altroconsumo

Mesi per avere un passaporto, perché è una ferita all’Italia digitale (e alla democrazia)

L’inchiesta Altroconsumo rivela che ci vogliono mesi per avere un passaporto, in alcune città. E il nuovo Consumer Digital Empowerment Index (CDEI) mette l’Italia in fondo per i servizi pubblici digitali. Tutti segnali di una PA che ancora, dopo anni e nonostante tutto, resiste al pieno cambiamento. E così ci danneggia

Pubblicato il 13 Feb 2023

Marco Pierani

Direttore Public Affairs & Media Relations - Euroconsumers

passaporto

Gli italiani soffrono ancora di una PA burocratica che non ha accettato un pieno rapporto con il digitale.

Non sorprende quindi se il Consumer Digital Empowerment Index (CDEI) recentemente pubblicato da The Consumer Empowerment Project – CEP, un’iniziativa promossa da Euroconsumers e Google, classifica l’Italia come il Paese meno performante, per quanto riguarda i servizi digitali di Governo e Pubblica Amministrazione, rispetto a Portogallo, Spagna e Belgio.

Un esempio concreto legato alle cronache degli ultimi mesi è quello delle gravi difficoltà sperimentate dai nostri concittadini su tutto il territorio nazionale per ottenere il rilascio o il rinnovo di un passaporto, come da un’inchiesta di Altroconsumo su 13 città, dove i tempi di rilascio possono arrivare a 4-6 mesi. Colpa anche di una cattiva o imperfetta digitalizzazione dei processi.

Un vulnus alla democrazia

Considerato che l’interpretazione di queste vicende potrebbero lasciare pensare il contrario a coloro che fossero eventualmente carenti di basilari conoscenze di diritto costituzionale, non pare affatto inutile ribadire qui l’ovvio: il rilascio del passaporto non è una benevola concessione dello Stato nei confronti dei propri sudditi bensì un pieno diritto dei cittadini nei confronti dello Stato italiano che, attraverso apposite leggi, ne disciplina nel dettaglio i requisiti necessarie e le modalità.

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Eppure si potrebbe fare molto meglio, con gli attuali strumenti. L’evoluzione tecnologica e quella normativa, in particolare il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), hanno ampliato i nostri diritti da cittadini a cittadini digitali, offrendoci l’occasione di potenziare le nostre prerogative individuali e, al contempo, di migliorare come comunità la nostra democrazia e la nostra società.

Il CAD ha, ad esempio, tra le altre cose, riconosciuto il diritto di noi cittadini di effettuare pagamenti digitali nei confronti della pubblica amministrazione e quello di partecipare, attraverso le piattaforme digitali, ai procedimenti amministrativi che ci riguardano. Successivi decreti hanno reso poi via via più concreti e cogenti questi diritti.un pericoloso connubio tra l’inefficienza della pubblica amministrazione nella sua lunghissima e travagliata transizione al digitale e talune latenti tendenze autoritarie che permangono in aeree della nostra burocrazia, e il combinato disposto di questi due bubboni può limitare inesorabilmente i nostri diritti costituzionali vecchi e nuovi.

Mi manca molto la possibilità di confrontarmi con Stefano Rodotà sui fenomeni emergenti della cittadinanza digitale, come ho avuto il privilegio di fare per un paio di anni durante la stesura della Dichiarazione dei Diritti in Internet.

Immagino che in questa occasione egli avrebbe ammonito che occorre essere consapevoli delle nostre prerogative per non rischiare di perderle per ignoranza, indolenza o inerzia. I nostri diritti sono infatti per definizione fragili e possono morire se non li esercitiamo quotidianamente. Dobbiamo dunque combattere con forza queste tendenze deleterie e a volte addirittura eversive attraverso un esercizio continuo della nostra cittadinanza attiva.

PagoPA non rispettato dal ministero per il passaporto

Proviamo di seguito ad analizzare la questione con un approccio più ordinato, in primis soffermandoci sul pagamento per il rilascio del passaporto che, a tutt’oggi, non può essere fatto online, ma solo via bollettino di persona presso gli uffici postali, nonostante non ci sia una sola ragione tecnica per cui ciò debba avvenire, malgrado la mia battaglia personale e quella di Altroconsumo.

Passaporto, no al pagamento online: nemmeno il ministero rispetta l’obbligo

In un articolo del lontano giugno 2020 scrivevo sulle pagine di questa rivista  che il ministero non aveva colto nemmeno il covid-19 come occasione di adeguarsi all’obbligo di pagamenti elettronici via PagoPa, ma che qualcosa forse sarebbe cambiato presto vista l’allora imminente termine del 30 giugno 2020 – termine già precedentemente più volte rimandato – entro il quale tutte le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto utilizzare in via esclusiva la piattaforma PagoPA per consentire i pagamenti in via telematica da parte dei cittadini. Successivamente, con l’entrata in vigore della norma, Altroconsumo aveva dato seguito alle mie rivendicazioni notificando formale diffida ai sensi della cosiddetta legge Brunetta mettendo in mora il ministero dell’Interno. Il ministero era diventato a quel punto a tutti gli effetti inadempiente, ma solo per 16 giorni, considerato che in data 16 luglio era intervenuto il decreto-legge 76/2020 a differire ulteriormente con un colpo di spugna al 28 febbraio 2021 l’obbligo dei pagamenti telematici per le PA, facendo venire meno di fatto l’eseguibilità della diffida di Altroconsumo per la questione passaporti.

Nel marzo 2021 alla scadenza del nuovo termine scrivevo di nuovo su queste pagine.

PA poco digitale? Rafforziamo la class action pubblica per difendere i cittadini

Rilevando come purtroppo il passaporto non fosse ancora pagabile online e fosse in “buonissima” compagnia insieme a tante altre palesi persistenti inadempienze da parte della PA se è vero che solo il 37% degli enti aveva almeno un servizio attivo con PagoPA. Ed oggi secondo voi qual è la situazione?

Niente, nonostante l’ulteriore Circolare della Ragioneria Generale dello Stato del 24 febbraio 2022 che obbliga le PA ad aderire a PagoPa per i versamenti da effettuare, per il rilascio del passaporto occorre ancora recarsi all’ufficio postale, prendere un bollettino premarcato, compilarlo e pagarlo solo ed esclusivamente lì.

L’inchiesta Altroconsumo sui passaporti

Ma il problema non sta tutto e solo nella impossibilità di pagare online. Da mesi, infatti, si susseguono lamentele da parte della cittadinanza circa il caos dei passaporti e Altroconsumo ha voluto vederci chiaro con una indagine ad hoc sui tempi di attesa per prenotare un appuntamento per il rilascio del passaporto presso le questure in 13 città italiane. Ebbene l’inchiesta Altroconsumo rivela un quadro di grave disservizio, con attese di alcuni mesi per avere un appuntamento. Ad esempio, a Padova e Genova non c’erano disponibilità, a Bolzano e Torino c’era un’attesa di 4-6 mesi, a Cagliari, Ancona e Reggio Calabria c’era un’attesa di 2-3 mesi, a Milano c’era un’attesa di un mese. Meglio a Roma, Napoli e Palermo con un’attesa di 10-15 giorni. Se non bastasse, anche le consegne subiscono gravissimi ritardi con casi limite che arrivano a sommare ulteriori tre mesi dopo l’appuntamento in questura.

Il tutto condito da un sistema digitale per la prenotazione online decisamente insufficiente, a volte offline oppure, quando si riesce ad accedere, o non si trovano date disponibili per l’appuntamento oppure si è costretti a partecipare ad assurde e grottesche gare sull’applicativo Agenda Online per cliccare per primi la mattina alle 8 i posti messi a disposizione per il prossimo giorno libero presso la questura della propria città o, a volte peggio, quella a chilometri e chilometri di distanza. Posti che poi scompaiono di nuovo dal sistema dopo pochi minuti, come per magia.
La gravità della situazione è tale che non basta l’istituzione di open day, si deve intervenire strutturalmente sull’intero sistema, rivedendo e semplificando le procedure di ottenimento del documento, puntando su una più solida digitalizzazione dei processi, come è stato rilevato anche in un paio di recenti interrogazioni parlamentari alle quali ha risposto come poteva il Ministro dell’Interno Piantedosi.

Considerato l’impatto sul settore di sua competenza, della questione si è interessata infine anche il Ministro del Turismo Santanchè che ha denunciato oltre 80 mila partenze mancate e perdite ingenti per la questione del caos passaporti, e ha preannunciato misure urgenti da parte del Governo. Il Ministro avrebbe dichiarato “Stiamo facendo una cosa molto importante che sarà definitivamente risolutiva. Nei prossimi dieci giorni vi daremo la soluzione strutturale”

Potremmo quindi in conclusione essere vicini alla soluzione definitiva di questa annosa vicenda? Quali irrimediabili ottimisti e senza alcun timore di poter apparire naïves, vogliamo sinceramente sperare che, grazie all’interessamento fattivo di un ministro del turismo, ove hanno fallito finora governi di vari colori politici e/o senza alcun colore, possa risultare risolutivo il corrente esecutivo.

Va da sé, per altro verso, che per essere salutata come veramente molto importante e definitiva, la “cosa” che il Governo parrebbe voler mettere in campo nei prossimi giorni dovrebbe poter risolvere non solo il tema dei ritardi inaccettabili nella prenotazione del rilascio dei passaporti e la connessa più facile usabilità dei sistemi informatici atti a tale scopo, ma anche la possibilità di eseguire completamente online i relativi pagamenti. Alla fine, quello che stiamo sommessamente chiedendo non è altro che lo Stato cominci a rispettare le proprie leggi e se la finisca di trattarci da sudditi.

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