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M5S, “Ecco come rendere digitale la PA e l’Italia”

Nuove assunzioni e valorizzazione delle competenze interne; completamento delle piattaforme abilitanti per la PA e semplificazione della governance del digitale. Passa da qui, ma anche dalla promozione di una cabina di regia per la robotica e l’AI nella PA, il percorso del M5S per fare dell’Italia una Smart Nation

Pubblicato il 13 Apr 2018

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Nel corso della campagna elettorale, il Movimento 5 Stelle ha presentato 20 punti per la qualità della vita degli italiani.

Il secondo di questi era ed è rendere l’Italia una Smart Nation, una nazione in cui i cittadini tornino ad essere il centro delle decisioni (e centrali nelle decisioni) attraverso l’uso delle tecnologie digitali.

Il problema della domanda: gli italiani e i servizi pubblici digitali

Per farlo, però, abbiamo bisogno di una strategia di evoluzione della Pubblica Amministrazione che si fondi in una prima fase sull’approccio “digital first” per poi evolvere verso quello “digital only”.

Partiamo da un dato esemplificativo: secondo il DESI Index 2017 per quanto concerne il settore dei servizi pubblici digitali, l’Italia registra buoni risultati sul fronte dell’offerta, ma presenta uno dei livelli più bassi in Europa in termini di utilizzazione: solo il 16% contro il 34% della media europea.

Questo significa che, in primo luogo, abbiamo un problema sul fronte della domanda: anche quando i servizi ci sono, il cittadino non li usa o li usa molto poco.

Abbiamo, allora, bisogno di far comprendere l’utilità e le potenzialità del digitale rispetto al rapporto con la pubblica amministrazione, soprattutto con riferimento a quelle fasce di popolazione che per ragioni anagrafiche o economiche usano poco la rete.

Il problema dell’offerta: i servizi non mettono i cittadini al centro

Allo stesso tempo, però, dobbiamo lavorare sull’offerta: è vero che l’Italia espone un gran numero di servizi online ma è altrettanto vero che molti di essi, nel modo in cui sono concepiti e strutturati, non sembrano mettere il cittadino al centro.

Se li confrontiamo, infatti, con quelli che l’utente è abituato ad utilizzare nel settore privato ci rendiamo conto della distanza siderale che intercorre tra gli uni e gli altri: siamo ben lontani dall’impostazione “One-click” per singola transazione.

Occorre un cambio di paradigma che potrebbe essere sintetizzato con lo slogan “Put Citizen First”: per essere pienamente fruibili i servizi online della PA devono essere disegnati sulle esigenze del cittadino e non su quelle dell’apparato burocratico che è chiamato a gestirli.

Del resto, in questo senso si esprime anche la Dichiarazione di Tallin sull’Egovernment del 6 ottobre 2017, nel cui allegato i Governi si sono impegnati a progettare e fornire i loro servizi, guidati dai principi della centralità dell’utente.

La PA digitale antidoto contro la corruzione

La politica, invece, ci ha tristemente abituato negli ultimi anni a mere riforme sul piano normativo che sono rimaste sulla carta: questo perché, è sempre prevalsa la logica della rivoluzione digitale a costo zero.

Non si è mai voluto investire sul serio su una piena digitalizzazione della pubblica amministrazione perché non si è compreso quanto ciò possa costituire un volano per l’economia, abbattendo radicalmente la burocrazia che soffoca le imprese.

Senza contare che la battaglia per una PA digitale significa lotta alla corruzione in tutte le sue forme. Se la corruzione si annida nella discrezionalità, nel fattore umano e nei meandri di processi mal concepiti, allora la trasformazione digitale rappresenta un potente antidoto. In una PA digitalizzata i processi sono formalizzati senza ambiguità, è possibile misurare e definire responsabilità e meriti, lo spazio per la discrezionalità è fortemente ridotto.

Per il movimento 5 stelle ogni pratica amministrativa dovrà essere espletabile online.

Per effetto dell’interazione diretta con i sistemi da parte dei cittadini, si ridurrà la necessità di code presso gli sportelli, liberando risorse dal front office destinabili a migliorare le performance del back office, a vantaggio di una riduzione dei tempi delle pratiche e, nel tempo, di una graduale diminuzione del personale della Pubblica Amministrazione, riducendone l’incidenza economica sull’economia e sulla vita di cittadini ed imprese.

I 4 step per  avvicinare l’Italia al “modello estone”: investire sulle competenze

Abbiamo in mente il modello estone, dove il 99% dei servizi della Pubblica Amministrazione sono disponibili online e fruibili da ogni piattaforma o device.

In primo luogo occorre affrontare il tema dell’adeguamento delle competenze digitali nella PA, sia attraverso l’immissione di nuovo personale, sia attraverso un massiccio investimento in formazione.

Il costo del protrarsi dell’attuale situazione, con la conseguente esternalizzazione del know how e l’impossibilità di una reale interlocuzione alla pari con i fornitori, è di gran lunga superiore a quello necessario per l’assunzione di figure con adeguate competenze tecnologiche, manageriali e di informatica giuridica. È inutile ricordare che i costi della mancata transizione alla modalità operativa digitale sono stimabili in miliardi di euro e non è pensabile operare questa trasformazione senza avere la risorsa più importante in questo processo: il capitale umano.

Dall’altro lato, occorre valorizzare le competenze presenti all’interno della PA dando vita a delle “comunità degli innovatori” che possano fungere da volano per il cambiamento e abilitare la condivisione della conoscenza attraverso, ad esempio, wiki e domande&risposte condivise, repository di manuali, guide, ricerche, cataloghi di video lezioni, esercitazioni, test. Il tutto disponibile in formato aperto e con licenza che ne permetta il riuso.

In secondo luogo, è necessario un modello di interoperabilità che renda possibile la collaborazione tra Pubbliche Amministrazioni e tra queste e soggetti terzi, per mezzo di soluzioni tecnologiche che assicurino l’interazione e lo scambio di informazioni senza vincoli sulle implementazioni, evitando integrazioni ad hoc.

Completare le piattaforme abilitanti

Occorre completare la realizzazione delle cosiddette piattaforme abilitanti e favorirne l’adozione da parte di tutte le pubbliche amministrazioni. indicando gli obiettivi da raggiungere nel corso della legislatura appena iniziata. Alcuni esempi:

  1. SPID Sistema pubblico d’identità digitale: oggi conta oltre 2 milioni di identità rilasciate, il M5S vuole che tutti gli italiani entrino in possesso di un’identità digitale. Per far questo si può pensare di proporre che ogni cittadino, al compimento del 18esimo anno di età, riceva, insieme alla tessera elettorale, le credenziali per fruire della propria identità digitale. In questo modo sarà messo nelle condizioni di esercitare il diritto costituzionale al voto e, contestualmente, di poter far valere il diritto all’uso delle tecnologie informatiche nei confronti della Pubblica Amministrazione così da esercitare compiutamente i propri diritti di cittadinanza digitale.
  2. PagoPa Gestione elettronica dei pagamenti verso la PA: oggi siamo appena sopra i 4 milioni di transazioni, dobbiamo porci l’obiettivo di superare 100 milioni di transazioni già entro la fine del 2020.
  3. ANPR Anagrafe nazionale della popolazione residente: ai primi di novembre del 2017 avevamo 435.000 cittadini iscritti con soli 19 comuni. Il punto di arrivo è l’80% dei comuni entro la fine del 2020 e il 95% entro la fine del 2023.

Grazie alla diffusione del Sistema Pubblico di Identità Digitale e alla corretta implementazione dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, i cittadini potranno accedere ai servizi pubblici, nonché ai servizi dei privati che aderiranno al sistema, in modo semplice e uniforme. Ciò rappresenterà anche uno stimolo per la partecipazione al governo della cosa pubblica e, in ultima istanza, per abilitare strumenti di democrazia diretta.

Semplificare la governance del digitale

In terzo luogo occorre sia una drastica semplificazione della Governarnce del digitale, allo stato attuale terribilmente frammentata, sia una riduzione del numero delle leggi e dei regolamenti così da snellire l’apparato normativo per evitare che alla burocrazia analogica si affianchi, come pure è capitato, quella dei bit.

Infine, credo che un tema su cui sia necessario porre estrema attenzione è quello rappresentato dal cambiamento epocale che la diffusione dell’Intelligenza Artificiale e della Robotica produrrà anche nell’ambito della Pubblica Amministrazione.

IA e robotica per un nuovo approccio ai servizi pubblici

L’intelligenza artificiale e la robotica permetteranno un nuovo approccio all’erogazione dei servizi pubblici, un approccio che può essere definito “machine-to-machine”: nell’immediato futuro, infatti, molti servizi offerti dalla pubblica amministrazione saranno forniti ai cittadini attraverso un’interazione diretta tra oggetti, senza necessità d’intervento umano.

È dunque necessario promuovere iniziative, anche normative, volte all’istituzione di una cabina di regia a livello governativo per garantire un approccio onnicomprensivo allo sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale all’interno della pubblica amministrazione, al fine di migliorare i servizi e le prestazioni al cittadino.

L’intelligenza artificiale sarà d’ausilio, inoltre, nella determinazione delle politiche migliori da implementare: dal 2008, ad esempio, il gruppo diretto da Tom van Engers dall’Università di Amsterdam sta personalizzando agenti artificiali per simulare l’effetto di scelte legislative del governo olandese.

Siamo in presenza, dunque, di una rivoluzione, tanto nel modo di rapportarci con le pubbliche amministrazioni, quanto nel modo stesso di concepire le politiche pubbliche: di questo la politica deve farsi carico da subito.

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