Codice amministrazione digitale

Manca: “Ma il Cad rischia di infrangere il Regolamento Ue eIDAS”

Pubblicato il 04 Mag 2015

Giovanni Manca

consulente, Anorc

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La riforma della PA prosegue l’iter legislativo alla Camera dei Deputati e l’art. 1 del DDL stabilisce di “modificare e integrare il codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, di seguito denominato «CAD», nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:”

Analizzando l’elenco dei principi e criteri direttivi, si nota un’assenza importante. Quella del coordinamento tra il CAD e il Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel marcato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE (nel seguito Regolamento).

Tale Regolamento, che per sua natura è già nel nostro ordinamento dal 17 settembre 2014 ha un impatto molto importante sul CAD visto che coinvolge almeno una ventina di articoli. Il fatto che si tratti di una norma di rango comunitario non delega direttamente il Governo a operare sul CAD. Ovviamente la Camera dei Deputati può applicare le importanti modifiche per ovviare a questa situazione.

Il coordinamento del CAD con il Regolamento

Quanto premesso comporta una modifica al tema trattato ovvero non come cambierei il CAD ma come, nello specifico, deve essere cambiato il CAD (per non infrangere le Regole comunitarie).

Questo specifico intervento si applica al CAPO II, Sezioni I e II e ovviamente anche a numerose definizioni dell’articolo 1, comma 1.

Il coordinamento deve tenere conto che il Regolamento non intende e non può avere impatti sul diritto amministrativo e sulla funzione pubblica/giurisdizionale, nonché sulla gestione dei registri pubblici che ne sono espressamente escluse.

Fanno eccezione, per espressa disposizione del Regolamento, tre materie:

a) l’identificazione digitale;

b) il formato di firma/sigillo avanzati per la pubblica amministrazione;

c) la determinazione dei principi e degli obbiettivi operativi (escluse le norme interne di funzionamento) degli enti nazionali di vigilanza sui prestatori di servizi fiduciari qualificati.

Poiché in Italia il CAD fonde la disciplina civilistica e quella di diritto amministrativo, si crea la commistione fra regole dirette alla pubblica amministrazione e regole dirette ai privati. Questo a seguito del Regolamento non è più possibile in quanto lo Stato italiano è sovrano nel disciplinare il funzionamento della funzione pubblica, ma non ha più competenza legislativa o regolamentare in materia dei cosiddetti “trust service provider”.

Altri principi contenuti nel CAD in materia di identità digitale sono già contemplati tramite l’efficace lettera e) della Delega.

L’attenzione nel trattare questi temi dovrà essere massima per evitare squilibri con gli altri Stati membri soprattutto considerando che l’Italia ha un significativo vantaggio sugli altri sia sul piano amministrativo che sulla competenza industriale sul tema. Non meno importante il fatto che il nostro Paese ha il maggior numero di documenti firmati digitalmente a livello europeo.

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