Solo alcuni spunti, a partire dall’articolo 1, Carta della cittadinanza digitale, proposto lo scorso 29 aprile.
Il primo suggerimento è relativo al concetto di cittadinanza: preferirei sostituire la parola “cittadini” con individui garantendo così a chiunque viva e paghi le tasse in questo paese, pur non essendone cittadino, di avere diritti “digitali” come “accedere a tutti i dati, i documenti e i servizi” di interesse proprio in “modalità digitale”.
A quali documenti potranno accedere le persone? A tutti quelli previsti nei 10 punti irrinunciabili del Freedom Of Information Act.
È necessario ridefinire i processi amministrativi partendo da una visione più ampia che preveda non solo di risolvere problemi contingenti ma definisca la roadmap dell’innovazione nel paese per i prossimi 10-20 anni: lavorare a breve termine, per silos e a macchia di leopardo non ha mai portato e non porterà mai a un’innovazione reale e duratura. Un esempio evidente è il “riuso” già definito nel CAD fin dal 2005 ma mai realmente pianificato e progettato con visione di insieme. Diventa quindi importante “razionalizzare gli strumenti di coordinamento delle amministrazioni pubbliche al fine di conseguire obiettivi di ottimizzazione della spesa nei processi di digitalizzazione” ma diventa a questo punto essenziale prevedere una governance di tutti gli attori che a qualche titolo possono e devono innovare magari partendo dalla “semplificazione dei procedimenti amministrativi” e dalla “riduzione del divario digitale sviluppando per tutti i cittadini le competenze digitali di base”.
Come razionalizzare i “meccanismi e le strutture deputati alla governance in materia di digitalizzazione, al fine di semplificare i processi decisionali”? Partendo dalla definizione degli obiettivi a lungo termine e da una chiara visione di insieme dell’innovazione del paese che preveda ovviamente anche una profonda riorganizzazione dei processi.