L’articolo di Guido Scorza pubblicato da Agenda Digitale è musica per le mie orecchie e sapere che il team digitale di Piacentini sta lavorando per una correzione del Codice dell’Amministrazione Digitale che lo semplifichi e asciughi, riportandolo al suo ruolo di dettare principi e di riconoscere diritti (e doveri) molto mi conforta. Qualche anno fa (quattro per l’esattezza) ci trovammo a scrivere un articolo a quattro mani con l’allora direttore generale del Comune di Reggio Emilia e ora Capo di Gabinetto del Ministro Delrio, Mauro Bonaretti. Ve ne riporto un pezzetto non per bramosia di autocitazione, ma perché drammaticamente quello che era vero allora lo è ancora di più adesso. Scrivevamo:
Non si è mai visto curare la colesterolemia col cotechino. E invece la ricetta italiana per la nostra pubblica amministrazione è esattamente questa: un conclamato eccesso di lipidi (burocratici) che intasano le vie di scorrimento dei processi amministrativi viene affrontato attraverso la messa in circolo di ulteriori lipidi (burocratici). Così, la nostra amministrazione bulimica, mentre prende in erboristeria una pastiglia per la semplificazione, contemporaneamente si spara in vena compulsivamente siringhe di adempimenti sulla trasparenza, sull’anti corruzione, sulla pianificazione e controllo, aggravando ulteriormente la sua precaria salute.
Mentre, fuori dai palazzi, il Paese brucia, dentro i palazzi ci si occupa del nulla. Si perde tempo con centinaia di adempimenti confusi, rituali, ossessivi, tesi a rendere conto di un numero imprecisato di richieste del legislatore, definite in modo frammentario e destinate a una pluralità di organi di controllo che saranno a loro volta sommersi da una marea di adempimenti e che inevitabilmente produrranno sanzioni e contenzioso con un ulteriore aggravio dell’attività amministrativa non destinata a creare valore pubblico. Il livello delle attività interne (e dei costi) privi di incidenza nella catena del valore sta diventando impressionante.
Quindi non può che farci piacere che il team digitale paragoni il crescere indiscriminato delle norme ad una valanga. La metafora è diversa, la loro meno gastronomica e più tragica, specie di questi tempi, ma tutto sommato il giudizio è lo stesso.
Ora si tratta di trasformare questo giudizio di valore in comportamenti. Qui casca l’asino normalmente: si tratta di non curare l’eccesso di leggi con altre leggi, questa volta “quelle giuste”, ma di cambiare strada e di seguire la via della cura e dell’accompagnamento all’innovazione attraverso la formazione e l’empowerment dei dipendenti pubblici. Usiamo allora formazione, community building, tool box e manuali che sostituiscano le norme e i regolamenti che, senza controlli e senza sanzioni, somigliano sempre più a grida manzoniane che definiscono solo l’incapacità del legislatore.
Ma questo cambio di paradigma richiede anche un cambio di collocazione spaziale: dall’essere dentro un palazzo ad elaborare soluzioni da dettare è necessario uscire sulla strada e confrontarsi con chi sta sul campo, con chi affronta i problemi, con chi ha sul collo il fiato dei cittadini. Un consiglio quindi al team digitale mi sento di darlo: uscite da Palazzo Chigi, lo sguardo palazzochigicentrico vi ammazza. Uscite se potete anche da Roma: girate il Paese, ascoltate, confrontate, raccogliete quei dati e quelle impressioni che nessun algoritmo potrebbe restituirvi.
La semplificazione michelangiolesca, quella che crea togliendo, è figlia dell’umiltà e dell’osservazione. Su questa strada magaci ci incontreremo.