È stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 30 dicembre 2015 il decreto 23 dicembre 2015 che definisce le modalità tecniche di emissione della nuova Carta d’Identità Elettronica (come previsto dal Decreto Legge n. 78/2015), che conterrà anche i dati relativi alle nostre impronte digitali.
L’emissione di questo nuovo documento comporterà il rilascio dei codici PIN/PUK associati a esso, i quali dovrebbero permettere di accedere a servizi online dedicati[1]. Purtroppo, però, non si può non sottolineare che in Italia si parli di Carta d’identità elettronica ormai da quasi vent’anni, ma che ancora pochissimi cittadini abbiano potuto realmente constatarne l’utilità e i benefici, usufruendo dei servizi online a cui la CIE dovrebbe consentire l’accesso ai sensi dell’art. 64 del CAD.
Proprio l’art. 64 del CAD contempla la fruizione di servizi anche tramite SPID, a cui i cittadini dovrebbero accedere sempre tramite l’utilizzo di un “PIN unico”[2]: tuttavia è noto che l’attivazione di questa infrastruttura risulti in forte ritardo rispetto a quanto annunciato, perché solo da pochi mesi è stata aperta la procedura di accreditamento per gli Identity Provider.
C’è da chiedersi, dunque, se il nostro legislatore, come previsto per lo SPID, abbia ancora intenzione di dotare i cittadini di diversi PIN – che a questo punto potrebbero non essere più “unici” come invece annunciato a proposito di “Italia Login” – per consentire l’autenticazione necessaria all’accesso ai servizi online. Se così fosse, cosa se ne faranno i cittadini del PIN della CIE una volta – si spera presto – che sarà fruibile il sistema SPID? Fatta eccezione per l’inserimento nel microprocessore RF anche dei dati relativi alle impronte digitali, è stata fatta una valutazione circa l’opportunità di effettuare ingenti investimenti – già stanziati con il DL 78/2015[3] – per l’emissione di questo nuovo documento e l’effettiva utilità – soprattutto per i cittadini – della nuova CIE?
E ancora, risulta assai peculiare la scelta di procedere con il rilascio del nuovo strumento di riconoscimento proprio in quei Comuni che hanno già rilasciato la CIE ai loro cittadini, anziché prevedere di colmare il divario esistente con i Comuni che ancora rilasciano la Carta d’identità cartacea.
Il decreto 23 dicembre 2015 – con una formulazione che, come spesso accade, non brilla per chiarezza – prevede all’art. 4 che la nuova CIE possa essere richiesta anche prenotandosi al portale del CIEonLine, in caso di:
a) primo rilascio;
b) smarrimento o furto della CIE o della carta d’identità in corso di validità, previa presentazione della relativa denuncia;
c) deterioramento della CIE o della carta d’identità.
Sarà poi compito dell’Amministrazione verificare l’identità del richiedente e accertare l’assenza di eventuali motivi ostativi al rilascio della CIE.
Come già accennato, l’elemento peculiare della nuova carta d’identità è rappresentato dal dato biometrico che verrà acquisito per il rilascio della stessa. Infatti, l’Amministrazione interessata effettuerà l’acquisizione di determinate informazioni del cittadino richiedente, tra cui:
a) elementi biometrici primari, ossia l’immagine del volto del titolare della CIE;
b) elementi biometrici secondari, ossia l’immagine delle impronte digitali del titolare della CIE;
c) firma autografa nei casi previsti;
d) dato relativo all’autorizzazione o meno all’espatrio;
e) dato facoltativo relativo alla volontà di donazione o diniego di organi e/o di tessuti;
f) eventuali indirizzi di recapito della CIE o di contatto del richiedente per ricevere comunicazioni inerenti allo stato di avanzamento della pratica di rilascio della CIE[4].
Non resta che sperare che, con la nuova carta d’identità in formato elettronico, per i cittadini si implementino diffusamente anche i servizi a cui accedere tramite l’autenticazione con la CIE, (come previsto dall’art. 64 del CAD), affinché questo nuovo strumento digitale possa assumere una reale utilità e non rimanga, invece, come nel nostro Paese è successo sin troppo spesso, l’ennesima iniziativa che si arena a pochi passi dall’avvio.
Qualcuno diceva che gran parte del progresso sta nella volontà di progredire[5] e, in Italia, ci stiamo abituando un po’ troppo ad annunciare questa volontà, senza esplicarla realmente in adeguati modelli normativi e organizzativi.
[1] Non sempre rilasciati all’atto dell’emissione della “vecchia” CIE, se essa non conteneva alcun dato da attivare nel microchip di cui era corredata.
[2] Come più volte dichiarato, forse in modo un po’ troppo semplicistico, dal Presidente del Consiglio a proposito del progetto “Italia Login”.
[3] Il comma 6 dell’art. 10 del DL 78/2015 prevede che “Per gli oneri derivanti dai commi 1 e 3 del presente articolo è autorizzata la spesa per investimenti di 59,5 milioni di euro per l’anno 2015, di 8 milioni di euro per l’anno 2016 e di 62,5 milioni di euro, ogni cinque anni, a decorrere dall’anno 2020 e, per le attività di gestione, di 2,7 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016.”
[4] Al termine dell’operazione di acquisizione di tali dati, il Comune o il Consolato rilascerà al richiedente la ricevuta della richiesta della CIE, comprensiva del numero della pratica e della prima parte dei codici PIN/PUK associati alla CIE. La consegna della CIE e della seconda parte dei codici PIN/PUK associati ad essa, i quali permetteranno di accedere a servizi online dedicati, avverrà, entro sei giorni lavorativi, presso l’indirizzo indicato all’atto dell’acquisizione dei dati del richiedente. La CIE sarà realizzata con le tecniche tipiche delle carte valori e avrà un microprocessore per la memorizzazione dei dati. Il piano per il rilascio sarà graduale e i vari step saranno fissati da una commissione ad hoc, la quale dovrà anche monitorare tutte le fasi del progetto. Il decreto prevede, infine, che le carte d’identità in formato cartaceo ed elettronico rilasciate fino all’emissione della CIE mantengano la propria validità fino alla loro scadenza.
[5] Lucio Anneo Seneca.