il problema

L’Italia si è dimenticata delle Smart City: ecco come ripartire

Il tema smart city sta registrando nell’ultimo periodo un calo di attenzione da parte del governo e delle PA, e il percorso verso un approccio consapevole e organico si è arrestato. Bisogna però ripartire rapidamente dalla strategia e da un obiettivo complessivo, per evitare di procedere per isole e silos

Pubblicato il 25 Ott 2017

Nello Iacono

Esperto processi di innovazione

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Le iniziative di Ernst&Young (rapporto sulle smart city) e di FPA (IcityRate, in corso in questi giorni, vedi il rapporto) spingono in questo periodo a (ri)mettere il focus sul tema dell’evoluzione delle smart city nel nostro Paese, in un momento in cui con chiarezza si manifesta un calo di attenzione da parte delle pubbliche amministrazioni. Calo di attenzione che ha delle chiare manifestazioni, delle evidenti motivazioni e però anche delle conseguenze difficilmente considerabili come irrilevanti, soprattutto se si considerano la stima degli impatti sull’economia di tecnologie come IoT e 5G e il ritmo sempre più elevato che gli altri Paesi stanno sviluppando.

Nei limiti di una riflessione breve, cerchiamo di approfondire i tre diversi ambiti problematici.

Calo di attenzione

Dopo un periodo di particolare attivismo a livello governativo (che aveva portato a individuare delle norme e dei finanziamenti specifici per lo sviluppo delle smart city, con progetti ancora oggi attivi e basati su quei finanziamenti, con un coordinamento del Miur) e un approccio un po’ contraddittorio che ha portato all’eliminazione di alcune norme che dovevano supportare l’evoluzione organica dell’approccio delle amministrazioni (si pensi allo “Statuto delle comunità intelligenti” inserito inizialmente nel decreto Crescita 2.0 del 2011) ma anche alla costituzione di ben due task force governative (una presso il Ministero dello Sviluppo Economico e una presso il Ministero delle Infrastrutture, ma delle quali non ci sono segnali da almeno un anno), il tema è sparito dalle attività principali del governo.

Non ci sono più iniziative significative in questo senso, anche per la focalizzazione sempre più forte del MiSE verso il progetto Industria 4.0, che certamente interseca il tema smart city, ma non include l’aspetto principale della governance complessiva e del ruolo delle amministrazioni territoriali, e del MIT verso la razionalizzazione e il consolidamento delle infrastrutture fisiche.

La stessa nuova piattaforma dell’Anci per lo scambio di esperienze nell’evoluzione digitale delle città stenta a decollare (tra l’altro ancora con diversi problemi tecnici) secondo le aspettative e le linee indicate dall’Osservatorio Smart City e dal suo Vademecum (con un focus specifico per la progettazione organica) verso un indirizzo molto più centrato sullo sviluppo del digitale e dell’innovazione tecnologica.

Emblema della contraddizione, in un panorama del genere, è l’utilizzo sempre più frequente del servizio Consip “Assessment Smart City” che però include tutte le attività di progettazione per le iniziative di innovazione delle amministrazioni, anche quelle (e sono molte) che poco hanno in comune con il tema smart city e senz’altro di più con quello della PA digitale.

Profili delle motivazioni

L’attenzione delle amministrazioni cittadine si è spostata sulle azioni indicate nel Piano Triennale per l’Informatica nella PA, che ha avviato alcuni fronti nuovi (come quello sui dati, con il Data Analytics Framework) e, soprattutto, ha identificato un percorso di sviluppo del ruolo delle amministrazioni delle città metropolitane in una logica di “soggetto aggregatore”. Ruolo impegnativo, ambito, e che però richiede delle evoluzioni (organizzative, culturali, tecnologiche) per nulla scontate. E questo non può che portare ad un assorbimento di risorse e di attenzione, anche per sfruttare al meglio i finanziamenti dei fondi strutturali.

La trasformazione digitale diventa, così, anche per i vincoli sulla spesa indicati dal Piano Triennale, una priorità ineludibile per le amministrazioni pubbliche.

Il passaggio ulteriore ad una progettazione organica di governo intelligente del territorio diventa, di conseguenza, difficile da avviare adesso per una amministrazione territoriale, anche perché il tessuto produttivo soltanto da poco tempo si sta davvero rendendo conto di come sia fondamentale l’acquisizione delle competenze indicate dal progetto Industria 4.0, non tanto per lo sviluppo del settore manifatturierio, quanto per la stessa trasformazione digitale delle imprese.

Conseguenze e problemi da affrontare

Le conseguenze che derivano da questo calo di attenzione sul tema smart city sono, sostanzialmente, che la sterzata verso un approccio consapevole e organico si è arrestata. Da questo punto di vista l’indirizzo strategico si rivela con minor forza e prende il sopravvento la tattica delle opportunità. Vanno avanti, così, gli sviluppi su progetti settoriali, trainati da specifici finanziamenti, e spesso dalle strategie degli operatori industriali, interessati a mettere in campo tecnologie e progetti sui quali hanno deciso di puntare.

  • le città non riescono a indirizzare gli interventi all’interno di una politica organica e di prospettiva di lungo termine;
  • i progetti vengono realizzati senza una progettazione che tenga realmente conto dell’integrazione complessiva e della scalabilità organizzativa ed economica, con il risultato di dar vita in gran parte ad isole di eccellenza, con alcune importanti eccezioni, come Brescia.

Gli stessi indici, nonostante gli sforzi e le evoluzioni di questi anni, non riescono a restituire una misura di quanto l’evoluzione digitale su singoli settori effettivamente stia contribuendo alla costruzione della “smart city”. E questo perché lo stesso obiettivo complessivo non è stato chiaramente declinato (men che mai in modo condiviso) e le misure che tengono conto, come fondamentale, del valore dell’integrazione, sono ancora fragili e incomplete. Certamente le evoluzioni sul BES e sull’Agenda 2030 possono dare notevoli contributi, ma la ripresa di attenzione per lo sviluppo di un confronto tra le amministrazioni sulla progettazione e la governance della smart city diventa sempre più indispensabile. E un’azione di supporto a livello nazionale è da sollecitare con forza. Ma ci vuole visione e ambizione di agire con una prospettiva di lungo termine.

Non sono temi nuovi, e però rimangono sostanzialmente attuali. Al punto che la conclusione può essere simile a quella di un mio articolo di quattro anni fa: “uno dei problemi di base è la definizione degli indirizzi strategici che consentano di condividere una visione di Paese delle smart city, e di qui gli obiettivi misurabili.[..]

Senza strategia non si va da nessuna parte. E invece è da qui che passa il futuro del Paese”.

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