma abbiamo rinunciato anche ai fine settimana nelle città d’arte, alle vacanze di Pasqua, al Primo Maggio e a tutte quelle occasioni che si presentano durante l’anno per chiudere casa e spostarci da qualche altra parte in Italia o all’estero.

Verso la fine di febbraio, pochi giorni prima del lockdown, ne parlavo in questo articolo, in cui sulla base delle prenotazioni fatte avevo calcolato e visualizzato il “tasso di occupazione giornaliero delle strutture ricettive presenti su AirBnb. Non immaginando ancora cosa sarebbe successo nei giorni a seguire.

Attraverso i Big Data ottenuti tramite “scraping” dalla piattaforma AirBnb è stato possibile misurare l’andamento delle prenotazioni degli alloggi e quindi “misurare” gli effetti che stava avendo in quel momento l’epidemia nelle zone “rosse”.

I Big Data hanno il vantaggio di consentire di misurare tempestivamente e in modo continuo un fenomeno. Spesso consentono di misurare in modo alternativo fenomeni che vengono misurati con metodi “tradizionali”. Non è un caso che lo stesso Eurostat qualche mese fa abbia siglato un accordo proprio con AirBnb, Booking, Expedia e Tripadvisor per utilizzare una parte dei loro dati per la produzione di statistiche sul turismo. In tanti altri casi consente di monitorare fenomeni che non possono essere misurati altrimenti.

I Big Data diventano così un’arma potentissima per monitorare quello che sta accadendo nel momento stesso in cui accade. Consentendo ad esempio agli amministratori pubblici e agli operatori del settore non solo di disegnare le strategie e le politiche da introdurre sulla base di dati oggettivi, ma anche di farle nel momento giusto nonché di valutarne l’efficacia nel tempo. Anche attraverso l’ausilio di sistemi di Business Intelligence.

E i dati di AirBnb che riguardano prevalentemente il turismo extra-alberghiero diventano preziosi per misurare l’offerta di posti letto, quantificare le presenze turistiche o il costo di una notte in una determinata località, per individuare quelle aree urbane che in modo silenzioso stanno trasformando il volto delle nostre città, per consentire di identificare sul nascere i fenomeni di gentrificazione, per valutare l’impatto di fiere, di eventi sportivi e di eventi culturali, per stimare l’impatto economico sull’intero ecosistema del turismo che è fatto di tanti pezzi come la ristorazione, la mobilità, gli stabilimenti balneari, le attività in montagna, i musei e così via. Un’amministrazione “data driven” può utilizzare questi dati per conoscere e per tenere in qualche modo “sotto controllo” in modo continuo nel tempo tanti aspetti che possono essere monitorati attraverso i dati. 

Per avere la possibilità di raffinare le strategie adottate, per capire quelle che funzionano meglio e quelle che invece funzionano meno o non funzionano affatto. Il tutto finalizzato ad ottimizzare le politiche da mettere in campo, specie nei luoghi e nelle città a forte vocazione turistica.

Le mappe

L’immagine qui sotto mostra i circa 7 milioni di alloggi rilevati a luglio 2019 sulla piattaforma AirBnb. È, se vogliamo, una sorta di “mappa” del turismo extra-alberghiero a livello mondiale. Le zone più rosse sono quelle a più alta offerta di alloggi.

Annunci AirBnb – Luglio 2019 – Link all’immagine

Qui sotto invece la situazione ad oggi. I dati si riferiscono infatti a luglio 2020. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente gli annunci (e quindi gli alloggi) sono passati da 7 a poco più di 4 milioni, con una perdita complessiva di circa il 42%

Annunci AirBnb – Luglio 2020 – Link all’immagine

Più contenuta la riduzione degli annunci in Italia. Rispetto al luglio 2019 l’offerta di alloggi sulla piattaforma AirBnb ha subito complessivamente una riduzione del 37% passando da poco più di 380000 a poco meno di 240000.

Annunci AirBnb Italia – Luglio 2019 – Link all’immagine

Annunci AirBnb Italia – Luglio 2020 – Link all’immagine

I numeri ovviamente variano da regione a regione. Si va da un -25% in Trentino-Alto Adige a -45% in Puglia e -49% in Calabria. Non dobbiamo poi dimenticare che dietro ogni singolo alloggio c’è una famiglia, un piccolo imprenditore ma anche grosse aziende che possono arrivare a gestire addirittura centinaia di alloggi, con un inevitabile impatto sociale ed economico sul territorio.

L’impatto sui prezzi degli alloggi

Ancora, la contrazione della domanda dovuta alla pandemia non solo ha avuto effetti solo sull’offerta di appartamenti, case, stanze e posti letto, ma anche sui prezzi per singola notte. A livello Italia i prezzi medi hanno infatti subito una riduzione del -13,2%. Con valori diversi da regione a regione. Si passa dal -17,6% in Puglia al -18,7% in Friuli-VG e al -16,9% in Toscana. Ma anche al -2.7% in Emilia-Romagna. Sono riduzioni che possiamo ricondurre certamente ad un calo della domanda. Mi ha incuriosito il fatto che ci fosse così tanta differenza tra l’Emilia-Romagna e le altre regioni citate.

Così, guardando più in profondità, scopriamo che ci sono profonde differenze tra provincia e provincia, tra città e città. Bologna e Ravenna mostrano infatti un deciso incremento dei prezzi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In linea con i dati delle altre regioni citate invece i comuni della riviera romagnola. Ad ogni modo è un segnale che forse qualcosa sta cominciando ad accadere. Bisognerebbe approfondire ulteriormente, andando magari a vedere qual è il tasso di occupazione degli alloggi. E magari mettendo questi dati assieme ad altri dati di fonte diversa. Sappiamo bene infatti come i dati possono raccontarci molto di più quando vengono messi assieme ad altri dati e guardati come un tutt’uno. Dati amministrativi, dati della statistica ufficiale, ma anche i big data della telefonia mobile, di quelli relativi alla mobilità e così via.

Perché per amministrare un Paese o un territorio in modo efficace sarà sempre più necessario diventare “data driven”.

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